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Il 19% delle sponsorizzazioni di maglia in Europa arriva dalle scommesse

Il mercato del betting, da diversi anni, è una risorsa concreta per il football europeo, anche se proprio l’Italia si presenta come il Paese Ue più intransigente nei confronti di questo settore. Secondo le stime degli addetti ai lavori, il calcio professionistico tricolore ha perso, nelle ultime stagioni, tra i 150 e i 200 milioni di euro (per effetto del divieto introdotto, con il “Decreto Dignità”, dall’allora governo gialloverde).
In questa cifra vi sono i mancati investimenti pubblicitari sui diversi mezzi (tv, stampa, radio, web), oltre che a bordocampo e, soprattutto, sulle maglie di gioco (la posizione più ambita per l’enorme visibilità che genera).
Un comparto, quello del gioco, che, proprio nel campionato in corso, è stato sostituito dal fintech, a partire dagli investimenti delle criptovalute. L’operazione più importante, ad esempio, vede il colosso internazionale Crypto.com tra i partner ufficiali della Serie A.

Il betting investe sul mercato europeo

Le società di scommesse sportive/giochi rappresentano il 19% di tutte lo sponsorizzazioni di maglia delle principali squadre presenti in Europa (con particolare attenzione ai 5 campionati top: Premier league inglese, Liga spagnola, Bundesliga tedesca, Serie A italiana e Ligue1 francese), con un incremento del 2% (nel 2021) rispetto all’anno precedente, nonostante diversi Paesi (tra cui l’Italia con il Decreto Dignità) abbiano introdotto leggi che vietano la pubblicità per le società di betting. Lo si legge nel report Uefa “The European Club Footballing Landscape” riportato, di recente, dal portale specializzato Agipronews. Dei 183 club che hanno ufficializzato un nuovo main sponsor della maglia, ad inizio stagione, circa 1/4 aveva siglato accordi commerciali con società di giochi e scommesse. E’ l’industria che investe di più nel calcio, davanti alle società di servizi finanziari (14%), retail (10%), costruzioni (9%), servizi professionali o beni industriali (8%), turismo o società aeree e automobilistiche (7%).

Quattro mercati europei vietano il betting

Mercati come Italia, Francia, Spagna e Danimarca hanno vietato l’utilizzo di marchi di società di betting sulle maglie. Proprio l’Italia, in questo senso, è il Paese più severo in materia: dal 2018, infatti, è vietata ogni forma di pubblicità e sponsorizzazione delle aziende di gioco. Un divieto, che, oltre a produrre confusione, nelle distinzione tra scommesse legali e illegali/irregolari, ha avuto effetti negativi sulla competitività delle ’Big Five’, (ovvero i cinque maggiori campionati di calcio europeo), soprattutto dal punto di vista delle risorse economiche.

Altri Paesi invece hanno scelto una strada sicuramente più morbida. In particolare, la Francia ha limitato il divieto ai soli operatori stranieri. La Spagna è stato l’ultimo mercato continentale, in ordine di tempo, ad aver introdotto limitazioni (a partire dalla stagione in corso), nonostante, nel campionato precedente, sette squadre avessero scelto sponsor di questo comparto.

Ungheria al primo posto per le scommesse

Dal 2018 al 2021, i mercati nazionali in cui sono stati introdotti limiti alla pubblicità del gioco sono aumentati da 14 a 18. Ciò non ha fermato però il mercato del gioco. Il numero di squadre che hanno scelto società di betting come partner, infatti, sono passate da 78 a 117. Tra i campionati europei col maggior numero di sponsorizzazioni di società di scommesse, la Bulgaria è in testa (71% degli investimenti totali), seguita dall’Ungheria (58%) e dalla Grecia (57%). Quarto posto per Ucraina (attualmente il campionato è sospeso a causa del conflitto bellico) e Portogallo (56%). Ancora più dietro infine Cipro (50%) e Inghilterra (45%).

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Redazione

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