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Decreto Dignità: l’analisi di Agimeg sul mercato delle scommesse sportive

Secondo quanto riporta il portale specializzato Agimeg.it,  , nel 2022, ultimo mercato “legalizzato”, le scommesse sulla Serie A sono state il 14,8% del totale di quanto giocato dagli appassionati. Un dato che va valutato sull’intero comparto di manifestazioni e campionati che coinvolgono le scommesse sul calcio. Per dare un’idea le competizioni organizzate da Fifa e Uefa (Mondiali, Champions League, Europa League e Conference League) hanno raccolto il 14,9% delle giocate effettuate dagli appassionati italiani.

Appare quindi evidente che quanto dichiarato dal Presidente della Lega di Serie A Lorenzo Casini (“il tema dei giochi va preso in considerazione visto che il calcio contribuisce ampiamente agli introiti ma non ne ricava alcun vantaggio”) non corrisponda pienamente alla realtà. Visti i dati, Fifa e Uefa avrebbero più diritto a chiedere ritorni economici dalle scommesse ma non lo hanno fatto. Anche Premier League, Liga, Bundesliga e Ligue 1, che insieme valgono quasi la Serie A, potrebbero accampare dei diritti. Ma anche in questo caso non è avvenuto. Insomma la Serie A pesa sulle scommesse sportive in maniera importante ma non determinante.

Che il calcio italiano cerchi risorse è giusto, ma la strada di chiedere percentuali al settore delle scommesse sportive è sbagliata. Ricordiamo che le scommesse sportive già versano all’Erario, solo di imposte dirette, 620 milioni di euro l’anno (dato 2022) e quindi appesantire la loro tassazione provocherebbe dei ridimensionamenti imprenditoriali che comporterebbero anche perdite di posti di lavoro.

Divieto di pubblicità e sponsorizzazioni

Insomma il ricco calcio di Serie A dovrebbe percorrere altre strade. Le scommesse potrebbero però aiutare comunque il calcio e lo sport in generale se venisse abolito il divieto di pubblicità per le aziende che operano nel settore del gioco pubblico. Questo permetterebbe, ad esempio, di poter tornare a sponsorizzare le squadre con grandi vantaggi non solo per il calcio professionistico, ma anche per sport cosiddetti minori e squadre dilettantistiche che riuscivano a salvare una stagione proprio grazie a questo tipo di sponsorizzazioni. E’ bene ricordare che, secondo il report dell’Istituto Superiore di Sanità, solo il 19,3% dei giocatori è interessato dalla pubblicità. Consentire pubblicità e sponsorizzazioni, anche solo di tipo istituzionale, non comporterebbe quindi nessun tipo di allarme sociale.

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Redazione

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