La Federsupporter interviene sulle norme UEFA di ammissione delle società alle competizioni europee

Norme applicabili e che vanno applicate ad ogni fattispecie
concreta che presenti gli stessi caratteri contemplati astrattamente dalle
norme stesse.

Quanto, poi, all’applicazione di queste ultime, nel ribadire le
osservazioni già formulate in proposito nelle mie note del 4 giugno scorso,
preciso che le suddette norme – astratte- vanno applicate, di volta in volta,
al caso concreto e che i precedenti, sebbene utili quali elementi di
riferimento, tuttavia, vanno sempre presi con prudenza e cautela, poiché casi,
pur analoghi o che lo sembrano, possono presentare diversità e difformità l’uno
dall’altro, dovendosi anche tenere conto della sopravvenienza di norme.

Allo scopo, infine, di evitare qualsiasi “ impressione
meramente soggettiva
”, ma volendo rispettare il “ dovere di informazione
nei confronti dei nostri soci e, più in generale, dell’opinione pubblica, mi
limiterò a riportare di seguito, con alcuni chiarimenti di carattere
tecnico-giuridico, alcune disposizioni di fonte UEFA, FIGC e CONI che
potrebbero interessare sia l’iscrizione di società italiane alle competizioni
UEFA sia la responsabilità di tali società.

 

1.           
Ammissione di società italiane a competizioni
UEFA.

 

La normativa UEFA, ai fini dell’ammissione in oggetto, prevede,
tra l’altro, che il club non sia stato coinvolto, né direttamente né indirettamente,
in combine.

Più precisamente, l’art. 50, comma 3, dello Statuto UEFA
recita : “The admission to a UEFA competition of a member Association or
club directly or indirectly involved in any activity aimed at arranging or
influencing the outcome of a match at national or international level can be
refused with immediate effect, without prejudice to any possibile disciplinary
measures”.

 

 

La traduzione italiana più aderente alla suddetta disposizione
può essere la seguente “L’ammissione di una Federazione o di un club,
direttamente o indirettamente, coinvolto in attività che tentino di 
prestabilire o influenzare il risultato di una partita nazionale o
internazionale può essere rifiutata con effetto immediato, senza precludere
altre eventuali misure disciplinari”.

Tale norma generale è stata introdotta nei regolamenti della
UEFA Champions League e della UEFA Europe League, i cui artt. 2.05, 2.08 e 2.09
(traduzione italiana) stabiliscono: “Se, in base a tutte le circostanze di
fatto e alle informazioni disponibili, la UEFA conclude che un club è stato
coinvolto, direttamente o indirettamente, dopo l’entrata in vigore
dell’articolo 50 degli Statuti UEFA (27 aprile 2007) in attività che tentino di
prestabilire o influenzare il risultato di una partita, nazionale o
internazionale, la UEFA dichiarerà tale club non idoneo a partecipare alla
competizione. La non idoneità è valida solo per una stagione calcistica. Per
quanto riguarda il verdetto, la UEFA può affidarsi (ma non è vincolata) alla
decisione di un Organo Sportivo nazionale o internazionale, di un tribunale
arbitrale o di  un tribunale di stato ha già avuto l’effetto di impedire
al club di partecipare a una competizione UEFA. Oltre alla sanzione
amministrativa, ovvero la dichiarazione di non idoneità di un club come
previsto dal paragrafo 2.05, gli organi giudiziari UEFA possono, se le
circostanze lo giustificano, adottare altre misure come previsto dai
regolamenti disciplinari UEFA”.

L’art. 12, comma 1 delle UEFA Disciplinary Regulations,
Edizione 2013
, corrispondenti, in ambito UEFA, al Codice di Giustizia
Sportiva (CGS) in ambito FIGC, sancisce che “All persons bound by UEFA’S
rules and regulations must refrain from any behaviour that damages or could
damage the integrity of matches and competition and must cooperate fully with
UEFA at all times in it’s efforts to combat such behaviour”.

La traduzione italiana più aderente alla suddetta norma è la
seguente: “Tutte le persone vincolate alle regole e alle norme della UEFA
devono astenersi da comportamenti che danneggiano o possano danneggiare
l’integrità delle partite o delle competizioni. Inoltre, tutti devono
collaborare totalmente con la UEFA per prevenire tali comportamenti”.

Sempre l’art. 12, comma 2, lettera d, prevede che la
regolarità delle gare si intende violata, per esempio, da chiunque “who does
not immediately and voluntarily inform UEFA if approached in connection with
activities aimed at influencing in a unlawful or undue manner the course and/or
result of a match or competition”.

La traduzione italiana più aderente alla suddetta norma è la
seguente: “Chiunque non informi immediatamente e volontariamente la UEFA se
contattato in relazione ad attività rivolta a influenzare in maniera illecita o
indebita lo svolgimento e/o i risultati di una partita o di una competizione”.

Tutto ciò premesso, i principali problemi interpretativi che, a
mio avviso, si possono porre sono : la portata dell’avverbio indirettamente
in relazione all’uso del verbo “ coinvolto”, nonché la portata
dell’espressione “ combine”.

Circa la prima questione ( portata dell’avverbio “ indirettamente
in relazione all’uso del verbo “ coinvolto”), mi sembra di poter dire
che un coinvolgimento indiretto possa essere rappresentato dal caso di
responsabilità oggettiva della società, così come disciplinata dal CGS della
FIGC.

Stabilisce, infatti, l’art. 4 , comma 2, del suddetto CGS che
Le società rispondono oggettivamente, ai fini disciplinari, dell’operato
dei dirigenti, dei tesserati e dei soggetti di cui all’art. 1, comma 5 ( i soci
e non soci cui è riconducibile, direttamente o indirettamente, il controllo
delle società stesse, nonché coloro che svolgono qualsiasi attività all’interno
o nell’interesse di una società o comunque rilevante per l’ordinamento federale
)”.

Circa la portata dell’espressione “ combine”, mentre è
indubbio che essa riguarda l’illecito sportivo, come definito dall’art. 7,
comma 1, del CGS della FIGC
( “ Il compimento, con qualsiasi mezzo, di
atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una
competizione ovvero ad

 

assicurare a chiunque un vantaggio in classifica”), può
essere incerto se essa comprenda anche l’omessa denuncia di tale illecito, così
come definita  e sanzionata ai successivi commi 7 e 8 ( “ I soggetti di
cui all’art. 1, commi 1 e 5, che comunque abbiano avuto rapporti con società o
persone che abbiano posto o stiano per porre in essere taluno degli atti
indicati ai commi precedenti ovvero che siano venuti a conoscenza in qualunque
modo che società o persone abbiano posto o stiano per porre in essere taluno di
detti atti, hanno l’obbligo di informarne, senza indugio, la Procura federale
della FIGC. Il mancato adempimento dell’obbligo di cui al comma 7 comporta per
i soggetti di cui all’art.1, commi 1 e 5, la sanzione dell’inibizione o della
squalifica non inferiore a sei mesi e dell’ammenda non inferiore ad euro 
30.000”).

Laddove, se è pur vero che le fattispecie di illecito sportivo e
di omessa denuncia di quest’ultimo sono disciplinate e sanzionate nel CGS della
FIGC in maniera autonoma e diversa, è altrettanto vero però, che entrambe
implicano un coinvolgimento, indiretto nel caso dell’omessa denuncia, in una
combine, tenuto conto, a quest’ultimo proposito, come rilevato in Premessa, che
nel linguaggio inglese adottato dalla UEFA al coinvolgimento anche indiretto
nella combine potrebbe essere attribuito un significato non strettamente
limitato al compimento o al tentativo di compimento di un illecito sportivo.

D’altronde, non v’è dubbio che, come si è visto, l’art. 12,
comma 2, lettera d, delle UEFA Disciplinary Regulations contempla e sanziona
anch’esso  la fattispecie di omessa denuncia, così come contemplata e
sanzionata all’art. 7, commi 7 e 8 , del CGS della FIGC.

Aggiungasi, per completezza, che, almeno a mio avviso, l’omessa
denuncia di un illecito o di un tentativo di illecito di cui si sia venuti a
conoscenza prima dell’evento sportivo potrebbe far qualificare, ai fini 
del coinvolgimento in una combine, tale omissione come un concorso omissivo
nell’illecito o nel tentativo di illecito stessi.

Quanto a possibili precedenti, molti organi di informazione
ricordano che il Torino è stato ammesso alla Coppa Uefa dello corso anno,
avendo sostenuto che il patteggiamento in sede sportiva non aveva efficacia di
riconoscimento del fatto che l’incolpato, proprio tesserato, avesse commesso
l’illecito.

Secondo il Codice della Giustizia Sportiva del CONI, entrato in
vigore il 12 giugno 2014, cui ciascuna Federazione deve provvedere a
conformare i rispettivi Statuti e Regolamenti di giustizia in tempo utile per
l’inizio della prima stagione sportiva successiva alla suddetta data, mentre
esclude la possibilità di ricorrere al patteggiamento per i casi di recidiva e
di illecito sportivo ( art. 28, comma 4 e art. 48, comma 3), 
stabilisce che “ La sentenza irrevocabile di applicazione della pena su
richiesta delle parti
( patteggiamento ndr) ha la stessa efficacia di
giudicato nel giudizio disciplinare davanti agli organi di giustizia sportiva
della sentenza penale irrevocabile di condanna quanto all’accertamento della
sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e dell’affermazione che
l’imputato lo ha commesso “
( art. 39, commi 1 e 2 ).

Aggiungasi che,  ai sensi dell’art. 445, comma 1 bis,
ultimo periodo, CPP “ Salve diverse disposizioni di legge, la sentenza ( di
applicazione della pena su richiesta, alias patteggiamento, ndr) è
equiparata ad una pronuncia di condanna”.

Viene allora da chiedersi, se è vero, come è vero, che il Codice
della Giustizia Sportiva del CONI attribuisce dal 12 giugno 2014 al
patteggiamento in sede penale efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare
sportivo quanto all’accertamento del fatto ed alla responsabilità di chi lo ha
commesso, se sia ancora sostenibile che il patteggiamento in sede sportiva possa
essere ritenuto come non implicitamente ammissivo della commissione
dell’illecito e se l’UEFA, in sede di ammissione del Torino alla competizione
europea, abbia valutato oppure no la soprarichiamata norma del Codice di
Giustizia Sportiva del CONI.

 

 

 

2.Responsabilità delle società

 

Le società, oltre a rispondere oggettivamente, ai fini
disciplinari, dell’operato dei dirigenti, dei tesserati, di soci e non soci cui
è riconducibile, direttamente o indirettamente, il controllo delle società
stesse, nonché di coloro che svolgono qualsiasi attività al loro interno o nel
loro interesse o comunque rilevante nell’ordinamento federale (art.4, comma
2, del CGS della FIGC
), rispondono “ direttamente dell’operato di chi le
rappresenta, anche per singole questioni, ai sensi delle norme federali” (
art.
4, comma 1
).

In altre parole, la società risponde, in prima persona,
dell’operato di chi ne ha la rappresentanza ai fini federali.

La responsabilità diretta, come è intuibile, è ben più grave e
pesante di quella oggettiva.

L’art. 1, comma 1, del predetto CGS prevede
che “ Le società, i dirigenti, gli atleti, i tecnici, gli ufficiali di gara
e ogni altro soggetto che svolge
attività di carattere agonistico,
tecnico organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento
federale, sono tenuti all’osservanza delle norme e degli atti federali e devono
comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni
rapporto comunque riferibile all’attività sportiva”.

Il successivo comma 6 prevede che “In caso di
violazione degli obblighi previsti dal comma 1 si applicano le sanzioni di cui
alle lettere a), b), c), g) della’art 18, comma 1,  e quelle di cui alle
lettere  a), b), c), d), f), g) h) dell’art 19, comma 1”.

Le sanzioni di cui all’art. 18, comma 1, a carico delle
società, lettere a, b, c, e g, consistono: nell’ammonizione,
nell’ammenda, nell’ammenda  con diffida, nella penalizzazione di uno o più
punti in classifica, da scontare nella stagione sportiva in corso e, se
inefficace, in tutto o in parte, nella stagione successiva.

Le sanzioni  di cui all’art. 19, comma 1, a carico
di dirigenti e tesserati, alle lettere a, b, c,d, f, g, h, consistono :
nell’ammonizione, nell’ammonizione con diffida, nell’ammenda, nell’ammenda con
diffida, nella squalifica a tempo determinato, nel divieto di accedere agli
impianti sportivi, nell’inibizione temporanea a svolgere ogni attività in seno
alla FIGC, con eventuale richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, a
ricoprire cariche federali e a rappresentare le società nell’ambito federale.

L’art. 16, comma 1, del CGS della FIGC prevede
che “ Gli organi della giustizia sportiva stabiliscono la specie e la misura
delle sanzioni disciplinari, tenendo conto della natura e della gravità dei
fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti, nonchè
l’eventuale recidiva”.

Quest’ultima, ai sensi del successivo art. 21, commi 1 e 2
,  consiste, per le società, i dirigenti, i tesserati, nonché per tutti i
soggetti di cui all’art. 1, comma 5, nell’aver “  subito una sanzione
per fatti della stessa natura nella medesima stagione sportiva. La condanna ad
una delle sanzioni previste dalle lettere d,e,f,g,h,,i,l,m,dell’art. 18, comma
1, è valutata ai fini della recidiva, anche per le infrazioni commesse nella
stagione sportiva successiva”.

Nel caso di recidiva, “E’ applicato un aumento della pena
determinato secondo la gravità del fatto e la reiterazione delle infrazioni “ (

art. 21, comma 1).

Non solo, ma come già detto, la recidiva comporta
l’impossibilità di ricorrere al patteggiamento.

 

 

Avv. Massimo Rossetti (FEDERSUPPORTER)

 

 

 

Ammissione
di società di calcio italiane alle competizioni UEFA. Responsabilità delle
società.

 

( Avv.
Massimo Rossetti, Responsabile dell’Area Giuridico-Legale )

                                                                                                         

 

Premessa.

 

Le norme UEFA sono redatte in lingua inglese, quale lingua
ufficiale della stessa UEFA ( le altre lingue ufficiali sono il francese ed il
tedesco).

Ne consegue che non sempre la loro trasposizione nella lingua
italiana risulta o può risultare del tutto aderente, in specie dal punto di
vista tecnico-giuridico, all’espressione inglese..

Le norme UEFA, inoltre, sono essenzialmente coerenti con un
sistema di common law; vale a dire funzionali ad un diritto
giurisprudenziale, per cui sono i giudici, pronunciandosi, a creare il diritto.

Da qui il fatto che le norme UEFA sono, per lo più, norme di
principio, adattabili e che vanno adattate ad ogni singolo caso concreto.

Le norme CONI e FIGC, invece, sono coerenti con un sistema di civil
law;
vale a dire appartenenti ad uno specifico corpus normativo codificato
in astratto ed in via generale.

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