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Nella rete della “Via della Seta”: l’influenza cinese in Africa passa attraverso il calcio e la costruzione dei suoi impianti

Attraverso la cosiddetta “Stadium diplomacy”, ovvero il finanziamento di infrastrutture sportive (in cambio di materie prime), Pechino sta mettendo le mani sull’intero continente africano. Per qualcuno si tratta di neocolonialismo, per altri è solo un moderno Piano Marshall. Comunque lo si voglia chiamare, l’EuroZona non dovrebbe sottovalutarne gli sviluppi.

(di Davide Pollastri) – La partnership tra la Cina e l’Africa ha origini che risalgono al XX secolo, ma ha assunto una significativa importanza agli albori del XXI secolo. Nel 2000 è stata istituita la FOCAC (Forum sulla cooperazione Cina-Africa), che fornisce un quadro formale per il dialogo e la cooperazione tra le due parti. Questa collaborazione è emersa principalmente per due ragioni: la Cina cercava nuove fonti di approvvigionamento di risorse naturali e mercati in crescita, mentre l’Africa aspirava a promuovere lo sviluppo economico e ad attirare investimenti nelle infrastrutture.

Negli anni successivi, l’Africa ha fatto grandi progressi anche nel campo della ricerca e dello sviluppo delle nuove tecnologie. Sul continente sono sorti interessanti poli tecnologici e sono emersi numerosi ingegneri informatici di grande talento.

Grandi aziende, come Microsoft, stanno osservando con interesse questa evoluzione tecnologica africana, investendo pesantemente nei centri di sviluppo presenti sul continente. Bloomberg riporta che Microsoft ha stanziato 100 milioni di dollari per i suoi centri di sviluppo in Africa, con l’obiettivo di assumere almeno 500 sviluppatori entro il 2023. Questo impegno è finalizzato alla selezione di ingegneri africani specializzati in settori cruciali come i servizi cloud, l’intelligenza artificiale (A.I.) e le applicazioni per la realtà aumentata. Anche in questo contesto, la Cina sta cercando di assumere un ruolo di primo piano, riconoscendo l’importanza strategica di tali iniziative per garantirsi un ruolo di rilievo nella competizione per la leadership tecnologica globale.

Nello scenario di questi intricati interessi, non poteva non ricoprire un ruolo di rilievo lo Sport più seguito ed amato del continente: il calcio.

La Cina, riconoscendo l’importanza del calcio come strumento di soft power e diplomazia sportiva, ha iniziato a investire pesantemente nella costruzione di stadi in Africa, una strategia nota come “stadium diplomacy” (espressione coniata da John Franklin Copper nel suo libro del 1978 intitolato “China’s Foreign Aid”).

Questa iniziativa mira a rafforzare sempre più l’influenza politica ed economica della Cina nel continente africano.

Sull’efficacia della strategia cinese, ha offerto il suo punto di vista anche Luciano Pollichieni, analista per la Fondazione Med-Or ed esperto di geopolitica africana: “La Cina ha scoperto prima di noi occidentali la domanda per investimenti e realizzazione di infrastrutture nel continente, e la costruzione degli stadi è efficace, perché sono progetti meno complessi di altri come acquedotti o dighe, e perché hanno a che fare con la sfera del divertimento e dell’aggregazione sociale. Il guadagno d’immagine è esponenziale, sia per chi costruisce lo stadio sia per il paese che lo ospita”.

Dal primo stadio cinese in Africa, l’Uhuru Stadium in Tanzania, ampliato nel 1969 con l’assistenza di Pechino, fino alla recente Coppa d’Africa in Costa d’Avorio, dove il Politburo del PCC ha investito 300 milioni di euro solo per lo stadio Olimpico “Alassane Ouattara”, la Cina ha costantemente aumentato la propria influenza sull’intero continente. L’EuroZona dovrebbe essere preoccupata per questi rapporti poiché la crescente influenza cinese in Africa potrebbe portare alla dipendenza economica dei paesi africani da Pechino e minacciare gli investimenti europei nella regione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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