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Stadi e finanza: quale futuro per il sistema calcio italiano

Per molti anni i club italiani di calcio hanno finanziato le stagioni sportive e le loro campagne acquisti attraverso l’impiego di capitali privati, spesso prestati in garanzia a banche finanziatrici, e grazie agli introiti derivanti dal mercato delle televisioni, convivendo, quindi con un limitato potere di spesa, e muovendosi all’interno di un ristretto perimetro finanziario.

Negli anni il calcio italiano ha assunto sempre di più le caratteristiche di una vera e propria “industry”.  Elevata competitività, concorrenza, ricerca dei rendimenti, quotazioni in borsa, sostenibilità finanziaria, crescita dei volumi di fatturato, incremento della propria forza commerciale sono i parametri sulla cui base i clubs di calcio elaborano la propria pianificazione industriale, annuale e pluriennale, al pari di una qualsiasi altra azienda.

In questo scenario, la progettazione e la gestione di stadi e infrastrutture sportive, rappresentano un elemento imprescindibile di sviluppo dell’industria calcistica italiana, nonchè un investimento fondamentale per un club ambizioso che punti alla crescita ed all’autosufficienza economica.

Negli ultimi anni sono stati presentati in Europa oltre 58 progetti di nuova costruzione o riqualificazione di impianti sportivi, ma il confronto tra il panorama italiano e quello europeo appare ancora impietoso per il belpaese, che vanta una presenza di stadi moderni e di proprietà molto limitata, e riferita a pochi casi isolati.

Gli impianti inglesi, universalmente riconosciuti come i più belli e redditizi d’Europa, sono dei veri e propri templi dello sport, in grado di impreziosire la stessa immagine internazionale dei clubs. Lo stadio di Wembley, l’Old Trafford, l’Anfield, il St. James’ Park, l’Emirates Stadium, ed il modernissimo Tottenham Hotspur Stadium, che con una capacità di 62.303 spettatori è lo stadio più costoso al mondo, circa un Miliardo di Euro, ed è il secondo stadio più capiente della Premier League (dopo Old Trafford) ed il terzo stadio più grande della capitale britannica (dopo Wembley e Twickenham).

Nella vicina Germania, complice la costruzione di impianti sportivi di ultima generazione, si è assistito ad un vero e proprio boom di spettatori, con una media di quasi 45.000 persone a partita, di molto superiore a quella italiana, ferma a 23.500.

In Italia la Juventus è stata la prima squadra a dotarsene nel 2011, grazie ad un investimento di circa 155 milioni di euro, che ha consentito la realizzazione non solo dello stadio, ma anche di un’area commerciale comprensiva di 8 ristoranti, 20 bar, 3 negozi ufficiali, parcheggio auto per 4.000 veicoli e un museo dedicato alla storia del club.

Complessivamente, limitandosi a considerare il solo apporto economico che lo stadio della Juventus ha immediatamente generato, si può notare che mentre nel 2010-2011 (ultima stagione giocata dai bianconeri all’Olimpico) i ricavi da gara ammontavano a circa 10 milioni, nelle ultime stagioni hanno superato i 66 Milioni, per un incremento superiore al 600%.

A questi, si aggiungano 18 milioni di ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti ufficiali del club, all’interno del J-Store presenti nell’impianto, oltre al risparmio dei costi di locazione dello stadio Delle Alpi prima e Olimpico poi, da versare al Comune di Torino.

Dall’inaugurazione dello Stadium fino all’1 gennaio 2019, lo stadio ha generato per la Juventus circa il 13% dei ricavi complessivi (plusvalenze comprese), ed oggi rappresenta una delle principali voci del bilancio societario insieme ai diritti televisivi.

La rivista americana Forbes ha valutato la Juventus 1,5 miliardi di dollari USA, collocandola al decimo posto della sua classifica, prima tra le squadre italiane.

Ad oggi pochi altri clubs italiani hanno seguito le orme dei bianconeri: l’Udinese, che ha da poco completato la ristrutturazione dello Stadio Friuli, il Sassuolo, che ha comprato l’impianto un tempo proprietà della Reggiana, il Frosinone che ha ultimato la costruzione dello stadio Benito Stirpe dopo decenni dall’inizio dei lavori, e l’Atalanta che ha ristrutturato ed ampliato l’Atleti Azzurri d’Italia di Bergamo.

Decisamente troppo poco per un calcio sempre più globale e competitivo. Attualmente, nel nostro Paese i ricavi provenienti dallo stadio sono sempre più esigui. Solo il 15% del fatturato del club proviene dalle attività connesse direttamente all’uso dello stadio, mentre in Inghilterra e Spagna la percentuale sale rispettivamente al 25% e 32%. A penalizzare i clubs italiani è, quindi, il forte divario in termini di incassi derivanti dalle gare, ed il conseguente minore impatto delle sponsorizzazioni e dei ricavi commerciali.

Ma uno stadio di proprietà non significa soltanto maggiori introiti derivanti dalla vendita dei biglietti per assistere alle partite di calcio. Sono davvero notevoli i vantaggi che uno stadio di proprietà può apportare al club. Dalla possibilità di sviluppare forme di ricavo alternative derivanti dall’offerta di servizi ulteriori all’interno dell’impianto quali catering, merchandising, eventi, museo del Club, tour dello stadio, attività di sponsoring, all’organizzazione di iniziative complementari volte alla valorizzazione degli spazi presenti nell’impianto (conference hall, fitness center, ristorazione, parcheggi), fino ad arrivare all’uso dello stadio per svolgere anche eventi sportivi afferenti ad altre discipline, o eventi extrasportivi (quali concerti, manifestazioni, raduni, fiere, etc.), tutte iniziative in grado di generare ulteriori e continuativi flussi finanziari per il club, con evidente impatto positivo sulle voci del conto economico della società.

E ancora, la trasformazione del portafoglio ticketing di un club, ha visto una crescente attenzione sull’offerta hospitality. Gli impianti sportivi ristrutturati o riammodernati, e ancor più quelli di recente costruzione, sono dotati di aree corporate, vip box, ristoranti e lounge bar. Gli introiti derivanti da questa categoria, facente parte del ramo matchday, sono aumentati notevolmente negli ultimi anni e costituiscono una parte di rilievo del ticketing revenue. L’obiettivo è quello di aumentare il valore del prodotto stadio, sfruttando l’impianto durante tutti i giorni della settimana, anche grazie alla presenza di zone business e vip box, che consentano di aumentare i ricavi generati dalla voce hospitality anche nei non matchday.

Considerato come benchmark europeo, il Tottenham Hotspur Stadium incassa 800.000 sterline a partita solo da questa voce, prevedendo un totale di 17,6 milioni di sterline per la stagione 2019/20 (20,5 milioni di euro).

Ma un nuovo stadio significa anche naming rights. Uno stadio di proprietà moderno ed attraente, attira aziende, spesso multinazionali, che chiedono di inserire il proprio brand nel nome dell’impianto, determinando una nuova fonte di guadagno per i club, che va ad aumentare, talvolta sensibilmente, l’apporto dei ricavi derivanti dal settore commerciale, specie nel lungo periodo. Si pensi alla recente offerta del colosso americano dell’ e-commerce Amazon, che ha messo sul piatto del club Tottenham ben 30 Milioni di sterline l’anno, per dieci anni, pur di veder scritto il proprio nome sul tetto del prestigiosissimo Hotspur Stadium di recente costruzione.

Stadi moderni e di qualità, potrebbero essere costruiti anche con volumi di spesa relativamente limitati, permettendo così anche ai Club più piccoli di poter offrire ai propri tifosi una struttura adeguata alle loro aspettative, che consenta al Club stesso di diversificare e implementare le fonti di ricavo economico-finanziario.

Eppure i clubs italiani, anche grandi, nonostante gli sforzi e le buone intenzioni, registrano ancora non poche difficoltà nel realizzare il sogno di dotarsi di uno stadio di proprietà moderno ed evoluto. Quali le ragioni? Lo abbiamo chiesto all’Avvocato Antonio Fabbricatore, titolare dello studio AFVision di Roma, esperto in materia di consulenza societaria e finanziaria e in pianificazione aziendale (nella foto in primo piano): «In Italia i clubs spesso incontrano difficoltà di carattere burocratico ed amministrativo sin dall’approccio al progetto di costruzione del nuovo stadio. Lo stadio è un’infrastruttura sportiva di rilievo pubblico, e quindi gli enti coinvolti nell’approvazione del progetto possono essere diversi e le procedure amministrative da attuare possono avere tempi più lunghi del previsto.  La legge sugli stadi, la n. 147 del 2013 poi corretta col Decreto Legge n. 50 del 24 aprile 2017, convertito con legge di conversione n. 96 del 2017, ha previsto un iter semplificato di autorizzazione per la costruzione e/o ristrutturazione di nuovi impianti sportivi, con l’obiettivo di dare tempi certi, ma all’atto pratico si è dimostrata poco efficace sotto questo profilo. Occorrerebbe ulteriormente facilitare l’iter delle procedure, ed attribuire alla Conferenza dei Servizi un peso decisorio effettivo. 

Ma probabilmente le difficoltà maggiori per i club rimangono quelle connesse al reperimento delle risorse finanziarie. Lo Stadio rimane un investimento significativo, e sul fronte finanziario i clubs potrebbero esplorare diverse possibilità, dalle partnership pubblico-private, alla erogazione di prestiti finanziamento da appaltatori, allo sfruttamento di un marketing creativo in grado di generare accordi commerciali a lungo termine, alla ricerca di investitori nel settore privato.

Ma soprattutto, ciò che risulta decisivo per la finanziabilità di uno stadio, come per altri progetti a vocazione commerciale, è la capacità dei proponenti di concepire lo stadio come un’entità finanziaria a sé stante, separata dal club calcistico o dalla federazione nazionale, programmata per raggiungere la sua autosufficienza economica sulla base di un preciso piano di fattibilità finanziaria che preindividui le fonti di supporto finanziario del progetto e le fonti di potenziali ricavi.

Il legislatore è intervenuto anche in tal senso, attraverso alcune previsioni normative volte ad incentivare la costruzione dello stadio di proprietà.

In particolare il comma 1 dell’art. 62 della citata legge del 2017, intervenendo sui contenuti dello studio di fattibilità previsto dall’art. 1, comma 304, lettera a), della legge 27 dicembre 2013, n. 147, ha disposto che lo studio di fattibilità può comprendere,  ai  fini  del raggiungimento  del  complessivo   equilibrio economico-finanziario dell’iniziativa o della valorizzazione  del  territorio  in  termini sociali, occupazionali ed economici, la costruzione di immobili  con destinazioni  d’uso  diverse  da  quella  sportiva,  complementari  o funzionali  al  finanziamento  o   alla   fruibilita’   dell’impianto sportivo, con esclusione della realizzazione di  nuovi  complessi  di edilizia  residenziale.

In caso di interventi da realizzare su aree di proprietà pubblica o su impianti pubblici esistenti, lo studio di fattibilità deve contemplare, per il raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell’iniziativa, la cessione del diritto di superficie o del diritto di usufrutto delle aree di proprietà pubblica o degli impianti pubblici esistenti su cui verte l’intervento.

In Italia, la privatizzazione degli stadi, dunque, potrebbe rappresentare una grande opportunità di rilancio economico, e, nella costruzione e gestione di un nuovo concept di stadio – business, l’ascesa del modello privatistico potrebbe rappresentare la miglior sintesi tra cultura sportiva e cultura d’impresa, massimizzando il potenziale degli impianti.

Lo Stadio del futuro deve essere concepito non come un costo ma come un generatore di ricavi, deve essere inteso non solo come il teatro del calcio, ma come struttura polivalente in grado di adattarsi facilmente ad una pluralità di eventi anche di natura extra sportiva, offerti al pubblico sette giorni su sette, e non solo nel fine settimana; lo Stadio del domani deve essere non solo la casa del club, ma un incubatore di progetti ed iniziative, volte a sfruttare al meglio le potenzialità commerciali di un luogo che per sua stessa vocazione attira masse festose di persone; deve essere progettato secondo i più moderni standards tecnologici, poiché lo spettatore che si reca allo Stadio si aspetta di vivere un’esperienza sensazionale ed indimenticabile, ed inoltre perché la capacità di offrire soluzioni tecnologiche e digitali renderà sempre più appetibili le proposte e le offerte commerciali presenti nello Stadio.

Deve essere facilmente accessibile e sicuro, ed a ridotto impatto ambientale, cioè in grado armonizzarsi con l’area circostante, valorizzando e riqualificando i quartieri cittadini coinvolti.

Ma soprattutto deve perseguire il perfetto equilibrio tra obiettivi sportivi e commerciali, e sostenibilità finanziaria.

Oggi più che mai lo Stadio di proprietà rappresenta una necessità non più differibile per i clubs, che potrebbero contare su flussi di ricavi ulteriori e continuativi, ampliando i propri margini di operatività, spesso insufficienti.

 E peraltro, oltre ai noti vantaggi sul piano finanziario derivanti dal significativo incremento dei ricavi, lo stadio di proprietà contribuirebbe in maniera rilevante al consolidamento del patrimonio del Club che, attraverso un investimento di carattere immobiliare, avrebbe la possibilità di annoverare nel proprio attivo patrimoniale un asset in grado di aumentare sensibilmente il valore economico patrimoniale della Società.

Non solo, la presenza di uno stadio di proprietà, moderno e multifunzionale, arrecherebbe vantaggi importanti anche in termini di crescita del brand value e dell’immagine del Club, grazie ad una location avveniristica e prestigiosa in grado di influenzare positivamente l’appeal del club attirando investimenti anche internazionali.

 

 

 

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