Olimpiadi

Editoriale – La crisi influirà sul buon esito dell’operazione ROMA2020

Questa premessa di macro-politica/economia, a livello domestico e internazionale, è fondamentale per contestualizzare lo sviluppo del progetto di ROMA2020, la candidate-city italiana (nella foto Mezzelani-GMT l’immagine dello stadio Olimpico di Roma), che ha la corretta e sana ambizione, come Madrid, Istanbul, Tokyo, e magari domani Parigi e Durban (e perchè no anche una rivale americana), di giocarsela, nel settembre 2013, a Buenos Aires per l’assegnazione dei Giochi estivi del 2020. 

Una cosa deve essere chiara e come Sporteconomy, come al solito, la enunciamo per primi: o siamo un Paese degno di questo nome e con una economia sana e allora è giusto giocarsela fino all’ultimo o siamo un Paese alla deriva (come si evince da tutti i giornali e dalle dichiarazioni del centro-sinistra, o più in generale dell’opposizione) e allora fermiamoci perchè non si possono gettare i soldi dei contribuenti fuori dalla finestra. Se questo è un Paese in crisi o a rischio default in autunno, come tutti paventano (anche all’estero), come facciamo a presentarci a una corsa per “ricchi veri” quale è l’assegnazione di una candidatura olimpica? C’è qualcosa che non quadra. Se siamo in crisi sarà un autunno di lacrime e sangue e non durerà un mese, ma almeno 18 mesi, proprio quelli che ci separano dall’assemblea del CIO in Argentina. Portare fino in fondo una candidatura significa spendere almeno 25-35 milioni di euro. Ripeto se siamo in crisi bisogna tutti, incluso il mondo dello sport, fare economia e risparmi forzati, se siamo, invece, floridi allora è giusto proseguire. Però, allora, se va tutto bene, perchè a settembre si inizia con una politica, già preannunciata, di “lacrime e sangue”?.
Con quale faccia (per non dire cuore) il Comitato di ROMA2020 organizzerà feste, meeting, pubblicità ed eventi promozionali, quando la quasi totalità del Paese sarà costretta a risparmiare anche i centesimi per pagare le nuove tasse? Il monito che poniamo è quello di valutare bene se è il caso di procedere o meno, perchè una cosa è certa: la gente (e basta sentire i commenti della gente in qualsiasi luogo pubblico) si sta veramente stancando di vedere sprechi quale che sia il settore. Questo è un Paese che ha partecipato a una marea di assegnazione di eventi sportivi perdendone almeno l’80% (ad esclusione del volley e del nuoto), ma i comitati promotori non erano a costo zero o autofinanziati, anzi le consulenze per giocarsela fino in fondo erano d’oro (in molti casi). L’invito, pertanto, è quello di non utilizzare soldi pubblici, ma esclusivamente “privati”. Ciascuno con i propri soldi può farci ciò che vuole, ma non con quelli della collettività. Perchè anche questa, se permettere, è etica. Lo sport si ritiene sempre un laboratorio di civiltà superiore alla politica. In questo caso, invece, ci sembra che sia perfettamente allineato all’immagine reale della politica tricolore. Un’immagine non proprio esaltante in alcuni casi. 

Leggendo gli articoli sulla manovra finanziaria degli ultimi giorni quello che appare chiara è l’immagine di un Paese (l’Italia) sull’orlo del precipizio. Ormai si cerca di attivare strumenti più di breve, che di medio-lungo respiro. Si parla di contributi di solidarietà (tra l’altro non per tutti, come nel caso dei calciatori), di aumento dell’Iva e così via. L’obiettivo è tamponare, ormai è chiaro, in attesa di capire se rimanere o uscire da Eurolandia (attaccata da oltre due anni dalla solita “cricca” degli speculatori internazionali). Dopo averci imbonito e magnificato, durante il governo Prodi, sull’importanza di entrare nell’Euro, adesso sembra quasi che ci sia una corsa ad uscirne, chi prima, chi dopo. Chi “spintaneamente” (come la Grecia e il Portogallo), chi spontaneamente, come nel caso della Francia che promette di abbandonare Eurolandia per il 2012. 

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Marcel Vulpis

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