Editoriale – Il medagliere azzurro val bene i soldi degli italiani?
E’ questo il primo verdetto della spedizione azzurra nel
Regno Unito. Siamo sbarcati con 290 atleti, di cui ben 24 “navy seals”
della “FederMalagò” (tutti campioni affermati, già olimpici, ma che a
casa tornano con un doppio zero, come la farina per impastare la pizza). Chi si
occupa di politica sportiva dovrebbe porsi al termine dell’avventura olimpica i
seguenti quesiti:
1) Perchè portare 290 atleti se alla fine raggiungeremo non
più di 25 medaglie (previsione studiata sapientemente a tavolino dagli uomini
di Petrucci&Pagnozzi)?
2) Non sarebbe meglio introdurre, invece, la formula dei
Trials e spedire ai Giochi solo chi ha realmente possibilità di vincere,
piuttosto che regalare l’emozione olimpica a tutti quelli che hanno raggiunto
il tempo di qualificazione? Diminuendo drasticamente il numero di personale al
seguito e conseguentemente contenendo i costi del budget.
3) In questo Paese poi non si è capito chi gestisce questi
atleti olimpici. Il Coni, le federazioni, i gruppi sportivi militari, la
FederMalagò? Quante volte il contribuente italiano deve pagare l’obolo
olimpico?. E sì perchè il Governo ogni anno viene “angustiato” dalle
preghiere del CONI per poter ricevere i contributi governativi per lo sport (ma
non era autonomo lo sport italiano?), che arrivano dalle tasse, quindi da
“noi cittadini”. Poi ci sono i gruppi sportivi militari e anche lì i
soldi arrivano dalla mano pubblica, quindi da “noi cittadini”. E
siamo già a un doppione di contributo che non capiamo. Poi ci sono i soldi
spesi per gli atleti della FederMalagò, ma per fortuna si tratta di soldi
privati.
Calcolando che il nostro Paese è atteso da un paio d’anni
durissimi sotto il profilo economico invitiamo il Governo Monti e poi quello
che lo sostituirà ad avere un maggior controllo sulle spese del Coni, delle
Federazioni e degli atleti olimpici, perchè con storie difficili come l’Ilva di
Taranto o con un tasso di disoccupazione giovanile che ha superato il 10%
stride vedere in tv atleti “scoppiati” pagati e pasciuti a peso d’oro
con “i nostri soldi”. Siccome sono nostri, vorremmo che questo concetto
fosse chiaro all’interno del Palazzo H, vorremmo almeno avere un controllo.
Perchè nessuno controlla come vegono spesi e visti i risultati di molte
federazioni, forse è arrivato il momento di mandare a casa buona parte dei
dirigenti in viaggio alle Olimpiadi, perchè sinceramente non se ne sente il
bisogno. Perchè, prima o poi, l’operaio-tipo dell’Ilva si potrebbe anche
“incazzare” e forse avrebbe anche ragione di farlo.
4) Capitolo premi per la conquista delle medaglie: in una
spedizione azzurra dove una certa Federica Pellegrini ha fatto anche le
“bizze” per non portare il tricolore (meno male che ha dietro decine
di consulenti di immagine, marketing, mental coaching e compagnia cantante),
sinceramente ci avrebbe fatto male vederla correre per ritirare l’assegnuccio
da 140 mila euro lordi (è bene ricordarlo) destinato dal CONI a chi vince
l’oro. I benpensanti potrebbero obiettare: e vabbè ma uno che vince ha diritto
a essere “premiato”. Scusate ma a) chi l’ha detto; b) chi l’ha deciso
c) dove nasce questo obbligo d) ci sono fior fiori di comitati olimpici
stranieri che prevedono la metà della metà di questi soldi e nessuno degli
atleti olimpici si lamenta. Semmai saranno gli sponsor privati a coprirli
d’oro, come nel caso di Phelps. Un altro esempio? In Germania appena 15 mila euro per un oro. Sbagliano loro o noi? Noi propendiamo per la seconda ipotesi.
Solo in Italia vediamo questi sprechi. Tanto chiaramente
sono soldi presi dal “tesoretto” del CONI con buona pace del Governo.
Ma ripeto sono tutti soldi dei contribuenti, nel giardino del Palazzo H ancora
non vediamo chi possa generarli in modo così copioso, senza l’ausilio della
mano pubblica. Ma sempre pronti a ricrederci.
5) Capitolo Schwazer: premesso che non crediamo a una sola
parola del sig. Alex, è singolare che l’atleta avrebbe firmato il giuramento
anti-frode del CONI solo a Londra. Quando si dice il destino. Pazzesco, da non
crederci. Proprio l’unico che non l’aveva firmato è stato colpito quasi da una
maledizione. Quando si dice la sfiga in un senso e nell’altro. Nel futuro
invitiamo il CONI a istituire un corpo di ispettori per controllare (anche loro
a sorpresa come la WADA, perchè se li chiamiamo per avvertirli forse non vale)
l’operato dei propri atleti, perchè la figuraccia è stata di portata mondiale,
nonostante che Gianni Petrucci ci abbia tranquillizzato da CASA ITALIA (una
bellissima operazione da oltre 1,8 mln di euro – o almeno così raccontano le “cronache
di Narnia”) sul fatto che la notizia sia stata ripresa quasi in modo
incidentale dalla stampa straniera. A noi risulta il contrario, ma non stiamo a
guardare il capello. Non saranno arrivati i giornali a Casa Italia e poi non so
se lo sapete ma le testate online non sono ben gradite, tant’è che non esistono
accrediti per i giornalisti (anche professionisti) di questa categoria
dell’informazione. “Ma prima o poi succederà”, ci ha assicurato
Danilo Di Tommaso (capo ufficio stampa CONI). Siamo speranzosi e sicuramente le
51 testate estromesse magari si consorzieranno in vista di RIO2016. Su questo
c’è almeno da sperarci.
Per concludere:
Per noi uno Stato “moderno” è un Paese che ha un
Comitato olimpico nazionale teso quotidianamente a promuovere lo sport di base,
sia per motivi di salute (visto che il numero degli obesi soprattutto tra i
giovani sta aumentando) che per ragioni squisitamente sociali.
Il medagliere è solo un momento autoreferenziale della “nomenklatura”
olimpica. E a noi i proclami trionfalistici fini a se stessi non piacciono.
Ragioniamo sui freddi numeri, che non possono ridursi alla celebrazione di
20-25 medaglie. Sono 25 eccellenze? ma la base dov’è? E’ possibile che a
rappresentare la canoa femminile ci sia, per esempio, un’atleta di 48 anni. Per
Petrucci vale più di un oro, per noi è una sconfitta. Il valore di Josefa Idem
(peraltro tedesca come prima provenienza olimpica, così lo ricordiamo per
inciso) non si discute, ma vorremmo vedere atleti da medaglia (quale che sia la
disciplina olimpica) non oltre i 25 anni. Non si può spedirli ai Giochi solo
perchè dietro non c’è nessuno (tra i giovani) in grado di giocarsi una finale.
In sintesi come si fa a raggiungere l’obiettivo ambizioso
della promozione dello sport di base se abbiamo un parco impianti che dire
obsoleto è dire poco? I numeri del CONI saranno sicuramente trionfalistici in
tutto e per tutto, a noi sembra l’esatto contrario, ma per fortuna almeno il
“diritto di critica” visto che facciamo i giornalisti e non i “mangiatori
di tramezzini” è ancora costituzionalmente garantito.
E finchè c’è vita c’è speranza. Una riflessione è incontestabile:
se non ci fosse il Governo e il suo contributo pubblico (i famosi “soldi
nostri”) il CONI non avrebbe la forza di spedire i suoi 290 “opliti”
alle Olimpiadi. Il giorno che ci dimostrerà che è capace di attrarre sul
mercato “privato” risorse pari se non superiori a quelle governative,
quindi di camminare con le gambe proprie, ci spelleremo anche le mani. Ma per
il momento non c’è questo rischio.
A Giovanni Malagò (presidente CC Aniene), che si presenterà nel 2013 per la presidenza del CONI (e che tra l’altro mi sta anche simpatico in linea di principio) chiediamo di “rivoluzionare” questo sistema e di rivedere l’idea di quella che scherzosamente abbiamo ribattezzato FederMalagò, perchè è chiaro che organizzata così è più una spesa che una entrata (anche sotto il profilo dell’immagine). Bisogna avere il coraggio di scommettere solo sulle “giovani promesse”, per i campioni c’è il sistema olimpico e il CONI, no?
Un tempo eravamo un popolo di
santi, poeti e navigatori, oggi siamo al massimo una tribù di cecchini e
schermidori, ma di nuotatori e o di campioni di atletica leggera (le due
discipline olimpiche per antonomasia) non se ne vede l’ombra (fatta eccezione per i bronzi di Donato nel triplo o
di Grimaldi nel nuoto in acque libere).
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