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La giustizia sportiva sia un organo di controllo e non di guerra

(di Massimo Lucchese)* – Nello sport italiano è tempo (purtroppo) di ricorsi e di diatribe giudiziarie. Bisognerebbe parlare e occuparsi solo di idee per lo sport, e invece…

Spuntano contestazioni in ogni dove, come i funghi, e non c’è federazione riconosciuta dal CONI che ne sia rimasta immune. L’ultimo caso, in ordine di apparizione, è quello della FIH (Federhockey su prato) chiamata in causa (nella persona del presidente rieletto Sergio Mignardi dall’ex consigliere William Grivel per una presunta condizione di ineleggibilità).

Da sinistra verso destra: Chimenti (FIG) insieme a Mignardi (FIH)

Da sinistra verso destra: Chimenti (FIG) insieme a Mignardi (FIH)

Sul caso tra l’altro è intervenuto il collegio di garanzia, che ha dichiarato ammissibile il ricorso di William Grivel contro la FIH. In parziale accoglimento del ricorso, ha rinviato però il procedimento alla corte federale d’appello FIH affinché uniformi la decisione ai principi del secondo comma dell’art. 15 della legge Melandri e comunque al principio di libertà delle forme proprio del fenomeno associativo.

Una immagine dello screenshot dell'home-page di www.federhockey.it

Una immagine dello screenshot dell’home-page di www.federhockey.it

Sul tema abbiamo sentito anche il presidente Mignardi: “Io e i consiglieri abbiamo sempre operato secondo una precisa cultura etica ed è in questo solco che continueremo a esercitare la nostra azione di governo. Il ricorso mosso contro FIH ci lascia sereni, perché sappiamo di aver agito in piena trasparenza e secondo le norme; la Federazione Italiana Hockey rientra nei principi ispiratori del diritto sportivo: questo significa rispetto dei valori della Carta Olimpica e delle norme statutarie, nonché autodeterminazione delle forme associative dello sport. Il percorso di rinnovamento e crescita che ha investito la Federazione continua, legittimato dal sostegno che tutti gli hockeysti hanno dato alla nostra squadra in occasione dell’Assemblea Elettiva del 16 ottobre scorso”.

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Questo caso della FIH permette un’ulteriore riflessione di maggiore portata. Stanno proliferando i ricorsi di avversari alle elezioni (come nel caso di Grivel, che ha sfidato il presidente uscente Mignardi, incassando un onorevole 43% dei consensi). Anche in caso di vittoria, spesso l’avversario sconfitto prosegue davanti ai diversi gradi di giudizio della giustizia sportiva, come se quest’ultima potesse ribaltare (in qualche modo) il risultato di un regolare processo democratico. Grivel, tra l’altro, durante l’assemblea elettiva aveva annunciato ricorso ancor prima del voto (sarebbe stato curioso vedere cosa sarebbe successo se avesse vinto), facendo intuire ai presenti, che, qualunque fosse stato il risultato elettorale, avrebbe proseguito davanti alle toghe sportive.

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E’ chiaro che questo approccio non è positivo per il mondo dello sport e rischia di essere divisivo, oltre ad impedire di poter lavorare serenamente all’interno della Federazione. Vedremo quale sarà l’esito finale di questa querelle, ma dopo sarebbe più importante confrontarsi e incontrarsi per discutere del futuro dell’hockey prato piuttosto che perdersi nel “porto delle nebbie” dei diversi gradi di giudizio della magistratura sportiva.

Oggi il presidente Mignardi è il presidente di tutti, anche di quel 43% che non l’ha votato. Questo ci sembra che il dirigente romano l’abbia ampiamente compreso e si stia adoperando in tal senso. Forse sull’altro fronte (Grivel) non lo si è ben compreso ed è un grave errore politico. 

Le Federazioni italiane si stanno trasformando in aule di tribunali o in arene dove si combatte con la ricerca (in molti casi) dell’annientamento politico dei presidenti “uscenti”. Questo è un costo per le federazioni stesse (impattano sui bilanci) e per il CONI. E’ una pericolosa “moda” che sta aumentando e non va assolutamente bene. E prima o poi qualche partito di opposizione prevediamo che voglia vederci chiaro. 

Oltre che un danno per l’intera collettività visto che molte federazioni vivono di contributi pubblici, quindi sono pagate dagli italiani stessi. Giusto difendere i propri diritti, ci mancherebbe, siamo in democrazia, ma è altrettanto corretto accettare serenamente il verdetto “democratico” delle assemblee elettive ed eventualmente,  se si è mossi da questo eroico furore, ripresentarsi tra 4 anni quando ci sarà la nuova assemblea per l’elezione del presidente e della giunta (quale che sia la sigla). Perché questo è l’approccio “sereno” che bisogna avere quando ci si presenta per una carica importante come quella del presidente di una Federazione Sportiva Nazionale.

  • condirettore dell’agenzia Sporteconomy.it
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