Juventus, la crisi oltre la panchina: dall’ultimo scudetto a oggi in fumo 750 milioni di euro.
(di Davide Pollastri) – Con l’esonero di Igor Tudor, la breve reggenza di Massimo Brambilla e l’ingaggio ufficializzato di Luciano Spalletti, salgono a otto i tecnici succedutisi sulla panchina bianconera dal 26 luglio 2020, giorno dell’ultimo scudetto, a oggi. Il dato, di per sé eloquente, conferma le difficoltà che la società sta incontrando nel ritrovare la via del successo, rappresenta soltanto una parte del problema. A questa instabilità tecnica si affiancano un’altrettanto marcata incertezza gestionale e un saldo economico negativo, con circa 750 milioni di euro polverizzati in poco più di cinque anni in operazioni di mercato che non hanno prodotto i risultati attesi,
Oltre 750 milioni di euro spesi sul mercato dall’ultimo scudetto — senza considerare bonus e commissioni —, una cifra che avrebbe dovuto proiettare la “Vecchia Signora” tra le favorite per la conquista della Champions League e che invece non le ha neppure consentito di restare al vertice del calcio italiano.
I tre esercizi consecutivi in utile tra il 2015 e il 2017, così come i nove scudetti consecutivi e le due finali di Champions League raggiunte con Massimiliano Allegri, sono oggi più un rimpianto che un ricordo, simboli di annate irripetibili ma anche di un modello gestionale che si è progressivamente logorato, fino a rivelare tutte le proprie fragilità.
L’inizio della fine
Chi ritiene che il detonatore del declino sia stato l’ingaggio di Cristiano Ronaldo non ha del tutto ragione. Il fuoriclasse portoghese, approdato sulla sponda bianconera del Po nel 2018, è sì costato molto — 277 milioni di euro tra cartellino e oneri — ma l’investimento è stato in parte compensato dai 101 gol segnati in 134 partite ufficiali e da un incremento dei ricavi commerciali, sostenuti dal richiamo del marchio CR7 e dai contratti di sponsorizzazione rivisti al rialzo.
In sostanza, le scelte sbagliate sono state altre
A pesare, innanzitutto, è stata la decisione di separarsi dal direttore generale Giuseppe Marotta, poi passato all’Inter che, non a caso, con lui al timone ha preso il posto della Juventus al vertice del calcio italiano e si è riaffacciata con continuità su quello europeo, conquistando, tra l’altro, due scudetti e raggiungendo due finali di Champions League in cinque anni.
Con l’uscita di scena dell’attuale presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato dell’Inter, si sono succeduti una girandola di dirigenti — da Fabio Paratici a Cristiano Giuntoli passando per Maurizio Arrivabene — accomunati da una politica di mercato tanto aggressiva quanto ambiziosa, cui tuttavia non hanno corrisposto risultati proporzionati agli investimenti.
Solo per fare qualche esempio, ricordiamo gli 81 milioni di euro spesi per Arthur Melo, i 58 per Teun Koopmeiners, i 51 per Douglas Luiz, i 39 per Dejan Kulusevski e i 23 per Luca Pellegrini.
Vittima di se stessa
Ma negli ultimi anni la Juventus non ha solo speso male, ha anche faticato a vendere, finendo intrappolata in una spirale tecnica e finanziaria. La necessità di evitare pesanti minusvalenze ha spesso bloccato la cessione di tutti quei giocatori acquistati a cifre elevate. A questo si è aggiunto il peso di ingaggi divenuti nel tempo insostenibili e che hanno reso molti esuberi di lusso in calciatori invendibili. Ciò ha costretto la società a sacrificare giovani di talento che avrebbero potuto alzare il livello della rosa. L’esempio più emblematico è Dean Huijsen, ceduto al Bournemouth per 15,2 milioni più bonus, e poi rilevato a titolo definitivo dal Real Madrid per circa 58 milioni.
Il presente
Al nuovo direttore generale Damien Comolli, in carica dal 4 giugno 2025, spetta ora il non semplice compito di cambiare marcia e riportare la società bianconera ai fasti di un tempo, anche se il recente esonero di Igor Tudor, giunto dopo sole otto giornate di Serie A e tre di Champions League, non sembra essere un buon inizio.
Nel frattempo, John Elkann ha già confermato essere pronto a un nuovo aumento di capitale (come confermato da La Gazzetta dello Sport), il quarto negli ultimi sei anni: “Continuiamo a rafforzare la Juve in campo e fuori, come abbiamo fatto negli ultimi 102 anni. E non vendiamo”. Eppure, molti tifosi vedono proprio in Elkann il principale responsabile del declino bianconero.

