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L’analisi degli errori del progetto Super League

(di Raissa Ferraro)* – “Quando un gruppo vuol prendere il potere la prima cosa è il controllo dei mezzi di comunicazione.”

 Un’osservazione immediata che salta subito all’occhio sull’European Super League è invece quanto incredibilmente male l’ESL (European Super League) abbia gestito la strategia di comunicazione a supporto del lancio del progetto.

Dal comunicato ufficiale (avvenuto in piena notte alle 00.30) all’annuncio del ritiro sembra che non ci sia stato alcun tentativo di consultarsi in anticipo e di creare supporto con nessuno degli stakeholder, dai gruppi di fan fino ai vari livelli di governo (nei rispettivi paesi coinvolti dall’operazione).

A parte un piccolo numero di interviste rilasciate alla stampa da Florentino Perez seguite da quelle di Agnelli, non c’è stato nessun portavoce dell’ESL a sostenere le proposte e a difendere l’affermazione che la Super Lega avrebbe “salvato il calcio”.

Invece, la comunicazione è stata ceduta agli oppositori del piano, che hanno debitamente accettato l’invito a trascorrere la maggior parte del lunedì e del martedì a criticare le proposte, attraverso radio, TV, siti web e stampa.

In appena 3 giorni, i post negativi in Italia contro la Superlega sono stati quasi 6.000, oltre 3.500 contro la FIFA e poco meno quelli contro la UEFA.  Attraverso l’algoritmo del Reputation Rating, che considera tutti i diversi Driver e Stakeholder che compongono la reputazione, pesando e misurandone le dimensioni e certificando una serie di parametri oggettivi e soggettivi, (attraverso la tecnologia blockchain), si è rilevato un calo della Reputazione dei club coinvolti in media del 21,73% rispetto alle settimane precedenti. È dunque piuttosto evidente che la modalità attraverso la quale è stata presentata, raccontata e organizzata è stato un enorme errore di presunzione/distacco dalla realtà da parte dei promotori.                                                                         Di fatto l’impressione è che i presidenti dei big club e i loro manager abbiano ritenuto sufficiente decidere tutto dentro le loro sale riunioni e le videoconferenze, senza coinvolgere squadra, allenatori, giocatori, considerando i tifosi come una loro proprietà e il pubblico come un asset da mettere a bilancio.

·     Problemi di comunicazione interna ai club della ESL

Alcuni componenti del nucleo squadra di diversi club della Super Lega avrebbero appreso la notizia dal comunicato stampa diffuso sui principali quotidiani. Questo elemento è emerso da alcune interviste, come quella rilasciata dall’allenatore del Liverpool Jurgen Klopp che ha dichiarato di non essere stato coinvolto nella decisione e di aver appreso buona parte delle informazioni a riguardo dai giornali.

Durante una conferenza stampa anche Pep Guardiola, allenatore del Manchester City ha manifestato una posizione nettamente contraria alla creazione della Superlega europea e ha lasciato intendere di avere poche informazioni a riguardo.

Doveva essere logico e chiaro che calciatori e allenatori delle squadre coinvolte sarebbero stati tra i primi a ricevere domande a riguardo e quindi un errore di comunicazione interna simile ha pesato molto e ha acceso ulteriormente le conversazioni negative attorno al tema.

·     Problemi di comunicazione esterna del progetto Super Lega

Come è noto, la maggior parte delle tifoserie di calcio, sono molto appassionate e vivono in prima persona ogni cosa che accade alla propria squadra.

Quando i consumatori percepiscono un “tradimento” dei valori fondanti di un brand a favore dell’inseguimento di obiettivi di business (quindi economici), i rischi per la  brand reputation possono essere davvero elevati.

Il coinvolgimento e l’ascolto del proprio pubblico (di tifosi, in questo caso) risulta fondamentale e forse questa mancanza, nel caso della Super League, ha rappresentato uno dei principali errori commessi dalle società calcistiche che, cercando di rispondere a un problema che riguardava il proprio business, hanno dimenticato che il calcio è diventato un fenomeno globale ed economicamente redditizio proprio perché di fatto si tratta di un caso prima di tutto sociale e culturale.

Ascoltare la voce dei tifosi, dopo che tutte le decisioni sono state prese, può rivelarsi controproducente.

«Il popolo vuole sentirsi il padrone della squadra»: ha dichiarato il presidente del Porto in un’intervista relativa alla Superlega. Jorge Nuno Pinto da Costa ha sottolineato un’idea che negli ultimi anni è diventata sempre più evidente nel mondo del business (in molteplici settori): i consumatori vogliono non solo sentirsi legati a un brand ma anche prendere parte alle decisioni e sentirsi ascoltati (realmente e non a cose già fatte).

Sono mancate quindi coinvolgimento ed empatia, due parole chiave che oggi come mai prima coinvolgono anche il mondo del marketing e del business.

Le ragioni che stavano dietro alla decisione della Superlega erano piuttosto chiare da un punto di vista di marketing e comunicazione: “concentrazione dello spettacolo”, “aumento dell’audience”, creazione di un prodotto premium di intrattenimento per paesi come India, Stati Uniti ed Estremo Oriente, Si puntava pertanto ad attirare sponsor e inserzionisti di ogni tipo.

Tuttavia l’engagement di nuovi sponsor e stakeholder non è così scontato, anzi da qualche anno ormai le aziende e i brand non hanno come obiettivo principale la visibilità, bensì sono alla ricerca di engagement ed fiducia che solo i valori sportivi riescono a dare. I primi boicottaggi che sono arrivati dai fans nelle prime ore dopo l’annuncio e il livello di tossicità che rapidamente si era creato, ha messo in serio pericolo la reputazione di aziende e brand coinvolte nel progetto.

“L’impatto commerciale di qualsiasi nuovo torneo sportivo, campionato o evento deve essere sempre guidato dalla qualità del prodotto, dalle dimensioni dell’audience che può raggiungere ma anche dal sentiment dei fan che ci sta dietro di esso. Se non concorrono tutti e tre questi elementi, un brand non ha convenienza ad associarsi ad un evento.”

·     La realtà del problema

La pianificazione e l’esecuzione della strategia di comunicazione per le proposte dell’ESL sembra essere stata sorprendentemente bassa e insufficiente in molte aree di applicazione.

Se l’intenzione è quella di spendere molto tempo e investire molto denaro per sviluppare una serie di proposte legate alla Super Lega, perché ignorare l’enorme sfida della comunicazione e apparire così tristemente impreparato?

Il dubbio è che i club più ricchi del mondo in questa situazione di crisi abbiano voluto forzare la mano con la UEFA sul tema della riforma della Champions League e sulla relativa ridistribuzione delle risorse economiche.

Se questo era l’obiettivo minimo che miravano a raggiungere lanciando una notizia del genere, possiamo dire che, costringendo la FIFA e la UEFA a prendere posizioni hanno per lo meno posto le basi per una seria discussione delle problematiche,

ma rimane e pesa come un macigno il calo netto della Brand Reputation dei vari club che hanno costretto gli stessi ad un immediato dietrofront indebolendo la loro posizione di contrattazione nel dialogo con la UEFA.

 

  • corsista del Primo corso di Alta Formazione” in “Diritto, Etica e Management nel settore sportivo del calcio presso l’Unical (Università della Calabria – Dipartimento di Scienze Aziendali e Giuridiche – DISCAG), il più grande campus universitario del paese.

 

 

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