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Lo stadio come asset nella gestione economico-finanziaria dei club

Per molti anni i club di calcio italiani hanno gestito le loro campagne acquisti attraverso l’impiego di capitali privati, spesso prestati in garanzia a banche finanziatrici, e grazie agli introiti derivanti dai diritti tv, convivendo, quindi con un limitato potere di spesa, e muovendosi all’interno di un ristretto perimetro finanziario. In questo scenario, la progettazione e la gestione di stadi e infrastrutture sportive sono un elemento imprescindibile di sviluppo dell’industria calcistica italiana.

Negli ultimi anni sono stati presentati in Europa oltre 58 progetti di nuova costruzione/riqualificazione di impianti, ma il confronto tra il panorama italiano e quello europeo appare ancora impietoso per il nostro sistema.

Complessivamente, limitandosi a considerare il solo apporto economico che lo stadio della Juventus ha immediatamente generato per il club, si può notare che, mentre nel 2010-2011 (ultima stagione giocata dai bianconeri all’Olimpico), i ricavi da gara ammontavano a circa 10 milioni di euro. Nelle ultime stagioni hanno superato i 66 milioni, per un incremento superiore al 600%. A questi, si aggiungono i 18 milioni di ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti ufficiali, all’interno del J-Store presente nell’impianto, oltre al risparmio dei costi di locazione dello stadio Delle Alpi prima e Olimpico poi, da versare al comune di Torino.

Dall’inaugurazione dello Stadium (oggi sponsorizzato da Allianz) fino all’1 gennaio 2019, l’impianto ha generato circa il 13% dei ricavi complessivi ed oggi rappresenta una delle principali voci del bilancio societario.

Attualmente, nel nostro paese, i “ricavi da stadio” sono sempre più esigui. Solo il 15% del fatturato proviene dalle attività connesse direttamente all’uso dell’impianto, mentre in Inghilterra e Spagna questa voce rappresenta rispettivamente il 25% e il 32%. A penalizzare la società italiane è il forte divario in termini di incassi derivanti dalle gare (ed il conseguente minore impatto delle sponsorizzazioni-ricavi commerciali).

Diversi i vantaggi che uno stadio di proprietà può apportare al club. Dalla possibilità di sviluppare forme di ricavo alternative derivanti dall’offerta di servizi ulteriori all’interno dell’impianto (quali catering, merchandising, eventi, museo del club, tour dello stadio, attività di sponsoring), all’organizzazione di iniziative complementari (conference hall, fitness center, ristorazione, parcheggi), con evidente impatto positivo sulle voci del conto economico.

E ancora, la trasformazione del portafoglio ticketing di un club, ha visto una crescente attenzione sull’offerta hospitality. Gli impianti sportivi ristrutturati o riammodernati, e ancor più quelli di recente costruzione, sono dotati di aree corporate, vip box, ristoranti e lounge bar. L’obiettivo è quello di aumentare il valore del prodotto stadio, sfruttando l’impianto a 360 gradi.

Un nuovo stadio significa anche sviluppo di naming rights (letteralmente “diritti di nome”). Un impianto di proprietà moderno ed attraente, attira aziende, spesso multinazionali, che chiedono di inserire il proprio brand nel nome dell’impianto, determinando una nuova fonte di guadagno per i club.

«In Italia i club spesso incontrano difficoltà di carattere burocratico ed amministrativo sin dall’approccio al progetto di costruzione del nuovo stadio. Lo stadio è un’infrastruttura sportiva di rilievo pubblico, e quindi gli enti coinvolti nell’approvazione del progetto possono essere diversi e le procedure amministrative da attuare possono avere tempi più lunghi del previsto” ha spiegato a Tuttosport, l’avvocato Antonio Fabbricatore, titolare dello studio AFVision (esperto in materia di consulenza societaria e finanziaria e in pianificazione aziendale – nella foto in primo piano). “La legge sugli stadi, la n.147 del 2013 poi corretta col Decreto Legge n.50 del 24 aprile 2017, ha previsto un iter semplificato di autorizzazione per la costruzione e/o ristrutturazione di nuovi impianti, con l’obiettivo di dare tempi certi, ma all’atto pratico si è dimostrata poco efficace sotto questo profilo. Occorrerebbe ulteriormente facilitare l’iter delle procedure, ed attribuire alla Conferenza dei Servizi un peso decisorio effettivo. 

Ma probabilmente le difficoltà maggiori per i club rimangono quelle connesse al reperimento delle risorse finanziarie. Lo stadio rimane un investimento significativo, e sul fronte finanziario le società potrebbero esplorare diverse possibilità, dalle partnership pubblico-private, alla erogazione di prestiti finanziamento da appaltatori, allo sfruttamento di un marketing creativo in grado di generare accordi commerciali a lungo termine, alla ricerca di investitori nel settore privato” ha sottolineato Fabbricatore.

Ma soprattutto, ciò che risulta decisivo per la finanziabilità di uno stadio, come per altri progetti a vocazione commerciale, è la capacità dei proponenti di concepire lo stadio come un’entità finanziaria a sé stante, separata dal club o dalla federazione nazionale, programmata per raggiungere la sua autosufficienza economica sulla base di un preciso piano di fattibilità finanziaria.

 

 

 

 

 

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