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Caso Catania-Pulvirenti: sentenza esemplare, se non ora quando?

(di Marcel Vulpis) Siamo il paese più garantista al mondo. Questa è l’unica certezza che abbiamo in Italia. Altre non ne abbiamo, a partire dal tema della certezza della pena, collegata a quella della giustizia in senso assoluto. Eh sì, perché se un presidente di un club di calcio (fino a due anni fa in serie A, quest’anno in B) decide, per salvare il suo club (almeno a sentire la sua tesi) architettando un piano di calcioscommesse nella parte finale del campionato, non è detto assolutamente che venga espulso dal sistema calcio, per non dire quello sportivo.

Non ci crederete, ma è sufficiente “collaborare” con la procura federale, così come viene in altri gradi della giustizia penale, per edulcorare la pena e tra 5 anni (speriamo di no) tornare in corsa più baldanzosi di prima. E’ la storia (ancora non scritta – ma ben visibile a tutti) di Antonino Pulvirenti, che attende una sentenza assurda di appena 5 anni di Daspo. Ma se non si viene radiati, neppure quando si perpreta una frode sportiva continuata (eludendo completamente l’etica sportiva), quando si può arrivare alla “radiazione”? Lo chiediamo al procuratore federale Stefano Palazzi e a tutte le istituzioni sportive. La frode sportiva è l’atto più indegno che un tesserato (sia dirigente o calciatore poco conta, certamente se è compiuta da un presidente si configura il tema dell’aggravante) possa compiere.

Sui giornali questo aspetto è praticamente sottovalutato e messo sotto la cenere. Meglio non parlarne: Pulvirenti ha dichiarato che vuole uscire dal calcio, i campionati stanno ripartendo, voltiamoci dall’altra parte e stiamo tutti zitti. Come Sporteconomy diciamo l’esatto opposto: se venisse confermata la richiesta di Palazzi (retrocessione in Lega Pro e penalizzazione di 5 punti, oltre al Daspo di 5 anni per Pulvirenti) saremmo di fronte a qualcosa di cui vergognarci tutti. Noi non vogliamo voltarci dall’altra parte e ci mettiamo la faccia: il Catania merita purtroppo una serie ancora più bassa della Lega Pro per ciò che è stato fatto in quest’ultima stagione e il suo ex presidente dovrebbe sparire dai radar in un paese civile. Invece, come Schettino, tra un pò la gente gli chiederà magari anche l’autografo, perché, alla fine, come lui stesso ha ammesso l’ha fatto per salvare il suo club. Praticamente un martire. Ma c’è un aspetto tragicomico. Adesso Pulvirenti si meraviglia che non ci siano acquirenti all’orizzonte per il “suo” Catania. Ci meravigliamo che si meravigli. Chi è quel matto che si dovrebbe prendere l’onere di legare la propria immagine a quella ormai deturpata dal fango, così come lo è oggi (purtroppo), del Catania calcio. Le uniche vittime sono i poveri tifosi del Catania, che hanno tifato una squadra credendo nella bontà delle azioni dei dirigenti etnie. Così non è stato e oggi non sanno neppure in quale serie calcistica giocherà la loro squadra.

Una storia tutta italiana, dal retrogusto kafkiano. Speriamo che il giudice Sergio Artico si metta una mano sulla coscienza ed emani una sentenza esemplare per il bene della giustizia (sportiva) e del futuro dell’immagine dello sport e del calcio italiano.

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