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La Serie A attende il “regalo di Natale” per evitare il crac

(di Marcel Andrè Vulpis) – Dopo il Black Friday è tempo di regali di Natale. A sognarli, in trepidante attesa, è il sistema calcio visto nel suo complesso, anche se la maxi rata da 800 milioni di euro (riguarda contributi previdenziali, Iva e Irpef), da pagare al fisco, interessa e coinvolge, per quasi 2/3, solo i 20 club di Serie A, poi a seguire tutto il resto del plotone. Come spesso accade la verità è da cercare nel mezzo. L’industria del pallone tricolore, già da diversi anni, era fortemente indebitata. La pandemia ha solo peggiorato questa situazione mettendo a nudo tutte le fragilità dell’intera filiera. C’è poi un problema di sostenibilità, di cui tutti si riempono la bocca (per ragioni mediatiche), senza però mai proporre una soluzione concreta.

E infatti, a pochi giorni dal Natale, tutti, politica nazionale inclusa, stanno provando a correre ai ripari. Durante la pandemia la politica ha chiesto al calcio (fortemente indebitato) di continuare a giocare, perché lo show doveva andare avanti, sempre e comunque, ma soprattutto bisognava “intrattenere”, in qualche modo, un’intera nazione bloccata a casa forzatamente.

Ma così facendo i costi sono aumentati in misura esponenziale (si pensi solo ai milioni di euro spesi, dalle migliaia di società di calcio, per i tamponi da fare regolarmente a tutti i calciatori e ai membri del gruppo squadra), mentre i ricavi, per forza di cose, si sono contratti di fronte all’eccezionalità dell’evento.

Nella realtà non c’era un piano “B”, perché se il calcio si fosse fermato oggi si parlerebbe solo di fallimenti e non di debiti (seppure molto pesanti) da pagare.

Il presidente della FIGC, Gabriele Gravina, è stato tra gli artefici di questa fase di transizione andando anche contro alcuni, che, inizialmente, avevano chiesto di bloccare tutto (per contenere i costi). Ora lo Stato non vuole più attendere e richiede al sistema calcio circa 800 milioni di euro, che altro non sono che pagamenti Iva, Irpef o contributi previdenziali ancora non versati. Inizialmente la data era fissata per il 16 dicembre, poi è slittata fino al 22. Una mossa politica per guadagnare tempo e trovare sponde politiche (bipartisan) nel Parlamento, più magnanimo (forse anche per ragioni meramente territoriali) rispetto al Governo e al ministro dello Sport, Andrea Abodi, manager navigato, ma anche uomo di sport e calcio (è stato presidente della Lega Serie B per oltre 7 anni) e molto attento ai temi dell’etica.

La posizione del Ministro dello Sport

Per Abodi lo sport è una industria e come tutti i comparti economici deve seguire determinate regole di trasparenza. Per alcuni parlamentari (la posizione è bipartisan), invece, bisogna aiutare a prescindere il calcio, perché la pandemia ha messo in ginocchio l’intero sistema e se non si dovesse arrivare alla raetizzazione (per un totale di 60 rate), soprattutto la Serie A non supererebbe indenne la stagione in corso. Questo “regalo di Natale”, risolverebbe un’ulteriore questione: ovvero le sanzioni amministrative e penali previste per gli amministratori, che, secondo le leggi del nostro Paese, non hanno versato determinati importi minimi (a seconda della tipologia di imposta), compresi tra i 150 mila e i 300 mila euro.

Molti addetti ai lavori hanno parlato di scudo fiscale e penale applicato al calcio, ma è anche vero che questi debiti, nei confronti del Fisco, non sono stati mai nascosti. Tutto è stato fatto alla luce del sole e c’è da ricordare che, per quanto sia corretto equiparare l’industria del calcio a quella manifatturiera, è altrettanto vero che quando si parla di imprese-calcio ci si trova di fronte a realtà aziendali “atipiche”.

Il calciatore-tipo, ancora oggi, è assoggettato alle norme dei dipendenti, ma è anche l’unico settore dove il dipendente/calciatore spesso guadagna più dei manager o anche dello stesso presidente (se quest’ultimo non coincide, come figura, con quella del patron). Segno dei tempi attuali e della difficoltà nel modificare norme ormai obsolete. Se già si arrivasse a trasformare i calciatori in lavoratori autonomi ci sarebbero dei benefici diretti a livello di contabilità e si potrebbe iniziare, concretamente, a parlare di “industria” nel senso letterale del termine.

 Il pensiero (ora d’opposizione) di Renzi

Sul tema in oggetto è intervenuto, lunedì scorso, durante l’8a Assemblea Nazionale di Italia Viva, Matteo Renzi (nel doppio ruolo di parlamentare di opposizione e di fondatore del partito): “Trovo scandaloso che in una manovra che aumenta il costo della benzina e delle sigarette, i soldi vengano dati alle squadre di calcio di Serie A, perché hanno problemi di bilancio” ha tuonato il politico toscano dal palco di Milano, dove, parallelamente, operava un primo strappo nei confronti degli “alleati” di Azione. “Per me è uno scandalo assoluto. Capisco che il calcio porta voti. Capisco che molti editori possiedono una squadra di calcio (il riferimento era, soprattutto, a Berlusconi e Cairo, nda). Ma dare i soldi alle squadre di Serie A è una vergogna assoluta. Quei soldi diamoli piuttosto alle società che fanno sport con i giovani. Diamoli ai volontari, diamoli alla cultura, non alle squadre di Serie A”.

Un intervento che non è stato molto apprezzato dal mondo del pallone. Molti infatti hanno ricordato, come, ai tempi in cui era premier, invece, era favorevole agli investimenti sulle infrastrutture (a partire dagli stadi di calcio).

Soprattutto sul profilo ufficiale di Twitter sono arrivati i primi commenti, chiaramente negativi, di chi gli ricordava il suo interessamento, in accordo con la politica toscana, per l’Artemio Franchi di Firenze. Un’operazione di restyling, ufficializzata nella primavera del 2021, quando il Mibac (ministero della Cultura) aveva deciso di ristrutturare l’impianto di Firenze (dove gioca attualmente la Viola) con i soldi del Pnrr, dopo essere stato inserito, a sorpresa, nel “Piano strategico grandi attrattori culturali”.

Soldi pubblici (per un totale di 95 milioni di euro), secondo i detrattori di Matteo Renzi e del sindaco Dario Nardella, che potevano essere investiti sulle palestre scolastiche (attraverso il progetto “Sport e Periferie” coordinato da “Sport e Salute”), ancora più disastrate dello stesso Franchi.

 

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Marcel Andre Vulpis

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