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Rimettete l’azzurro Jamel Chatbi sull’aereo per Rio

(di Gianni Bondini)* – Combattere il doping è cosa “santa e giusta”. L’autolesionismo è consentito solo ai masochisti. Perché ce la prendiamo così calda (o meglio, accaldata)? Per la
ragione che il Tar del Lazio (prima sezione, incaricata nel periodo feriale) ha “sospeso la sospensione” dell’atleta marocchino “italianizzato”, Jamel Chatbi, permettendogli d’imbarcarsi in aereo (Alitalia o di Stato) per andare a Rio a gareggiare (dopodomani) alla gara sui 3 mila siepi.
E, allora, direte voi, che avete la sventura di leggerci? Allora, cari amici, il Comitato Internazionale Olimpico (padrone dei Giochi) se ne frega del Tribunale Amministrativo italiano. Il Cio è fermo alla
sospensione dall’attività” a carico di Chatbi decisa dal Tribunale antidoping, su richiesta della Procura, anch’essa del doping.

Allora Chatbi è un sospetto dopato? Neanche per idea, o comunque non in questa vicenda. Il marocchino in maglia azzurra è soltanto uno dei parecchi ( e sono quantomeno degli imbecilli) che lasciano un indirizzo all’antidoping e poi vanno a dormire altrove. Così i controlli saltano.
Quindi è il caso di far saltare le Olimpiadi a Chatbi? Ci sembra un’enormità, anche perché (direbbe lo studio legale Lubrano che difende l’atleta) “la sospensione non è una sanzione ma un
provvedimento preliminare”. Che, poi, si debba rivoltare come un calzino Jamel Chatbi , è
pressoché scontato. Per capire se è un “dopato”, un “dopabile” o un incosciente. Ma dopo Rio de Janeiro.

Questa vicenda, e siamo convinti che il presidente del Coni (Giovanni Malagò) sotto sotto sia d’accordo con noi, ci deve convincere che “amministrare la giustizia (di qualsiasi tipo) è cosa troppo seria” per lasciarla amministrare a dei “giudici domestici”, cioè di nomina sportiva.
E, allora, chiederete? Allora è molto semplice: la giustizia dello sport al giudice ordinario. Il doping, e il contorno, sono reati e non solo violazioni sportive (Legge del 2000). Perciò l’antidoping, armi e
bagagli, passi ai Ministeri della Salute e della Giustizia. Ma la burocrazia statale è lenta, lo sport corre? Matteo Renzi, a voce, vorrebbe rottamare lo Stato che non va, lo faccia facendo filare una giustizia diventata ingiusta. E, per favore, ai giudici sportivi che si sentissero feriti nell’orgoglio (sic), per lo scippo eventuale dell’antidoping, rispondete come farebbe il principe de Curtis, l’indimenticabile Totò, fregandosene della sgrammaticata cacofonia: “Ma mi faccia il piacere”.

Un piacere che Chatbi, invece, può farci poi: torni da Rio con una medaglia, che gli si può togliere
tranquillamente, qualora fosse un dopato e non un “senza fissa dimora”.

  • giornalista romano specializzato in tematiche di politica sportiva
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