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Dopo Rio2016, boxe e vela k.o Tiri e nuoto volano, ma il modello è il TEAM GB

(di Gianni Bondini)* – E’ difficile parlare di sport olimpico, mentre la polvere fitta dei crolli mortali del terremoto avvolge ancora Amatrice ed i comuni limitrofi. Eppure dobbiamo farlo per rispetto agli atleti e ai campioni che hanno gareggiato alle Olimpiadi 2016. Proprio alla vigilia della partenza per Rio degli atleti paralimpici, che lunedì 29 saluteranno al Quirinale il presidente Sergio Mattarella.

Il presidente del CONI, Giovanni Malagò, il capo della Preparazione Olimpica Carlo Mornati e pure il segretario generale Roberto Fabbricini meritano quel 9 che il Corriere della Sera, non un giornaletto qualsiasi,  ha assegnato all’Italia olimpica. Senza dimenticare che questi atleti vincenti sono un eredità (anche) della precedente gestione olimpica.

A Rio gli azzurri, comunque, hanno vinto 28 medaglie come a Londra 2012 (ultima Olimpiade targata gestione Petrucci-Pagnozzi). Ma sono noni nel medagliere, mentre a Londra stavano una posizione sotto, per due argenti in meno.

Giganteggiano i tiri (9 medaglie) come la FITAV e l’UITS e le discipline del nuoto (8 medaglie per la FIN di Paolo Barelli) e poi, un po’ di scherma, di pallavolo, un pizzico di ciclismo (con l’impresa in pista di Elia Viviani, che salva la spedizione guidata dal super-campione siciliano Vincenzo Nibali), lotta e judo. Discipline che non tradiscono e lo hanno confermato anche a Rio2016.

La vela, invece, è scomparsa e pure la boxe. Con i guantoni, e vittima di una giuria accomodante, c’era pure il campione Clemente Russo. E’ ancora troppo presto, invece, per  il pugliese campioncino sedicenne Giacomo Distaso. Ma Tokyo è appena tra 4 anni.

Eccolo il primo problema, l’anagrafe. Ma non solo. Perché nell’Equitazione, dal 1998 e giù di lì, cavalli anche acquistati a caro prezzo, ma cavalieri veri (alla D’Inzeo) neanche l’ombra.

Ci viene voglia di riaffermare che il Coni faccia come nel Regno Unito: contributi solo a chi può andare a medaglia (compresa quella di legno per il quarto posto).

Alle altre Federazioni solo i soldi per la funzionalità degli uffici. E che la programmazione di Londra funziona si vede: secondi nel medagliere di Rio. Sopra alla Cina, per capirsi. E dietro solo all’altro colosso: quello statunitense.

Scelte tattiche e non politiche alla Preparazione Olimpica. Un esempio? L’atletica dimentichi la velocità. Non ci sono alle viste né Berruti, né Mennea. S’investa sul fondo, maratona, salti, lanci e la marcia (oblio sul caso Alex Schwazer). Strada facendo un Tamberi o una Trost si trovano.

Per amore di serenità non facciamo l’elenco delle Federazioni finite dietro alla lavagna. Consolate dalle feste (organizzate per i medagliati dell’Italia Team) di Casa Italia a Rio, “noblesse oblige”.

Quei 45 presidenti votano all’elezione del presidente del Coni. Sono la maggioranza dei 76 elettori aventi diritto. Pur non volendo essere degli allarmisti, se il presidente del Coni venisse nominato, come il capo della Protezione Civile, dal Governo (Malagò, secondo noi, sarebbe lo stesso la scelta migliore), il 9 del voto a Malagò & C. per Rio 2o16, potrebbe diventare persino 10 e lode. Mai disperare.

  • scrittore e giornalista romano specializzato in tematiche di politica sportiva
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