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Anche nella disgrazia ci deve essere la difesa dello Stato di Diritto. Quella giornata di riflessione che avrebbe fatto bene a tutti

(di Marcel Vulpis) Sì, sono d’accordo con il commissario Roberto Fabbricini (FIGC). Bisognava fermare il campionato, perché quello che è successo a Genova va oltre la triste e terribile fatalità, come può essere, per esempio, un terremoto (anche se il numero dei morti è spesso maggiore nel caso di un sisma). Il ponte Morandi crollato a Genova e il successivo “rifiuto” dei funerali di Stato da parte di ben 20 famiglie, colpite dai fatti luttuosi di cui stiamo parlando, sono uno spartiacque che resterà nella storia di questo Paese. In questa situazione così difficile e dolorosa o siamo capaci di unirci e tornare ad essere comunità, intuendo che è arrivato il momento di avere una visione di largo respiro in tutti i settori (a partire dalle infrastrutture) o il Paese è perso, come la politica che oggi la rappresenta (al Governo così come all’opposizione).

Il perché è semplice: non si può morire, mentre si raggiunge un posto di lavoro o mentre, magari, si percorre l’A10 di Genova per raggiungere un traghetto per le agognate vacanze. E’ inaccettabile e la magistratura, non la politica, dovrà essere chirurgica e veloce nell’accertare le responsabilità. Sono assolutamente d’accordo su pene severe per chi risulterà aver sbagliato, ma in un’aula di tribunale, non in piazza, o peggio ancora, sui social, nuova gogna mediatica del Terzo Millennio.

Pur non essendo un tecnico, sono assolutamente certo che un ponte non crolla, non collassa così da solo. Qui la fatalità non c’entra nulla. Crolla per incuria, per controlli veloci e/o fatti male.

Lo dice il “buon senso” e questo apre un capitolo ancora più importante sul futuro del “fare impresa” in Italia. Sogno imprenditori dello standing di Olivetti, che hanno avuto la determinazione di seguire una idea di progresso, ma che non sono rimasti abbagliati da facili guadagni (diventandone “schiavi” per certi versi); così come sogno uno Stato che quando decide di privatizzare non firma un contratto “capestro” con il privato di turno. Uno Stato con la testa alta che sappia difendere i propri interessi, occupandosi, con scrupolo, di controllare che il concessionario tuteli sempre la sicurezza (al primo posto, ancor prima dei possibili guadagni) di chi utilizza quel tratto di strada. Sono considerazioni di buon senso, ripeto, ma non le vedo applicate, al momento, né da parte dello Stato che ha firmato (in altre stagioni politiche) quel contratto “scandaloso”, né da parte di chi ne ha beneficiato (Autostrade per l’Italia). Sperando che, questi ultimi, possano, sempre in un’aula di tribunale, dimostrare eventualmente il contrario. Anche se non so come.

Fatta salva questa premessa, però, non accetto e non accetterò mai che la politica si sostituisca alla magistratura, con dichiarazioni da piazza che nemmeno nel 1789 avremmo ascoltato in Francia durante la Rivoluzione. Non posso accettare che chi sta la Governo utilizzi il proprio potere per esprimere giudizi sommari, svuotando di fatto il ruolo stesso della magistratura. Non posso accettare di stare in una campagna elettorale perenne. Dove ogni tema diventa una opportunità per alzare la voce, con dichiarazioni spesso avventate.

Questo è il tempo del silenzio e della riflessione, non delle urla sguaiate e degli slogan da piazza. Perché in primis dobbiamo rispettare i morti e chi li piange. Ecco perché sono d’accordo con il commissario Fabbricini che bisognava sospendere oggi (giornata di lutto nazionale a Genova) la prima partita di campionato.

Quel “rifiuto” dei funerali di Stato, da parte delle famiglie colpite dai lutti, è un gesto assolutamente umano, ma anche un segnale pericolosissimo. La gente non crede più nello Stato, anche nel cosiddetto “Governo del cambiamento” e questo deve essere chiaro a chi governa oggi. Non si può pensare che questo gesto sia una semplice reazione a caldo. E’ piuttosto una reazione di sfiducia totale nelle istituzioni. E da questo “seme” non possiamo sapere cosa possa nascere (in termini di rabbia e violenza) in futuro nella nostra società. Se fossi al posto dei politici del M5S e della Lega abbasserei di molto i toni e mi fermerei seriamente a riflettere sul significato di questo “rifiuto”. E’ un fatto mai accaduto nella storia delle tragedie (penso solo al periodo della lotta alla Mafia) del nostro Paese.

Se la gente non crede nelle istituzioni il senso della comunità non esiste più e questo, in un momento così difficile per l’Italia (sotto il profilo economico), non ce lo possiamo permettere. Non capirlo non solo è un autogol politico, ma anche e soprattutto un driver per future turbolenze in ambito sociale.

Concludo con un pensiero, forse un po’ troppo alto, in un momento così triste per il Paese, ma assolutamente necessario: non si può calpestare, e lo sottolineo con forza, lo Stato di Diritto. E’ un principio invalicabile, come ho letto questa mattina in un post di un amico su Facebook, che va difeso strenuamente perchè sta alla base di qualsiasi società civile.

Altrimenti stiamo per aprire la porta ad un futuro indefinito fatto di violenza e soprusi in qualsiasi ambito di interesse. E questo è inaccettabile come le morti che abbiamo visto in questi giorni a Genova. Oggi deve essere solo il giorno del silenzio per rispetto di chi non c’è più. Tenendo sempre accesi i riflettori, anche quando le televisioni non saranno più sotto il ponte Morandi a raccontare la tragedia cui abbiamo assistito in questi ultimi giorni dell’estate 2018. 

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Marcel Vulpis

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