(di Massimiliano Morelli)* – Sessant’anni, una vita. Millenovecentocinquantotto, dieci anni prima della contestazione contestazione giovanile. Millenovecentocinquantotto, anno di inizio d’una nuova era economica. Ma anche di lutto per il calcio. All’aeroporto di Monaco di Baviera, al terzo tentativo di decollo, un aereo che si era “fermato” in Germania solo per un rifornimento di carburante si schianta contro una casa disabitata, complice uno strato di neve e fango che ricopre la parte finale della pista. Quarantaquattro passeggeri a bordo, ne muoiono ventitré, fra questi ci sono otto giocatori del Manchester United e tre membri dello staff. Gente che faceva parte dei “Busby Babes”, una compagine mai dimenticata, così chiamata per Matt Busby, allenatore capace di scommettere sui giovani, come da giovani era formato quel team. Il resto, feriti che scampano al rogo. Fra questi anche lo stesso manager, Matt Busby, che due volte riceve l’estrema unzione, tanto gravi appaiono le sue ferite. Ma il coach sopravvive e porterà in seguito il Manchester United a vincere la prima Coppa campioni con due sopravvissuti, Bobby Charlton e Bill Foulkes. E’ una tragedia inenarrabile, che in Italia riporta alla mente quella di Superga, e che accomuna il Torino ai Red Devils. Strano destino, così come accadde con la squadra di Valentino Mazzola, che tornava da un’amichevole disputata in Portogallo, anche la squadra inglese tornava da una partita di calcio, disputata a Belgrado e chiusa sul tre pari. Era la semifinale di ritorno della Coppa dei Campioni, antagonista la Stella Rossa di Belgrado. Per dovere di cronaca, nell’incidente aereo morirono anche otto giornalisti. Sempre per la cronaca, nei giorni scorsi l’attuale capitano della squadra Michael Carrick e José Mourinho, allenatore, hanno deposto una corona di fiori alla presenza degli unici due giocatori scampati al disastro e ancora in vita.

• giornalista sportivo e scrittore