Punto e a Capo

Coppa America in salsa svizzera…che delusione!

La 32ima edizione dell’ America’s Cup è partita nel peggiore dei modi. Alla scadenza dle termine della prima fase d’iscrizione del più importante evento velico internazionale, nonostante i proclami trionfalistici, Ac Management (società elvetica detentrice di tutti i diritti della Coppa America) ha subito la prima grande sconfitta. Chi si aspettava 16 o 20  consorzi dovrà accontentarsi di quello che offre oggi il mercato della vela mondiale: un defender (Alinghi) e sei challenger ufficiali (Luna Rossa challenge, +39, K-Challenge, Shosholoza, Bmw-Oracle racing e team New Zealand).
Gli organizzatori rossocrociati si sono affrettati a dichiarare che sono al vaglio altre due candidature, ma il nome sarà svelato solo nei prossimi giorni. Un segreto di pulcinella visto che tutti sanno che Sausalito (Usa) ed El Reto Spanish challenge (Spagna) hanno presentato entrambi un report.
Solo chi non conosce bene il mercato delle sport-sponsorship poteva immaginare un numero superiore ad una dozzina di team. Non ci sono, infatti, in questo momento risorse economiche per supportarne di più. Dodici equipaggi sarebbe già un bel record. Oltre a ciò la vela non è ancora e non lo sarà mai uno sport di massa. Piace, ha dei valori stupendi, ma, poi, gli addetti ai lavori si scontrano inevitabilmente sul terreno dei numeri e dell’impatto mediatico. Lì, purtroppo, il sailing in generale non è competitivo. Poche ore di exposure, ad orari impossibili e il tutto inserito in format per i soliti noti e di una noia mortale.

Se fosse stata vera la previsione di Ac Management voleva dire che quest’anno (o nei prossimi anni) alcuni importanti club di calcio avrebbero perso una serie di sponsor. Così non è stato e non sarà mai. Il calcio è una macchina da guerra e neppure la Coppa America la può scalfire. La torta del business sta diminuendo in ogni angolo del pianeta e la vela deve fare i conti con sport (calcio, motomondiale, formula uno, ecc.) che hanno numeri maggiori e ben consolidati. Ma ci sono da fare ancora una serie di altre considerazioni. Organizzare un team di Coppa America non è come partecipare alla Copa del Rey o al Trofeo Zegna. Non si tratta, infatti, di uscire, con il vestito della domenica, per apparire in bella mostra sulle testate di settore o sui giornali gossip. Questo è bene che si capisca una volta per tutte. Ci vogliono soldi (tanti), uomini ed una struttura organizzativa simile a quella di un’azienda marketing oriented. Non basta l’entusiasmo, la voglia di fare, la passione, o qualche centinaia di migliaia di euro in banca. Non escludiamo, tra l’altro, che degli attuali o futuri consorzi iscritti qualcuno, prima dell’inizio della kermesse, possa desistere (vedrete se non finirà proprio in questo modo). Anche in questo caso il dubbio di aver sfruttato un budget all’osso per cavalcare l’onda mediatica della Coppa America rimarrà forte.
C’è troppo protagonismo nel mondo della vela e, soprattutto, si vuole trasformare un evento sportivo che ha una sua specifica dimensione in un format copiato (male!) dal calcio. 
La vela merita maggior rispetto!.

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Marcel Vulpis

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