Punto e a Capo

Candidatura Euro 2012: …non replichiamo gli sprechi di Italia ‘90

Quando in Italia si vedono le massime istituzioni sportive darsi da fare per candidarsi ad un evento sportivo, Mondiali o Olimpiadi che siano, bisogna sempre temere e sperare nella benevolenza del Signore. Se ci dice bene infatti acciamo delle figure barbine di fronte ai nostri colleghi esteri, arrivando secondi dietro improbabili vincitori (vedi Napoli con la Coppa America 2007 e ancora prima Roma per i Giochi olimpici del 2004). Da qualche giorno i principali giornali sportivi stanno dando ampio risalto alla volontà di Franco Carraro (presidente Figc) di presentare un progetto tricolore per i prossimi Europei del 2012.  Quello che ci chiediamo è se, ancora una volta, dobbiamo andare a fare figuracce sapendo già il risultato finale. Innanzitutto all’estero non siamo molto amati (parlo dei nostri vertici sportivi) e molti esempi eclatanti hanno dimostrato, tra gli ultimi i Mondiali e gli Europei lusitani, la bontà di questa tesi. Ma senza entrare nel personale ci chiediamo come sia possibile presentare una candidatura sapendo in anticipo che gli stadi italiani (nessuno escluso) non sono assolutamente a norma  secondo i parametri Uefa). I pro-Carraro ci risponderanno sicuramente che la candidatura Europea può essere l’occasione per risistemare i nostri vetusti impianti, ma soprattutto le zolle dei campi di gioco, dove, ogni domenica, i campioni della pedata si rompono legamenti e tendini. Anche qui ci permettiamo di far notare che tutto ciò sarebbe bellissimo se fosse vero. Bisogna, però, guardare in faccia la realtà. Alcuni dei lavori previsti per Italia ’90 sono ancora in corso (l’ultimo è il raddoppio del G.R.A. di Roma). Allora ci permettiamo di alzare l’indice e ancora prima che il Governo dia il beneplacet a Carraro (in qualità di Presidente della Figc) vi facciamo notare che la candidatura italiana ha un senso se per la data dell’evento sarà possibile avere degli stadi più moderni e funzionali. Altrimenti non andiamo a creare un circolo di business che non ha alcuna ricaduta sull’utente finale (cittadino o tifoso di calcio), se non per i soliti noti. Molti addetti ai lavori hanno già sottolineato che siamo  fuori tempo massimo per iniziare i lavori di riammodernamento degli stadi. Pertanto rischieremmo di andare a sottrarre risorse vitali all’economia italiana per un progetto nato zoppo in partenza. Ma questo è il Paese delle missioni impossibili e allora andate avanti lo stesso, ma vigileremo con inchieste ed indagini (anche a livello parlamentare) per controllare la regolarità dell’intera operazione.  Italia ’90 e i suoi “mostri” non sono fantasmi, ma creature reali…Purtroppo.

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Marcel Vulpis

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