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AS Roma: scenari futuri nell’era Dan Friedkin

L’era Friedkin parte nel segno della ristrutturazione (non solo finanziaria), con lo sguardo a Tor di Valle, perché la partita dello stadio, può aiutare il magnate texano a recuperare parte dell’offerta “monstre” (591 milioni di euro) presentata nelle ultime ore.

Non sarà facile districarsi nella galassia delle società del gruppo AS Roma, ma una delle prime operazioni, post closing, è il perfezionamento dell’aumento di capitale deliberato il 18 ottobre del 2019 dallo stesso James Pallotta. Una tranche di denaro non inferiore ai 90 milioni. Poi gli uomini di Friedkin passeranno all’analisi delle posizioni debitorie del gruppo giallorosso (si stimano oltre 280-300 milioni).

Prestito da azzerare o ristrutturare. Nell’estate del 2019 è stato emesso, da un “veicolo” controllato dal club (nello specifico ASR Media and Sponsorship), un bond del valore di 275 milioni di euro, con il supporto di Goldman Sachs e JP Morgan (nel ruolo di collocatori).

Friedkin adesso ha due strade: azzerare il debito o ristrutturarlo coinvolgendo nuovi partner bancari.  D’altronde i dati, anche del bilancio consolidato sono fortemente negativi. La perdita netta, al 31 marzo 2020 infatti ha raggiunto il tetto di 139,6 milioni di euro.

Questo dato in “rosso” ha determinato un patrimonio netto negativo (sempre al 31 marzo 2020) pari a 26,8 milioni di euro. In pochi mesi, mettendo a confronto il risultato raggiunto al 31 dicembre 2019, si è passati da un dato positivo (+15,2 milioni) ad uno nettamente di segno opposto. Fuori dai parametri anche la situazione del patrimonio netto consolidato: -178,3 milioni di euro.

La Roma, come tutti i club professionistici italiani, sconta lo stop forzoso del campionato, ma senza la benzina in arrivo dagli States la situazione, in termini di liquidità, avrebbe superato il livello di guardia prima dell’inizio della nuova stagione.

I nodi da sciogliere. Tra le eredità lasciate al nuovo presidente c’è anche la compravendita di crediti futuri “pro-soluto”, mediante la sottoscrizione di un contratto di Purchase and Sale Agreement, sottoscritto poche settimane prima della cessione. Un’operazione nata proprio per dare al club un margine di manovra almeno nel breve periodo. L’imprenditore texano inoltre dovrà analizzare tutti i costi gestionali del club, troppo alti per una società che non ha mai vinto un trofeo negli 8 anni di gestione Pallotta.

Il nuovo presidente texano dovrà lavorare, in visione prospettica, sui ricavi della prossima stagione. Non entrare in Champions, dalla porta centrale della Serie A, significa, al momento, rinunciare a 50-60 milioni di euro. Circa il 10% di quanto pagato al proprietario del fondo Raptor per acquistare l’AS Roma.

Scenari futuri. Al via il rilancio e potenziamento della divisione commerciale. Chi si aspettava, sotto la presidenza Pallotta, l’ingresso di multinazionali o marchi americani del largo consumo è rimasto deluso.

Di recente sono arrivati due nuovi contratti (Acronis e Edison energia), ma sul fronte della sponsorship tecnica c’è da risolvere il problema nato con Nike.

La dirigenza giallorossa infatti dovrà accelerare i tempi per chiudere un nuovo accordo di fornitura (la casa dell’Oregon, il prossimo anno, fornirà solo il prodotto per le gare). Mancano all’appello, quindi, circa 5-6 milioni di euro, ma l’area commerciale della Roma punta a firmare una nuova sponsorizzazione per 10 milioni di euro a stagione.

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Redazione

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