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Il caso Elezioni FIGC e la sindrome del Palio di Siena

(di Marcel Vulpis) – C’è una bellissima “metafora” sportiva che pochi conoscono. Si chiama la “sindrome del Palio di Siena“. La spiego nel concreto: i diversi fantini sono più orientati a far perdere l’avversario dell’altra contrada che a restare concentrati sulla propria condotta di gara. Alcuni si presentano alla corda con l’unico fine di annullare l’avversario, perdendo quindi l’opportunità di vincere, perché è strategico solo fermare la contrada “nemica” di turno. Questa, in sintesi, è la cosiddetta sindrome del Palio di Siena ed è quello che avvenuto ieri a Fiumicino.

Ieri, nel corso dell’assemblea elettiva della FIGC, ho visto il “bianco“, anzi le schede bianche, così come ho visto il “nero“, per non dire la profondità dell’oscurità. Ho toccato e compreso il senso del nulla, più che il buon senso, virtù ormai scomparsa nel nostro Paese. Sono stato testimone di una delle pagine più brutte del calcio, come giornalista e direttore di questa agenzia. Non bisognava arrivare a tre candidature e, invece, in tre si sono seduti sul palco dell’assemblea della Federcalcio. Non bisognava arrivare al terzo scrutinio e, invece, siamo arrivati al ballottaggio, che poi ballottaggio non è stato, nell’accezione classica del termine. Ad un certo punto, infatti, Cosimo Sibilia, insieme a Damiano Tommasi (già eliminato al terzo scrutinio), ha ritenuto fosse più giusto far votare scheda bianca ai proprio delegati. Non per portare avanti un’idea di governo della macchina federale, ma far perdere, a prescindere, chi avrebbe potuto vincere: ovvero Gabriele Gravina, fermatosi ieri poco oltre il 39%. Ma, alla fine, a perdere è stato tutto il movimento, che, oggi, subisce l’umiliazione (dopo quella in campo per mano della Svezia) del commissariamento (verrà deciso in giunta CONI giovedì prossimo).

Si poteva evitare? Certo che sì. Sia Sibilia che Tommasi sono rimasti ancorati ai loro rispettivi pesi percentuali; entrambi non hanno sfondato in altri mondi (Leghe, ecc.). L’unico che è riuscito ad aggregare, partendo dal valore percentuale più basso (17%) è stato proprio Gravina. Qualcuno, forse più di uno, ha giocato solo a perdere o far perdere l’avversario di turno.

Quando ero ragazzo e giocavo a calcio a villa Pamphili, d’estate il piacere della partita era determinato dalla sorte degli avversari che incontravo di volta in volta. Mi spiego meglio. Spesso le partite non finivano per la bravura dell’altro, ma per la prepotenza dell’avversario stesso. Chi portava il pallone da casa, se intuiva di poter perdere, prendeva il pallone e se ne andava, senza dare spiegazioni ulteriori. E così finiva la partita, tra lo stupore dei miei compagni, oltre che la mia. Sono passati 40 anni, non siamo più a Villa Pamphili, non ho di fronte ragazzi con i calzettoni corti, ma dirigenti in giacca e cravatta, ma il film è lo stesso: due candidati si sono ritirati per non far vincere Gravina, perché si era capito che avrebbe potuto vincere. E’ giusto comportarsi così? Tra ragazzi forse, tra uomini proprio no. Eppure secondo me questo è successo ieri e, quindi, è giusto che adesso si arrivi al commissariamento.

Gravina, però, merita rispetto, non ha mai alzato i toni (come talvolta è successo durante l’intervento di Sibilia), ha dialogato con tutti, ha provato a fare sintesi con gli altri due candidati, ma se gli altri alzano i muri, invece di dialogare, la colpa è di Gravina? Ogni tanto in questo Paese qualcuno dovrebbe farsi un serio esame di coscienza e darsi anche una risposta. Ricordo, tra l’altro, che Cosimo Sibilia, da questa mattina, è candidato al Senato per Forza Italia in Campania nel suo territorio. Ma come avrebbe potuto svolgere il suo ruolo di eventuale presidente, se fino al 4 marzo l’avremmo trovato impegnato in una estenuante campagna elettorale? E’ normale anche questo? Direi di no. Ma stanno tutti zitti, perché tanto tutti sanno, tutti criticano, ma nessuno parla o scrive. Noi sì.

Serve un presidente “terzo” (non politico di professione), un professionista, un uomo capace di fare sintesi, che lavori alla crescita della Federazione a pieno regime in termini di impegno lavorativo e non “colorato” a livello politico. Speriamo di trovarlo con queste caratteristiche, in occasione della prossima assemblea elettiva FIGC (quando decideranno di organizzarla).

I pesi delle diverse componenti in seno alla FIGC

 

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Marcel Vulpis

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