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Vulpis: Quel pasticciaccio brutto della retroattività sui mandati dirigenziali dello sport italiano

E’ il caso delle Federazioni sportive italiane riconosciute dal CONI (oggi guidato da Giovanni Malagò), che, con enormi difficoltà, stanno resistendo (soprattutto quelle di piccole dimensioni) ai colpi di una crisi economica endemica, che sembrerebbe vinta, leggendo i giornali, ma che continua, facendosi beffa di media e politici, a mordere le gambe delle categorie più deboli. Tra queste c’è sicuramente l’associazionismo sportivo, che ha avuto sempre una “stampella”, per non dire pilastro, nel volontariato di base. Se questa premessa è vera (e lo è) verrebbe da chiedere ai senatori pentastellati (presenti all’interno della Commissione Cultura), se questa è una priorità del paese o del mondo sportivo italiano (sinceramente non lo credo) e se sia giusto entrare nelle dinamiche interne oltre che organizzative di realtà federali sportive, quale che sia la loro dimensione.

 

Se da anni ci sono federazioni dove vengono confermati taluni dirigenti, non è colpa di nessuno, semmai è la risultante di un processo democratico interno, che porta a determinate decisioni (piuttosto bisognerebbe modificare gli statuti e i regolamenti che portano al voto – ma questo non è un lavoro parlamentare, ma sempre legato all’ambito associativo interno).

Come in tutte le famiglie esisteranno sicuramente dirigenti bravi o meno bravi, ma non si può andare contro il principio di rappresentatività e contro quello, ancor più sacro, dell’autonomia dello sport rispetto all’universo della politica (art. 1 della legge 280/2003 http://www.parlamento.it/ parlam/leggi/03280l.htm). Non è il sottoscritto a lanciare questo monito quanto lo stesso ONU con risoluzione del 16 ottobre 2014 e ancor prima lo stesso Parlamento italiano, dove oggi lavorano i senatori pentastellati.

Gli stessi che, adesso, chiedono, rispetto al disegno di legge di cui è relatrice Josefa Idem (PD) sul tema del limite ai mandati dirigenziali dello sport, di inserire la norma folle della retroattività.

Qualsiasi legge che si rispetti, dispone per il futuro, mai per il passato. Soprattutto se introduce norme nuove, come in questo caso. Poi sempre i pentastellati, che guardano con attenzione a ciò che avviene all’estero, a partire dal loro leader Beppe Grillo, ci dovrebbero spiegare perché, per esempio, le “moderne” Francia, Inghilterra, Germania e Spagna non prevedono, nei loro ordinamenti sportivi, alcun limite di mandato dirigenziale. Perché prioprio l’Italia dovrebbe decidere di lanciare una “terza via”, o forse c’è più la volontà da parte di qualche parlamentare di mostrare di essere più moderno del necessario? Ma anche volendo cercare di innovare a prescindere, almeno atteniamoci a quanto regola in materia il CIO, massimo organismo politico dello sport mondiale/olimpico. Si parla del limite dei tre mandati. Di sicuro la retroattività pentastellata è una follia in termini e finirà sul muro da sola, perché è molto borderline, per non dire contra legem. Talvolta, in Parlamento, sarebbe più intelligente convocare le parti interessate per capire le dinamiche organizzative delle stesse, piuttosto che lanciare queste campagne popoliste di rivoluzione a tutti i costi, capaci di creare solo danni nell’universo dell’associazionismo sportivo tricolore.

Adesso i membri/componenti delle due commissioni parlamentari potranno, prima di martedì (quando è prevista la nuova riunione), riflettere per cercare di non cadere nel ridicolo, scatenando una campagna “contro” da parte degli stessi dirigenti sportivi collegati alla galassia delle realtà federali riconosciute dal CONI (per non parlare degli enti benemeriti o degli enti di promozione sportiva).

Confidiamo (o almeno così speriamo) nel loro buon senso!

(di Marcel Vulpis) – Al Senato si sta consumando un piccolo/grande attacco alla democrazia interna dell’associazionismo sportivo. A compiere questo golpe in carne e norma, verrebbe da dire visto il luogo dove si sta verificando, è il Movimento 5 Stelle, che, da troppo tempo utilizza l’hashtag #tuttiacasa come ascia più o meno virtuale in Parlamento anche quando non ce ne sarebbe bisogno e adesso prova a portare questo modello pseudo-rivoluzionario nel mondo dello sport, muovendosì, però, come un elefante in un negozio di cristalli.

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Marcel Vulpis

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