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Repetto (Sportinnova): E’ tempo di investire nella “urban regeneration”

(di Lorenzo Vulpis) – Da diverso tempo c’è un ampio dibattito nel mondo dello sport rispetto al “macro” tema dello sviluppo/promozione della “pratica sportiva” nelle aree metropolitane, dove l’elevato costo gestionale degli impianti (soprattutto se lo si analizza dal punto di vista dei “gestori”), così come le nuove tendenze nelle modalità di accesso allo sport, stanno portando alla nascita di nuovi progetti. Il tutto ruota attorno alla nascita/evoluzione delle cosiddette “Sport City“.

Il mondo dell’atletica, ma soprattutto del running, è nettamente in anticipo rispetto ad altre discipline e intende “governare” i processi futuri che ne deriveranno. Ne abbiamo parlato con Domenico Repetto (nella foto sotto), presidente di “Sportinnova” (associazione che si occupa di studi di organizzazione ed economia dello sport). L’intervista, nello specifico, prende spunto da uno studio fatto da Sportinnova per conto della Fidal.

  • Repetto, la gestione degli impianti sportivi sta diventando sempre più una “criticità” sotto il profilo economico/gestionale. Lo sviluppo degli “spazi a cielo aperto” può essere una delle risposte concrete?

Lo sport, come la cultura, è da anni vittima dei cosiddetti tagli lineari della spesa pubblica. Se una pubblica amministrazione locale deve fare cassa, la prima decisione è tagliare i contributi alle manifestazioni culturali e sportive e le spese per la manutenzione degli impianti.

La crisi della gestione degli impianti è anche “figlia” di decisioni, nel migliore dei casi, poco oculate prese per costruire impianti mai o poco utilizzati e in seguito abbandonati. Ciò ha generato una diffusa diffidenza nell’opinione pubblica nei confronti del politico che dichiara di voler investire soldi pubblici in impianti sportivi. All’apparenza non resterebbero che due ipotesi: la prima è la privatizzazione degli impianti sportivi, vale a dire la devoluzione degli impianti a imprenditori privati che li acquistano (con un vincolo di destinazione ovviamente) oppure li rilevano con contratti di durata pluridecennale. La seconda è l’infrastrutturazione leggera degli spazi all’aperto. Nell’economia urbana la pratica sportiva all’aperto sta creando nuovi modi di vivere la città perché modifica l’uso, la percezione e le funzioni di luoghi già esistenti. Un esempio tra tutti può essere quello delle piste ciclabili, spesso ricavate da porzioni di carreggiata stradale, oppure da marciapiedi poco utilizzati. Tuttavia non credo che la scelta si debba ridurre ad un’alternativa fra queste due ipotesi, dato che la gestione degli impianti sportivi non potrà mai essere affidata esclusivamente ai privati e al tempo stesso l’utilizzo degli spazi a cielo aperto rimane un’opzione fin troppo condizionata dalle condizioni meteorologiche.

  • Si parla sempre più di “urban regeneration” – ci può spiegare meglio questo concetto e quali sono le teorie più moderne in atto a livello internazionale?

Il termine “urban regeneration” è usato per creare un legame tra politica e urbanistica, in un contesto caratterizzato da una crescente domanda di scelte politiche che siano più rispettose dell’ambiente, limitando il consumo del suolo. Le teorie più recenti inquadrano il recupero degli spazi urbani in disuso, anche per fare sport, come oggetto di un progetto collettivo, un patto sociale nel quale si definisce il futuro della città assegnando un ruolo primario ai valori sociali e ambientali con particolare attenzione alle relazioni indotte dalla qualità degli spazi di uso pubblico. All’interno dei processi di riqualificazione urbana e di trasformazione del territorio, gli impianti sportivi sono spesso elevati ad infrastruttura culturale polifunzionale.

  • La gestione degli impianti sportivi comuni è uno dei temi caldi della nuova amministrazione “pentastellata”. Quale dovrebbe essere il modello migliore da applicare per un corretto bilanciamento tra gestione del bene pubblico, business e promozione dello sport di base?

In Italia abbiamo assistito a un riordino della disciplina in materia di contratti pubblici che ha modificato il quadro normativo che regola anche la concessione e gestione degli impianti sportivi di proprietà pubblica. Il Comune di Roma è stato tra i primi ad adottare questa nuova disciplina per gli impianti sportivi cittadini. E’ ancora presto per dare un giudizio sugli esiti delle nuove procedure amministrativema è chiaro che il modello più virtuoso da adottare dovrebbe mirare a realizzare modelli di gestione che favoriscano il coinvolgimento attivo, supportare il lavoro di rete, favorire la riqualificazione e la creazione di iniziative a supporto della promozione di attività sportive. Per trovare un bilanciamento tra bene pubblico, profitto e promozione dello sport di base è necessario in primis avere regole chiare e certe, che tutelino gli investimenti degli operatori privati e salvaguardino le infrastrutture pubbliche.

  • Come si svilupperà nei grandi centri urbani/metropoli la pratica dello sport? A quali modelli futuri assisteremo?

Faremo più sport in spazi aperti, aumentando l’intensità delle reti di appassionati già esistenti, ma lo faremo in forme e discipline diverse da quelle che oggi conosciamo. Si pensi al successo del paddle o del beach tennis, oppure al nordic walking che oggi si pratica di più nei parchi urbani che lungo i sentieri della Scandinavia. I social media stanno dando e continueranno a dare un sostegno fondamentale allo sviluppo delle attività di gruppo e alla socializzazione di eventi e manifestazioni.

Si tratta di un’evoluzione solo fino ad un certo punto inaspettata. Già nel 1992 la Carta Europea dello Sport definiva lo sport come qualsiasi forma di attività fisica che, attraverso una partecipazione organizzata o non, ha per obiettivo l’espressione o il miglioramento della condizione fisica e psichica, lo sviluppo delle relazioni sociali o l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli. D’altronde, come sostiene da tempo Fabio Pagliara (Segretario nazionale della FIDAL – nella foto sotto), lo “sport” è il primo e più antico social network.

Il segretario generale della FIDAL, Fabio Pagliara. Ideatore del progetto “Runcard” in Italia

 

 

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Lorenzo Vulpis

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