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Esclusiva: Paolo Marcheschi: Non chiudo la Lega Pro, anzi rilancio il sistema

(di Marcel Vulpis) – Domani, alle 14.30, si disputerà un’assemblea “storica” per la Lega Pro, che riunisce 54 società di calcio, ovvero quello che rimane di un movimento, che aveva sfiorato, fino a 10 anni fa, la cifra record di 100 club. Adesso appare decimata dai fallimenti e dal calcioscommesse.

La Lega Pro prova a ripartire mettendo in gara tre diversi candidati, per idee, storie e programmi: Gabriele Gravina, dirigente storico della Lega Pro, Lello Pagnozzi, riemerso dopo la sconfitta cocente nel 2013 per la presidenza CONI, conquistata poi dal rivale Giovanni Malagò, e il giovane sub-commissario fiorentino Paolo Marcheschi, uscito allo scoperto in queste ultime settimane, con il patron della Lucchese calcio (e non solo) nelle vesti di “mentore”.

Marcheschi può essere considerato l’outsider che non ti aspetti, anche se, per alcuni addetti ai lavori, è l’unico che può mettere, nuovamente, in linea di galleggiamento la terza lega professionistica italiana. Una lega che pesa per il 17% quando si vota per eleggere il presidente della FIGC. Fino ad oggi questo tesoretto di voti era il “buen ritiro” di Carlo Tavecchio, che sommando la “sua” LND (34%), già così poteva fregiarsi del titolo di numero uno della FIGC.

Se dovesse vincere Marcheschi, questa golden share verrebbe a mancare e il n.1 lombardo rischierebbe in molte votazioni federali di andare sotto.

Ecco perché sul fronte “tavecchiano” si affidano all’esperienza di Pagnozzi e al possibile trasferimento di voti di Gravina sull’ex segretario CONI, dopo la prima votazione (nel caso in cui arrivasse terzo). Marcheschi è un politico navigato (per due volte consigliere regionale di opposizione in Toscana per Fratelli d’Italia, ma capace di trovare una sintesi politica sul territorio con gli uomini di Renzi). Una dote, quest’ultima, che nessuno degli altri due candidati può vantare. E in questa fase storica del Paese essere vicini al “sole” è un punto di forza di non poco valore. In più Marcheschi non vuole “chiudere” la Lega, anzi è pronto per un deciso rilancio. Pagnozzi, più vicino alle posizioni lotitiane, sarebbe al massimo un “liquidatore” di un sistema calcistico, che, indubbiamente, così come è organizzato, non ha più ragione di esistere. Su questo, però, Marcheschi ha una sua teoria, che abbiamo cercato di approfondire, perché si presenta come l’uomo “nuovo” del calcio tricolore.

D: In un suo tweet parla di calcio come “malato terminale”, che non può essere curato con una semplice aspirina. Lei, nello specifico, cosa propone?

R: Di iniettare nel sistema una massiccia dose da cavallo, E’ l’unica soluzione per ripartire, altrimenti si chiude.

D: Alcuni operatori sottolineano che possa essere l’ultima assemblea di Lega.

R: Per alcuni certamente. Io la penso in modo diverso.

D: Si spieghi meglio.

R: Il calcio italiano, nel suo complesso,, sta rotolando da tempo verso una china pericolosa. Troppo ingombrante la presenza e il peso dei diritti tv. La stessa serie A, se non avesse questo tesoretto da oltre un miliardo di euro, oggi sarebbe vicina alla chiusura. Ricavi commerciali asfittici e l’assenza di stadi confortevoli una costante di tutte le leghe professionistiche, pur in considerazione delle dimensioni diverse di questi tre mondi.

D: Come commenta la dichiarazione di Pagnozzi sul “tesoretto” da 10 milioni di euro fermo nelle casse CONI da tempo?

R: Le promesse dell’ultimo minuto lasciano il tempo che trovano. Chi le dice non è credibile, perché tre anni fa è stato lo stesso personaggio a chiudere quelle risorse e a non renderle disponibili, pur avendone la possibilità.

R: Lei invece cosa promette?

D: Nel breve periodo intendo cercare, nelle pieghe di bilancio della Lega Pro, una serie di risorse (fondi accantonati e non usati, ndr) che possono essere messe in circolo per far ripartire la macchina organizzativa. Non cifre incredibili, ma nell’area di 2-3 milioni di euro.

Quanto al discorso dei 10 milioni di euro fermi nelle casse CONI, è vero esistono. Sono risorse già disponibili per quelle squadre che vogliono utilizzare una serie di sgravi, con un massimo di 2.500 euro a contratto per giocatore. Purtroppo, al momento, è difficile attingere a questo fondo previsto dalla legge Melandri, tant’è che solo il 10 per cento delle nostre squadre chiede annualmente questo denaro al CONI. Le procedure di assegnazione e distribuzione di queste somme sono talmente complicate che solo una piccola parte del nostro movimento riesce a portarle a casa.

D: Cosa propone?

R: Modificare la legge Melandri e rendere più flessibile questa procedura, puntando su un’autonomia piena nella gestione delle risorse economiche da parte dei vertici della Lega Pro. Non possiamo ogni volta chiedere i soldi alla serie A. E’ totalmente sbagliato.

D: Se vincerà, quindi, è pronto a fare battaglia?

R: Sì, certo. A livello legislativo ma non solo. CONI e Lega serie A devono capire che questa nostra realtà può ripartire solo con una nuova credibilità/dignitià di sistema. Ma dobbiamo avere le mani libere per poter operare in totale autonomia. Parallelamente dobbiamo rilanciare l’identità e il valore del nostro movimento, sfruttando, al massimo, i collegamenti con il territorio e con gli enti locali.

D: Beretta, Abodi, Lotito. Tre personaggi del mondo del calcio italiano, tre modi diversi di intendere la gestione manageriale del sistema football. Lei a chi si avvicina di più come stile e “modus operandi”?

R: Sicuramente Andrea Abodi.

D: Perché?

R: Per un motivo molto semplice. E’ l’unico dei tre che ho avuto modo e piacere di conoscere in misura più approfondita. Con gli altri due, ad oggi, non ho avuto ancora rapporti.

D: Cosa pensa della telefonata Lotito-Iodice (Ischia calcio) finita su tutti i giornali alcuni mesi fa?

R: Quello che ha spiegato Claudio Lotito in quella telefonata è il suo pensiero rispetto al mondo della Lega Pro. Il presidente biancoceleste non crede nello sviluppo della nostra piattaforma calcistica, se fosse per lui, probabilmente, l’avrebbe già chiusa.      Non solo non voglio chiudere, quanto piuttosto raddoppiare. Siamo su posizioni antitetiche, nel rispetto comunque del suo pensiero. Lotito vuole solo due campionati, con la presenza maggioritaria dei club delle metropoli, la mia, invece è una politica mirata a valorizzare il calcio di provincia, utilizzando finalmente (e non solo a parole) questa piattaforma come trampolino per la promozione dei vivai giovanili. Non è un sogno, bisogna lavorarci per rendere fattibili, progetti o idee, che sembrano, al momento solo sogni. Ma questo perché, fino ad oggi, non c’è stata una volontà politica in questa direzione. Oggi i tempi sono maturi, soprattutto se sarà il sottoscritto a vincere.

D: Alla luce di ciò che ci sta spiegando, dovrebbe vincere a mani basse.

R: Magari, invece, sarà una battaglia domani.

D: Ma è un controsenso, lei propone di rilanciare. Gli altri, secondo la sua teoria, al massimo intendono “galleggiare”, in attesa di capire del futuro della Lega.

R: In linea teorica dovrei avere un vasto consenso, ma ci sono presidenti che ascoltano le posizioni di Lotito, perchè mira ad attrarre quelle piazze della Lega Pro che in un possibile futuro potrebbero salire fino alla serie A.

Difficile capire cosa succederà domani a Firenze. E’ una partita apertissima (dopo aver ascoltato molti operatori del settore). Tutte le ipotesi di studio sono possibili, certamente se Gravina dovesse arrivare terzo nella prima votazione con i suoi voti rischia di diventare centrale nella vittoria finale di uno degli altri avversari. Pagnozzi è la continuità di un sistema che aveva trovato un equilibro con l’ex presidente Macalli, Marcheschi è la sfida nuova basata sul tema del rilancio. E probabilmente è l’unica ancora di speranza (non dico di salvezza) per le 54 società. Domani capiremo quale sarà iil “sentiment” dell’assemblea. Certamente chi vincerà avrà solo un anno a disposizione, perché tra 12 mesi si andrà a muove votazioni. Anche questo non aiuta chiunque dovesse uscire vincitore dalla competizione. 

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Marcel Vulpis

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