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Così parlò Mino Raiola sul caso Donnarumma: “Non è mai stato un problema di soldi…”

(di Marcel Vulpis) – Nel “teatrino delle parti” di un calcio, per certi versi fuori tempo rispetto ai tempi che viviamo quotidianamente, dove la gente combatte per poter ricevere un bonus bebè e/o per il mantenimento del posto di lavoro (sempre che non lo cerchi, all’infinito, per la prima volta, umiliata spesso con voucher ridicoli, come idea di potenziale rilancio del mercato del lavoro), stridono, da MonteCarlo, le dichiarazioni di Mino Raiola (procuratore di Gianluigi Donnarumma), non tanto per il fatto in sé  ma perché parlare di milioni di euro in più per un ragazzo di appena 18/19 anni, che ha avuto la fortuna (donata da Dio) di saper intercettare un pallone prima che entri nella porta, è parte integrante di un sistema calcio “imbarazzante”, soprattutto sotto il profilo etico. Il Dio business vuole questo, ma di fatto è un Dio auto-generato dalla lobby potentissima dei procuratori, che si comportano bene e non si lamentano, fintanto che i club decidono di rispettare le loro “desiderata”. Altrimenti i dirigenti degli stessi club che rendono ricchi i loro “assistiti” diventano anche “cattivi”.

A leggere i diversi passaggi del presa-meeting monegasco di Mino Raiola (disertato però da Sportitalia per espressa volontà del collega Michele Criscitiello) viene da piangere, se non ci fosse da sorridere.

Ma la colpa non è tutta di Raiola: la colpa è dei presidenti che lo adulano, lo corteggiano, nemmeno fosse lui il “padre” dei suoi assistiti. Perché, purtroppo i presidenti di oggi amano frequentare questi nuovi “padroni del calcio”. E infatti si vedono i risultati: una lega calcio commissariata (con il n.1 della FIGC costretto a fare da “badante” in attesa di uno straccio di nuova governance), incapace di darsi delle regole di buon governo e interessata solo alla “manna dal cielo” dei diritti tv. Non capendo che il mercato dei diritti tv, senza spettacolo, senza top player, senza stadi confortevoli, senza internazionalizzazione, prima o poi (è solo questione di tempo) non genererà gli utili prodotti fino ad oggi. Non c’è bisogno di un master all’università di Chicago per comprenderlo, è scritto nelle stelle. A Raiola mi permetto solo di dire, che non è così che dovrebbe svolgere il suo lavoro. E la bravura non è trasferire all’infinito calciatori talentuosi (per guadagnare ricche intermediazioni), nemmeno fossero pacchi postali, ma farli crescere come professionisti e, perché no come uomini, prima ancora che come calciatori. 

Ultima annotazione: qui il problema non son0 le “bandiere” nel calcio, sempre che ve ne siano state, ma lo stile comportamentale. E perché no il piacere di vedersi stimati anche per il rispetto nei confronti del proprio club. Di stile, in questo caso, ne abbiamo visto veramente poco. Mentre abbondavano le banalità del tipo: “Non è mai stato un problema di soldi”. Appunto il teatrino delle parti e il falò delle banalità, oltre che delle vanità mediatiche. 

“Si è creato un ambiente che non possiamo accettare: abbiamo osservato gli atteggiamenti pubblici della società tramite i media e ne abbiamo preso atto, ma non è mai stato un problema di soldi”. Così ha commentato Mino Raiola, il mancato rinnovo di Gianluigi Donnarumma (portiere titolare dell’AC Milan e adesso nei disegni sportivi di molti club, non solo italiani) nei confronti della società rossonera durante una conferenza stampa lampo organizzata a MonteCarlo, dove l’agente risiede da tempo.
Per il procuratore i problemi principali sarebbero stati, soprattutto, con il direttore sportivo rossonero Massimiliano Mirabelli: “…La rottura non è una questione economica, ma non c’erano i presupposti per continuare per colpa di Mirabelli”, dei suoi “toni minacciosi” e dei  “modi di fare inaccettabili”.
Ieri, in occasione del match vittorioso con la Danimarca, vinto dall’Italia per due reti a zero (segnava il debutto degli azzurri nell’Europeo U21) ,sono stati rivolti al n.1 del Milan diversi cori “contro”, oltre ad uno striscione di contestazione e c’è stato anche il lancio di dollari finti dietro la sua porta, durante i 90 minuti regolamentari.

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Marcel Vulpis

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