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Elezioni FIGC – the day after: c’è un altro calcio possibile?

Ieri pomeriggio si è consumata a Roma una assemblea elettiva molto triste, in crisi (di idee), divisa in consorterie e gruppi, gli uni contrapposti agli altri. I programmi dei due candidati (Tavecchio e Abodi) sono stati stancamente letti (ma non ci giurerei troppo) dai 279 delegati, entrati nel salone dell’Hilton airport hotel, sapendo già chi avrebbero dovuto votare. Da una parte all’altra, al massimo, c’è stato uno spostamento di un 2-3% (annullato dal fatto che ciascuno dei due contendenti ha pescato nei bacini altrui).

Dopo la dichiarazione di “amore” di Marcello Nicchi (n.1 dell’AIA) i giochi erano pressoché fatti a favore di Tavecchio. Solo qualche sassolino nelle scarpe di questo o quel delegato (ma doveva essere più di qualcuno) avrebbe potuto cambiare il corso della partita. Abodi, purtroppo, è entrato in assemblea già sconfitto, e la risalita nella seconda votazione, che ha fatto gridare al possibile miracolo, è stata dettata, si narra nei corridoi dell’Hilton, da un gruppo di delegati LND, che intendeva mandare un preciso messaggio nella bottiglia (anzi nell’urna) sia a Cosimo Sibilia (presidente dilettanti), sia a Tavecchio, per quello che sarà il nuovo corso della FIGC.

Non erano quindi voti a favore di Abodi, ma finalizzati a segnalare un malessere (economico?) che c’è, comunque, in giro nel calcio dilettantistico (e non solo).

Premesso che da anni si parla di equiparare il peso delle 7 diverse componenti della FIGC, ma nessuno lo fa (un candidato che ha in mano il 34% della Lnd, il 10% dell’AIAC e più della metà della serie A conquista tranquillamente il castello della Federcalcio), c’è da chiedersi dove si intenda arrivare con questa metodologia.

Aver detto “NO” ieri ad Abodi (non entro nel merito della proposta elettorale dell’attuale presidente Tavecchio, portatore di una altra storia dirigenziale), da parte del mondo del calcio, è stato un segnale ben preciso: ovvero sta bene a tutti stare, vivere, muoversi così. Il messaggio è molto chiaro. Il calcio è un sistema ben controllato, con centri di potere che sanno perfettamente come devono muoversi e Abodi, a torto o a ragione, era per questi centri di potere un elemento da “annullare” per non dire altro. L’hanno di fatto espulso dal sistema, perché la testa di Andrea Abodi, e il suo non essere in alcun modo controllabile, era un problema (per tutti).

Ecco perché mentre lo stesso Abodi cercava di lasciare un segno attraverso il suo discorso altri hanno preferito accompagnare presidenti e delegati all’urna, come se non avessero gambe per farlo. E lo stesso era avvenuto, peraltro, due anni e mezzo fa, nella precedente corsa tra Tavecchio e Albertini. Così come non ci è piaciuto vedere un presidente di una delle sette diverse componenti FIGC esultare come allo stadio (al momento della proclamazione di Tavecchio), anche perché non si capisce cosa si sia vinto ieri (un trofeo, un pallone o cos’altro?), visto che il 45% non è comunque dalla parte di Tavecchio, che sì è stato rieletto, ma con una percentuale inferiore a tre anni fa, e con un quarantina di voti (non mille) in meno oggi non sarebbe neppure presidente.

Questa “modalità stadio” nelle elezioni federali deve finire. E’ patetica, oltre che offensiva, sia per gli stessi candidati, sia per chi assiste a queste scene tristi che non fanno onore ad una FSN. Esco personalmente disgustato non dal risultato (perché ho massimo rispetto della figura del presidente Tavecchio), ma dal clima e dall’atmosfera in cui si è svolta l’assemblea (soprattutto nelle zone limitrofe alle urne presidiate in modo militare). E poi perché non si può avere un voto pubblico (invece che segreto) dando la possibilità ad un delegato della LND di consegnare la scheda anche nell’urna della serie A. In questo modo diventerebbe difficile anzi impossibile ricostruire le percentuali di voto.

E’ questa l’immagine della più importante federazione riconosciuta dal CONI? E’ questa l’immagine che vogliamo dare all’esterno del prodotto calcio? Tavecchio o Abodi non devono (o meglio dovevano) essere votati per la rispettiva bellezza fisica, per l’impostazione della giacca (sartoriale o meno), o per l’età. Non è stato e non doveva essere uno scontro generazionale, anche se molti l’hanno voluto leggere così, anche sulla stampa.

E’ stato uno scontro tra centri di potere, dove gli stessi candidati sono diventati “ostaggi” di lusso dei loro sostenitori, che hanno trasformato questa elezione in qualcosa di non bello almeno a mio sindacabile giudizio. E’ disdicevole assistere a delegati pro o contro questo o quel candidato, semmai bisognerebbe partire da un’analisi approfondita del programma.

Appunto il programma, questo sconosciuto. Vittima sacrificale di una competizione vicina più ai tempi dell’uomo del Neolitico, per dirla alla Francesco Gabbani nel suo Occidentali’s Karma, che ad una visione moderna di scenario. 

Alla domanda del titolo di questo editoriale (“C’è un altro calcio possibile?”) noi rispondiamo sì, ma chi ha vinto deve far capire chiaramente, e non solo a livello di facciata, quanto è libero nel prendere scelte anche in controtendenza rispetto ai voti ricevuti dalle diverse componenti. A questa domanda ci piacerebbe che il nuovo presidente della FIGC ci rispondesse (soprattutto con i fatti).

Detto questo, sempre secondo noi, il prossimo avversario di Tavecchio (non ci vuole un genio per capirlo), tra 4 anni, sarà proprio quel Cosimo Sibilia, neo presidente della LND, che anche per professione (è senatore di Forza Italia) sa muoversi come un panzer tra i meandri di questo calcio a dir poco neolitico. Ieri si è presentato nelle vesti di alleato, domani, chissà, lo stesso Tavecchio se lo ritroverà contro. A tra 4 anni per una nuova puntata. E molti ritengono che al prossimo O.K. Corral potrebbe esserci una sfida tra Cosimo Sibilia (LND) e Gabriele Gravina (Lega Pro).

Ad Abodi facciamo solo un augurio. Di trovare in un altro mondo (che chiaramente non è detto che sia il calcio) quelle soddisfazioni professionali che non ha ieri raccolto dopo 6 anni di crescita della Lega B (presa rattoppata per terra e portata ad un fatturato del +350%).

Se domani incontrassi Abodi nelle vesti di direttore generale di Finmeccanica o di una azienda di largo consumo non mi stupirei. Dove, quindi, ha sbagliato l’ex presidente della B? Sicuramente nel credere che il merito, il rispetto, gli elogi raccolti in tutti questi anni, potessero trasformarsi d’incanto in voti il giorno della votazione. Purtroppo, la rappresentatività democratica non segue sempre (anzi quasi mai) logiche puramente meritocratiche. Segue l’interesse del momento, la bravura di questo o quel candidato nel fare promesse (anche se poi non saranno mantenute). L’interesse dell’orticello contrapposto a quello (più meritorio) della comunità intesa nella sua interezza.

Ad Abodi, che conosco dal 1992 e che ieri ho abbracciato per primo (pur rispettando assolutamente la figura del presidente Tavecchio) sotto il palco dell’assemblea (l’amicizia si dimostra nel momento della difficoltà, non della vittoria), mi permetto di fare una domanda: se 92 club professionistici su 102 si presentano in netta difficoltà economica da diversi anni, possono avere la testa, il cuore, l’orgoglio o la voglia di ascoltare il bellissimo discorso fatto ieri da Abodi o di leggerne il programma? O piuttosto si trincereranno nella mera analisi dei costi e/o nella ricerca di ricavi/aiuti per provare a far quadrare i conti (o meglio ancora a non fallire)? Noi propendiamo per la seconda ipotesi.

Siamo altrettanti sicuri che se questi 102 club fossero invece in “utile” la valutazione del voto sarebbe diversa. Quando si ha fame, caro Andrea, non c’è voglia di ascoltare o sostenere chi (come te) prova (o ha provato in tutti questi anni) a far “sognare” un sistema.

Questa è la grande riflessione che devi fare nell’analisi post voto. Se non arriverai a metabolizzare questa riflessione di sana concretezza non potrai mai riprovare, un giorno, a presentarti in questa Federazione o in qualsiasi altra Lega (tipo la “A”, come sinceramente hai svelato ieri pomeriggio).

La “fame” è una brutta bestia, annebbia la mente e fa fare scelte diverse dalla ragione. Purtroppo è così. Questo oggi è il calcio italiano, al di là dall’isola felice che hai creato nella Lega B.

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Marcel Vulpis

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