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Tennis – Il tennis punta sulla tv e i nuovi media. Il caso “SuperTennis”.

Il tennis è tornato di moda. Ma il gran circuito mediatico, e di conseguenza anche le aziende, in Italia, sembrano non essersi ancora pienamente convinti del cambiamento. I praticanti sono, sulla penisola, circa 1,5 milioni (contro i 145 mila del tanto decantato rugby, dove si continuano a collezionare sonore sconfitte nel Sei Nazioni), il tesseramento presso la Fit (Federazione italiana tennis) è salito del 110% in otto anni, le affiliazioni hanno raggiunto i 3.100 circoli, e non si è mai visto tanto tennis in tv come negli ultimi mesi. Anche grazie a "Supertennis", il nuovo canale realizzato da Sportcast (società controllata al 100% dalla Fit), trasmesso su Sky, con una media di 120 mila contatti nel giorno medio, con una permanenza davanti al video di almeno 17 minuti.

«La stessa Sky», aggiunge Giancarlo Baccini, direttore comunicazione Fit e amministratore delegato di Sportcast, «ha capito che il tennis è importante e ha comprato pure i diritti dei tornei Atp 500, da affiancare agli Atp 1000 che già trasmetteva. La Rai, su satellite, mostra tante partite. Su Italia 1 va in onda in chiaro il torneo di Roma, con sei giornate di dirette: quarti, semifinali e finali maschili e femminili. E poi ci siamo noi, con Supertennis, unico canale al mondo di una federazione sportiva tennis, e che, con Tennis Channel negli Usa, è il solo monotematico su questo sport. Certo, non possiamo fare paragoni con il boom degli anni ’70, quelli di Panatta & co. Ma per il resto, il trattamento del tennis, a livello televisivo, adesso è pari, o superiore, ad altri sport, esclusi il calcio e i motori. Unica disciplina veramente sovraesposta rispetto al suo peso reale è, da qualche anno, il rugby».

Il giro d’affari annuo della Fit è attorno ai 25-26 milioni di euro. E di questi, circa 14 milioni arrivano dagli Internazionali di Roma, che si giocheranno dal 25 aprile al 9 maggio. Al netto dell’evento del Foro Italico, la gran parte degli introiti è frutto dell’attività di tesseramento sul territorio. Quanto alle partnership commerciali, la più importante è quella con Bnl, che da pure il nome al torneo di Roma. Ma, per esempio, perché una azienda dovrebbe investire sul tennis e sugli eventi organizzati in Italia? «Beh, in Italia», spiega Baccini, «tra challenger Atp e prove del circuito Itf, ci sono oltre 90 tornei all’anno, il secondo paese al mondo dopo gli Stati Uniti. Certo, magari il livello è medio-basso, ma offre una testimonianza dell’interesse e della vitalità del movimento. I costi sono ancora accessibili, l’immagine è ottima, la visibilità anche».

Dei 14 milioni incassati a Roma nel 2008 (che dovrebbero essere confermati nel 2009), circa il 60% arriva dagli sponsor, il 30% dalla biglietteria, il 10% dai diritti tv. «E nel 2008», dice Baccini, «dopo anni di gestione in perdita, per la prima volta siamo riusciti a chiudere con 2 milioni di utili, ripartiti tra Coni servizi e Fit».

Sulla cifra investita da Bnl c’è un no comment della Fit. Ma, tanto per fare dei paralleli, Bnp Paribas, che in Italia controlla Bnl, investe circa 19 milioni all’anno sul tennis: e, con questo chip, è lo sponsor principale del torneo di Roland Garros a Parigi, della Coppa Davis, dei Master e degli Internazionali di Roma. Una visibilità eccezionale, e prolungata nel tempo (le partite di tennis, infatti, durano parecchie ore), che non potrebbe avere puntando su altri sport. Essere il main sponsor della maglietta del Milan, tanto per fare un esempio, costa 15 milioni di euro all’anno. E, almeno fino al 2008, essere lo sponsor principale di un top team di Formula 1 comportava esborsi nell’ordine dei 40-50 mln di euro.

Certo, nel tennis manca un campione italiano da 30 anni. E le donne, pur brave a livello di squadra (vinta la Fed cup nel 2006, finaliste nel 2007, semifinaliste nel 2009), faticano ad affermare una stella. Il circuito internazionale, ora, vive sostanzialmente su Rafael Nadal, avendo perso, Roger Federer, lo smalto dei giorni migliori.

Con un milione di euro, tuttavia, neppure adesso, in tempi di crisi e di listini prezzi stracciati, si riesce a fare una campagna pubblicitaria decente. Ma con quella cifra entri come sponsor in tornei importanti, come per esempio Parigi Bercy, e una azienda raggiunge tutti gli angoli del pianeta, ha ritorni sugli investimenti, qualità del target, continuità e coerenza di comunicazione che, tanto per dire, col rugby te lo scordi.

fonte: ItaliaOggi

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