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Ricerche – L’impatto economico dei grandi eventi sui territori locali/nazionali

L’IMPATTO DEI GRANDI EVENTI SPORTIVI PER LE ECONOMIE DEGLI HOST-COUNTRY

 

Intervento di Marcel Vulpis (direttore agenzia Sporteconomy.it)

Una recente indagine condotta dal Centre for the International Business of Sport (CIBS) ha analizzato l’impatto dei “grandi eventi” sportivi sulle economie dei territori, dove si svolgono queste manifestazioni di forte impatto live/televisivo.

 

I dati riportati nella ricerca fotografano l’importanza e la “strategicità” dei “big event” per le economie coinvolte. Un benchmark di riferimento, per esempio, è l’impatto economico del RBS SIX NATIONS CHAMPIONSHIPS (più comunemente noto come “Sei Nazioni”).

Dal 2000 vi partecipa anche l’Italia (precedentemente infatti era noto cone “Cinque Nazioni”), insieme alla Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Scozia e Galles.

 

Nel 2010 l’impatto economico sui diversi Paesi coinvolti è stato pari:

IMPATTO PER L’INGHILTERRA: 97.72 MLN DI EURO

IMPATTO PER L’IRLANDA: 90.50 MLN DI EURO

IMPATTO PER LA FRANCIA: 89.79 MLN DI EURO

IMPATTO PER IL GALLES: 80.16 MLN DI EURO

IMPATTO PER LA SCOZIA: 69.55 MLN DI EURO

IMPATTO PER L’ITALIA: 37,71 MLN DI EURO

(fonte: CIBS)

 

Questa tabella permette una serie di considerazioni. Inghilterra, Francia e Irlanda, che lavorano da tempo ad alti livelli sotto il profilo marketing (con particolare attenzione agli aspetti promo-turistici) hanno beneficiato di un impatto economico molto simile: c’è al massimo una differenza di 8 mln di euro tra la prima (Inghilterra) e la terza (Francia). Positivi anche i riscontri ottenuti da Galles e Scozia (negli ultimi anni, però, è la Nazione che sta subendo una maggiore regressione sotto il profilo sportivo). In crescita l’Italia, che in appena 10 anni ha superato il 50% del valore della Scozia, pur non avendo il blasone delle altre cinque nazioni rivali. La Federazione, dopo alcuni anni di attesa, è finalmente partita con una attenta politica di promozione dell’evento Sei Nazioni coinvolgendo l’intera community del rugby tricolore.

 

Più in generale sono stati 1.054.654 i fan che hanno deciso di seguire tutte le gare del Six Nations 2010 dal vivo. In tv, ogni partita del più antico torneo rugbistico per selezioni nazionali ha ottenuto una media contatti pari a 125 milioni di persone (sono numeri ancora lontani dai palcoscenici televisivi del calcio, ma le aziende possono entrare in modo più veloce con community ben profilate e con caratteristiche socio-reddituali molto interessanti).

 

Tre match, poi, hanno raggiunto sui rispettivi territori nazionali audience pari a 10 milioni di utenti: come nel caso di Francia vs Irlanda, di Galles vs Francia o di Francia contro Inghilterra. Un’audience, quest’ultima, che è pari, per esempio, ai 10 milioni di contatti ottenuti da Barça-Inter (semifinale di ritorno della Champions league2010), nei giorni scorsi, sulla RAI. Non è un caso, tra l’altro, se in tutti e tre gli esempi vi è la Francia, che ha vinto, quest’anno, il trofeo del Six Nations.

 

In crescita anche la percentuale di “presenza” del pubblico alle gare live. In media è stata registrata una crescita del 15%, con risultati per singolo Paese pari a:

 

ITALIA +36% nel confronto con la precedente stagione;

IRLANDA +33%

SCOZIA +32%

FRANCIA +22%

GALLES +10%

INGHILTERRA +5%

(fonte: CIBS/stagione Six Nations 2010)

 

Anche quest’ultima classifica può essere letta sotto molteplici aspetti. Il più importante è sicuramente quello delle potenzialità di crescita che hanno molti Paesi che ospitano questo trofeo, a partire proprio dall’Italia. Il nostro Paese, per esempio, ha totalizzato un ragguardevole +36%. Una crescita possibile, grazie anche all’ampliamento, in quest’ultimo biennio, dello stadio Flaminio (con il potenziamento soprattutto dell’area ospitalità destinata sia agli sponsor che al grande pubblico, con attività di intrattenimento che proseguono nel post-gara).

 

Ciò che emerge chiaramente è la centralità del “marketing” nello sviluppo presente/futuro dei grandi eventi, soprattutto quando questi ultimi hanno un impatto sull’economia locale/nazionale. Lo sport, quindi, diventa un “driver” eccezionale per attirare sul territorio investimenti strategici, che, nella maggioranza dei casi, costituiscono anche una eredità per le generazioni future.

 

Si parla, in questi ultimi giorni, dell’opportunità irripetibile per città del calibro di Venezia o di Roma di poter rappresentare l’Italia nella candidatura olimpica del 2020 (edizione estiva dei Giochi). In entrambi i casi gli addetti ai lavori si sono chiesti quanto questo evento potrebbe impattare sull’economia della città lagunare o su quella della metropoli capitolina. Il dato che è emerso è pari a 18/19 miliardi di euro, considerando soprattutto le infrastrutture che verrebbero realizzate per dare vita al più grande evento sportivo per giro d’affari.

 

Un’ulteriore riflessione la merita l’eredità lasciata da Salt LakeCity2002 o da Atene2004 (il crac dell’economia ellenica non è direttamente collegabile al bilancio in perdita di questi Giochi, ma è chiaro che l’occasione olimpica non è stata sfruttata nel modo migliore).

Due esempi non positivi, fermo restando che l’altro grande problema collegato a un evento a cinque cerchi è quello dell’utilizzo degli impianti sportivi una volta terminata la manifestazione. Questa sarà la grande sfida che attende i gestori di Roma o Venezia2020.

Creare infatti nuove “cattedrali nel deserto” non ha alcun senso, oltre ad essere un costo che la collettività, nel suo complesso, non merita di pagare. Fino ad oggi, tra l’altro, è emerso chiaramente come il nostro Paese non abbia una strategia ben chiara su quello che deve essere il futuro del parco-impianti sportivi (si veda il rallentamento che sta avendo il DDL Lolli-Butti). Pertanto, non si capisce quale può essere il futuro di una città olimpica, se prima non si investe sulla promozione di base e, quindi, sui clienti del futuro degli stessi impianti. Se non arriveremo a capire questo aspetto difficilmente avremo i risultati che hanno ottenuti altri Paesi grazie alla gestione dei grandi eventi sportivi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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