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Atalanta, primo club “glocal” della Serie A

Forte legame con il territorio, ma anche grande attenzione alla crescita internazionale, sia per la presenza costante nelle coppe europee (soprattutto in queste tre ultime stagioni), sia per il recente ingresso dei soci americani guidati dal top manager Stephen Pagliuca.

In totale il club lombardo può contare su 17 diversi format (di cui 8 di maglia, tra prima squadra e giovanili) per un totale di 123 aziende (114 nel precedente campionato). Se si considerano anche i partner senza alcuna visibilità allo stadio, si superano le 190 realtà (a queste bisogna aggiungere i 24 licenziatari).
In totale si stimano più di 35 milioni di euro provenienti dagli introiti degli sponsor. Un importo record nella storia della “Dea”, ormai vero e proprio marchio “glocal” (globale+locale).

L’Atalanta, in queste ultime stagioni, ha razionalizzato la propria offerta commerciale, puntando su un numero inferiore di contratti e su un livello più alto sotto il profilo economico.

La crescita costante del marchio Atalanta passa, inevitabilmente, per il radicamento territoriale. Nel format “fan sponsor” ad esempio vi sono ben 35 aziende locali, con sedi operative tra Bergamo e provincia. Il tutto controbilanciato con l’ingresso di sponsor di profilo internazionale, come nel caso di Plus500 (colosso mondiale specializzato nei servizi di trading online) o di Joma Sport (fornitore tecnico delle divise di gara).

La svolta a stelle e strisce

Gli americani punteranno a sviluppare le potenzialità economiche collegate alla proprietà dello stadio (la Gewiss Arena), senza dimenticare gli investimenti nelle nuove tecnologie o l’importanza di accedere ad un mercato come quello nordamericano. Una strategia, quest’ultima, che potrà generare costanti e future entrate. Da un lato, quindi, grande attenzione al tema della trasformazione digitale (con il coinvolgimento del bacino della tifoseria) e allo sviluppo del database, dall’altro la possibilità di intercettare realtà internazionali vicine agli affari della cordata statunitense (potenzialmente interessate alla visibilità garantita dal prodotto calcio, in Italia e in Europa).
Soprattutto le aziende americane saranno interessate al progetto di “corporate hospitality”, fiore all’occhiello, da diversi anni, del club lombardo. L’area marketing dell’Atalanta, guidata da Romano Zanforlin, ha identificato quattro diversi format (executive partner, top club partner, europa lounge partner e gold lounge partner), ma l’esperienza di Stephen Pagliuca (co-presidente di Bain Capital) sarà fondamentale nello sviluppo di nuove proposte, sempre nell’ottica del potenziamento dell’intrattenimento calcistico.

L’esplosione commerciale dei Celtics

Accanto all’imprenditore newyorkese vi sono Robert Epstein (amministratore delegato di The Abbey Group, realtà attiva nel settore immobiliare) e, soprattutto, Wycliffe Grousbeck, che, nel 2002, ha guidato una cordata di investitori nel progetto di acquisizione dei Boston Celtics (NBA). .

Un progetto di rilancio, partito appunto 20 anni fa. Oggi la franchigia di Boston si posiziona saldamente al 20° posto, tra i brand mondiali di maggior valore, e al 5° assoluto, se si considera solo la classifica delle squadre della National Basket Association. Acquisiti per 322 milioni di euro, i Celtics valgono, secondo l’ultimo report di Forbes, più di 2,78 miliardi. Sicuramente proprio lo sviluppo commerciale (inclusa la parte “corporate”) è stato strategico nel raggiungimento degli obiettivi economici della franchigia a stelle e strisce.

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Redazione

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