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Diritti tv-Infront: La macchina del fango è inarrestabile

(di Marcel Vulpis)C’è qualcosa di veramente insano in questo Paese. Da un lato in ogni programma tv (politico e non) si parla di meritocrazia, di libero mercato, di progettualità, di internazionalizzazione, di capacità di attrarre investitori stranieri. Dall’altro, invece, l’Italia è il Paese più “illiberale” che possa esistere a livello mondiale. Più guadagni, più attrai problemi, gelosie e invidie.

Presumibilmente il Burundi è peggio di noi, ma solo per non fare vedere  al mondo che siamo veramente gli “ultimi”.

Il caso incredibile del trattamento mediatico che sta subendo l’advisor Infront è sotto gli occhi di tutti. La società  guidata da Marco Bogarelli è cresciuta negli anni come una delle centrali di sports-marketing e tv-rights più importanti nel mondo. E’ cresciuta, di lustro in lustro, rinnovandosi nel business e sviluppando affari a sei zeri, diventando un punto centrale nell’economia dello sport italiano e non.

Infront ha partecipato a tutte le gare messe in campo dalla Lega calcio serie A offrendo sempre molto di più rispetto a qualsiasi competitor e dimostrando di essere un soggetto più che liquido (sempre preciso e puntuale nei pagamenti). Sempre Infront ha accettato di seguire la parte marketing e commerciale di molti club di A e B, non come sottolinea Il Fatto Quotidiano per “controllare” o “esercitare” un potere, ma perché sono stati gli stessi club a riconoscere ad Infront un livello manageriale, che, nella stragrande maggioranza dei casi, non erano in grado di mettere in campo autonomamente.

Infront è stata sempre di supporto (non solo a livello economico-finanziario) rispettando alla “virgola” i contratti con la Lega, ma ha anche aiutato a livello consulenziale le società di calcio. Se non fosse esistita Infront la serie A attuale sarebbe molto più povera di quanto lo possa essere oggi e ancora in una “età della pietra” a livello marketing/commerciale, per non parlare di comunicazione digitale. 

Se i colleghi del Fatto avessero un approccio non ideologico (e questo non è una colpa, ma fa parte, a torto o a ragione, della loro provenienza culturale) nella fase di stesura degli articoli, queste cose emergerebbero.

Invece queste nostre considerazioni di “buon senso” non appaiono in alcuna riga. Anzi è un massacro mediatico, casualmente a pochi giorni da una sentenza importante da parte del TAR. Quando si dice “i casi della vita”. E oggi il collega del Fatto sottolinea nella sua replica proprio questa casualità.

Va bene vogliamo credergli (ma anche no), però, questa “casualità” è sempre in un senso: ovvero messaggi al sistema “negativi” e un meltin pot di frasi intercettate totalmente decontestualizzate, che, messe insieme, possono fare apparire Infront come una centrale di potere, più che di affari “sani” in una logica di concorrenza di mercato.

Infront ha sempre cercato di dare un servizio di alta qualità alla Lega, ai club e ai broadcaster, modificando, di anno in anno, l’offerta e il prodotto calcio da un punto di vista tv/multimediale (in Italia e all’estero).

Nel parere dell’AGCOM, una delle cose che vengono contestate ad Infront è di “parlare” (pensate un po’) con i club. Scusate signori dell’AGCOM ma sapete quali sono le funzioni di un advisor? E lo stesso lo chiediamo ai colleghi del Fatto. Ma una struttura di consulenza (lo dice la parola) non può nemmeno avere rapporti con i club per aiutarli a guadagnare di più e a crescere come brand?.

Magari ascoltandoli per avere un sentiment puntuale delle loro necessità aziendali. Tutto questo è stato rivisitato ad arte e sarebbe la “colpa” di Infront.

Tra l’altro nella replica di oggi il collega del Fatto sottolinea come la Procura di Milano stia indagando. E allora? Indagare è sinonimo di colpevolezza? Qui si sta scadendo in un “giustizialismo mediatico”, che non ha alcun senso di esistere. Non sono i giornali che devono anticipare le sentenze, devono solo fare informazione (in modo indipendente e senza pre-concetti ideologici) e raccontare i fatti. Il resto tocca ad altri organi. Se i media si sostituiscono ai magistrati allora c’è veramente qualcosa di insano in questo Paese. 

Infront non ha mai voluto controllare nessuno o esercitare pressioni sui club. Sono i club in difficoltà economica che chiedono aiuto (utilizzando l’anticipo sulle fatture – pratica che avviene normalmente in qualsiasi comparto merceologico) non il contrario. Ma nemmeno questo si è colto nel mondo del giornalismo italiano?

Il logo di Infront Sports &Media

Il logo di Infront Sports &Media

E, invece, l’indagine giudiziaria diventa già una condanna (almeno per Il Fatto), in uno schema già visto in politica. E poi quei continui “schizzetti” su Bogarelli, reo, pensate un po’, di aver lavorato o di avere degli ottimi rapporti con Fininvest.

Aver lavorato per la più importante multimedia/tv company privata italiana non è una colpa, anzi la vedrei come una expertise. E invece c’è sempre questo accostamento continuo a Fininvest, dove la scivolata politica da parte di chi scrive è sempre dietro l’angolo. Stucchevole come stile, quanto inutile.

Credo che siamo veramente arrivati ad una pressione mediatica fuori dai canoni tradizionali, perché i contenuti sono sempre gli stessi da oltre due anni, con una cadenza periodica in stile calendario-fiera.

La “fiera”, verrebbe da dire, della pressione mediatica solo in un senso.

Ci piacerebbe vedere su “Il Fatto” un’intervista a Bogarelli, dove gli fosse data la possibilità di spiegare il suo lavoro e come si muove sul mercato dei diritti. Lo auspichiamo, ma vorrebbe dire che non siamo più nel mercato dell’informazione italiana. La sfida l’abbiamo lanciata. Vediamo se Il Fatto avrà il coraggio di coglierla. 

L'immagine del logo/testata del Fatto Quotidiano, diretto da Marco Travaglio

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