Serie A - Serie B

Editoriale – Il vero sconfitto sarà il calcio (2)

  Il giudice Tarantola (Corte di Appello di Milano), pur non essendo neofita del calcio (si era occupato del caso Telepiù/Napoli nel 2000 e del caso Rai/Mediaset/Lega Calcio nel 2005), ha lasciato basiti diversi operatori del settore quando, per sostenere che la diffusione delle immagini del nostro campionato di calcio non interessa la “sfera comunitaria” (e quindi soggetta al diritto comunitario e non a quello nazionale), afferma che, pur “tenendo conto del presunto prestigio di questo campionato, … l’interessamento può forse avvenire per singole, decisive partite della Serie A, non certo per l’intera serie di partite o anche per un numero limitato a otto o dodici squadre”.

Ma come? il nostro Campionato non vale proprio nulla?

Al telespettatore interessano solo le partite di cartello Milan/Juve, Inter/Juve, Roma/Juve?

Bisognerebbe chiedere cosa ne pensano i Cellino, quando il Cagliari vince a Torino contro la Juve, i Zamparini, quando il suo Palermo annichilisce la Vecchia Signora, i Garrone, quando la Sampdoria batte la corazzata nerazzurra.

Siamo sicuri che non ne sarebbero tanto contenti.

 

Ma forse, e lo scopriamo ora, lo spettatore italiano è diverso da quello inglese o da quello tedesco. Perché se i campionati inglesi e tedeschi interessano la “sfera comunitaria” (è la Commissione europea che decide sulla vendita dei diritti), c’è forse qualcosa che non va. Chiediamo conferma ad un esperto di onomastica: se il nostro campionato si fosse chiamato, invece che un inutile “Serie A”, Premier League o Bundesliga, probabilmente saremmo con un piede, affondando i relativi tacchetti, in Europa.

 

Bisogna pertanto guardare di più il calcio (se non proprio sui canali SKY, almeno su quelli di Mediaset) e capire che il "bello" del nostro Campionato deriva dalla imprevedibilità dei risultati e dalla presenza anche di quelle “squadrette” che ogni giorno fanno sognare milioni di tifosi.

 

Anche perché se lo facesse, avrebbe, forse, motivato un po’ di più la sua ordinanza e avrebbe fatto capire a noi, neofiti del diritto, di cosa stiamo parlando.

 

Quel che stupisce è il tentativo di dare una parvenza di motivazione alla decisione: una motivazione, possiamo dire, per relationem, visto che l’unica cosa che fa il giudice, e lo diciamo con cognizione di causa avendo il provvedimento qui sul tavolo, è richiamarsi al provvedimento A-418 dell’Autorità garante della Concorrenza e del mercato da cui emergerebbero “consistenti indizi per poter affermare, allo stato degli atti, la sussistenza di indizi sull’illiceità del bando”. Provvedimento che, allo “stato degli atti”, non ha accertato alcunchè, ma è ancora in una fase embrionale di una mera ipotesi accusatoria.

 

E ci si chiede ancora: se è illecito, rectius nullo, il bando, anche Mediaset e Dahlia sarebbero coinvolti nell’”affondamento della corazzata Potemkin” (il bando, infatti, riguarda non solo i diritti satellite, ma anche i diritti del digitale terrestre): si deve temere anche per loro vita?

 

Ma vi è di più: proprio l’AGCM, le cui parole sono oggi, per il giudice Tarantola, “fonte di prova”, non ha, quando ha aperto l’istruttoria nel mese di luglio con il provvedimento A-418, deciso di adottare le misure cautelari oggi assunte dal Tribunale di Milano. Non capiamo: se esistono indizi gravi e concordanti, perché l’AGCM ha deciso di aprire un’istruttoria senza sospendere il bando, mentre il giudice Tarantola non ha aperto istruttorie, ma ha sospeso il bando?

Ripetiamo, per essere chiari: non interessa tanto quanto è stato deciso.

Se è stato deciso così, vuol dire che andava bene così.

Ma non ci si può limitare a dire: “è così”.

La sentenza in esame non spiega neppure se la Lega Calcio ha violato o meno la Legge Melandri.

Nei ricordi universitari di noi tutti ci hanno insegnato che la nullità è un fatto molto, molto, serio. Se un atto (leggi: un bando di gara) è nullo, occorre che la legge sia stata violata.

Vorremmo sapere allora se la Lega Calcio ha violato la Legge Melandri?

Non vi sembra tutto strano? A noi tanto.

Quando abbiamo incominciato a parlare dell’affaire diritti televisivi ci eravamo chiesti “cui prodest” (cfr. “Diritti tv: AGCM: rivedere norme vendita diritti calcistici del 13 settembre 2008 e “l’Antitrust interviene sulla Lega Calcio… cui prodest” del 25 luglio 2009). E stamattina sul Corriere della Sera si chiedeva Cellino, Presidente del Cagliari, “quando la verità verrà finalmente appurata”.

Si chiede, molto più terra terra, Repubblica.it: “com’è possibile che Conto Tv, che fattura quasi 6 milioni di euro all’anno, voglia i diritti del calcio?”, che, aggiungiamo noi, valgono 600 milioni?

Crispino, il re del porno (secondo quanto riportato dal quotidiano La Stampa), nega categoricamente che dietro di lui ci sia Mediaset.

Mediaset o no, la verità è forse ancora più semplice della dietrologia.

Oggi Crispino, preso dall’euforia della vittoria per “0 a 2”, ha candidamente confessato che la sua inferiorità rispetto a SKY non è assolutamente tecnologica (“tecnicamente, abbiamo (noi di Conto TV) le stesse potenzialità (di SKY): noi siamo anche compatibili con Tv Sat…"), e quindi, diversamente da quel che lo stesso giudice di Milano, “è in grado di coprire tutte le partite in contemporanea”.

Altro che un pacchetto, due pacchetti, tre pacchetti, uno piccolo e uno grande, due squadre, dieci squadre.

Qui la questione, almeno in apparenza, è solo economica.

 

 

Seconda parte dell’editoriale dedicato alla sentenza, pro Conto Tv, emanata dalla corte di Appello di Milano relativamente al pacchetto Platinum Live di Sky.

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Marcel Vulpis

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