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Sport dilettantistico o professionistico alle Olimpiadi?

(di Marcel Vulpis) Dove è finito lo spirito decubertiano, che ha permeato, sin dall’inizio, i cosiddetti Giochi Olimpici dell’era moderna? Pochi addetti ai lavori ne parlano, ma, nella realtà di atleti dilettanti, durante i Giochi, se ne vedono ben pochi e chi rispetta ancora questa regola basilare rischia spesso di non qualificarsi. Perché lo sport-business sta relegando alla “periferia” dei ranking internazionali chi segue le regole del puro dilettantismo.

E’ quanto sta avvenendo per esempio nell’handball, dove la modifica di una serie di norme ha consentito a diverse nazioni, come il Qatar di balzare agli onori della cronaca e di presentarsi ai nastri di Rio2016 come una nazionale altamente competitiva (sono per la cronaca i vice-campioni del mondo dietro la Francia). Nel portale “Letteratura Sportiva” il blogger Jvan Sica ha parlato proprio della case history qatariota all’interno del post “Le nazionali inutili, anzi dannose”.
Sica ha fatto notare come, grazie ad una campagna acquisti in tutto il mondo (in perfetto stile calcistico), a suon di petrodollari, oggi la selezione araba è ai primi posti del ranking internazionale, mentre se giocasse esclusivamente con atleti “indigeni” avrebbe grossi problemi ad essere competitiva allo stesso modo.

Il vero problema è che questa modalità, ovvero acquisire campioni celebrati tesserandoli come qatarioti (pur provenienti da Francia, Spagna, Cuba, ecc.) sta penalizzando quelle nazioni che non dispongono di somme di denaro così ingenti e che soprattutto, da sempre (vedi il caso della nazionale italiana), hanno deciso di rispettare il dettato del CIO, presentando, in campo, atleti dilettanti (si allenano come i professionisti, ma svolgono altri lavori per vivere).
Questo articolo deve far riflettere sul tema dello sport dilettantistico rappresentato, ogni quattro anni, alle Olimpiadi. In linea di principio dovrebbe essere così, a leggere le carte e i regolamenti del CIO, ma, poi alla fine, nella realtà, vediamo in molti sport (calcio, basket, tennis, ecc.) veri professionisti sfidare veri dilettanti. E’ corretto? E’ etico? Ma soprattutto ha un senso sportivo?
Le nazionali inutili anzi dannose di Jvan Sica
Zarko Marković, Montenegro, Hassan Mabrouk, Egitto, Bertrand Roiné, Francia, Rafael Capote, Cuba, Abdulla Al-Karbi, Emirati Arabi Uniti, Danijel Šarić, Bosnia, Eldar Memišević, Bosnia, Goran Stojanović, Montenegro, Borja Vidal, Spagna, Jovo Damjanović, Montenegro, Kamalaldin Mallash, Siria, Youssef Benali, Tunisia, Hamad Madadi, Iran, Mahmoud Hassab Alla, Egitto, Ameen Zakkar Siria.

Questi sono i componenti della nazionale di pallamano del Qatar, seconda quasi un anno fa ai campionati mondiali svoltisi a Doha.
Più che con la testa, una sensazione primigenia che sento dentro (insieme a quasi tutti coloro con cui ho parlato fino ad oggi) mi porta a dare grandissimo valore agli incontri sportivi fra nazionali. Sarà anche demodé sentire emozioni molto più grandi per un Italia-Bulgaria rispetto ad Atalanta-Inter, ma così è.
Detto questo, se lo sport delle nazionali diventa puro mercimonio, tutto si annacqua. La campagna acquisti che hanno permesso al Qatar è stupida. Da una parte il massimo dello sport mondiale, il Barcellona, è all’apice (anche commerciale e di marketing) grazie ad un’identità precisa e unica, mentre le derive “qatariote” vanno verso valori di brand totalmente diversi, che gli appassionati non seguiranno mai. E ovviamente non compreranno mai.
 Magari al Qatar serve vincere sei partite e non investire nel futuro, ma al CIO e da lì in giù quello che serve è tutta un’altra cosa.

fonte:
http://letteraturasportiva.primosu.it/2015/12/le-nazionali-inutili-anzi-dannose.html

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Marcel Vulpis

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