Bonaccorsi (PD): Pronti ad aggiornare il decreto Melandri sui diritti tv del calcio
Pubblichiamo una interessante intervista pubblicata da L’Unità –lo scorso 21 maggio 2016 – pagina 14 – dedicata alla riformulazione del mercato dei diritti audiovisivi del calcio italiano
“Una partita di A sarà trasmessa in chiaro”
Lorenza Bonaccorsi, deputata Pd, spiega come dal 2018 cambiano i dirittti tv nel calcio. “Aggiorniamo il decreto Melandri”.
di MASSIMO FILIPPONI
Il testo di legge verrà presentato nei prossimi giorni. Interessa presidenti dei club, imprenditori del settore televisivo e tanti tifosi-utenti. Per questo è molto atteso e ha generato qualche confusione. «Facciamo chiarezza – dice Lorenza Bonaccorsi, deputata Pd firmataria della proposta insieme alla collega Daniela Sbrollini – La parte della legge di cui mi occupo è quella che rappresenta la prima parte del “decreto Melandri”, quella cioè che disciplina la commercializzazione dei diritti tv. Poi c’è una seconda parte che riguarda la ripartizione dei soldi. Nel mio testo di legge non si interviene sulla seconda parte, noi ci occupiamo esclusivamente della “nuova” commercializzazione dei diritti tv. Di mutualità e ripartizione si occuperà il governo».
Perché avete deciso di intervenire sul “decreto Melandri”?
«Quel decreto ha fatto tanto e ha fatto bene: la centralizzazione è stata la vera rivoluzione di questo mercato. Ma alcune parti sono superate».
Faccia degli esempi…
«Il divieto di sublicenza non è più attuale, il capitolo sulle piattaforme emergenti non ha più senso perché ciò che doveva emergere ormai è emerso… Poi prevedeva il doppio passaggio di due autorità sulle linee guida. Noi lasciamo che sia solo l’Agcom ad occuparsene. Mettiamo limiti all’advisor che tante polemiche ha suscitato. Viene eliminata la fondazione che riceveva i soldi e poi li ripartiva».
Della ripartizione dei fondi lei non parla…
«No, già l’ho detto. Non me ne occupo. Su questi temi entrerà il governo forse con un decreto. Voglio dirlo chiaramente perché ho ricevuto perfino telefonate di presidenti di club… Ma la parte tecnica è quella più complicata».
Passiamo alle novità tecniche…
«Un altro aspetto molto importante sta nell’eliminazione dell’obbligatorietà del titolo abilitativo. Mi spiego: attualmente può partecipare ai bandi dei vari pacchetti predisposti dalla Lega Calcio solo chi è già in possesso del titolo abilitativo per essere operatore televisivo. Noi diamo la possibilità di partecipare al bando e poi ottenere il titolo abilitativo entro sei mesi dall’assegnazione del bando. Perché un imprenditore deve prendere il titolo operativo senza sapere se vincerà o se avrà chance di vincere la gara?».
Qual è il senso di questa modifica?
«Lo facciamo per aprire il mercato ad altri player. Penso a operatori stranieri, al mondo tecnologico che è in continua evoluzione. Cerchiamo di allargare a più operatori, di andare oltre il duopolio Sky-Mediaset».
La Rai può essere di nuovo coinvolta?
«Certo. Nel nuovo testo ci sarà l’obbligo per la Lega Calcio di preparare un pacchetto riguardante la trasmissione “in chiaro” di una partita di Serie A per giornata. Potrà essere un anticipo o anche un posticipo. Penso che si possa decidere anche di volta in volta. In armonia con il calendario nazionale e gli impegni internazionali nelle Coppe».
Quindi si esce dal concetto del pay per view, pagare per vedere…
«Noi vogliamo restituire importanza a quel senso di comunità, di popolarità che sta dietro al gioco del calcio. Il campionato non deve essere appannaggio solo di coloro che hanno i soldi e possono comprare tutto. E poi oggi il mondo è totalmente diverso rispetto a otto anni fa. Ad esempio nel 2008 Sky poteva trasmettere solo sul satellite, oggi ha anche dei canali del digitale».
E poi c’è un mercato del digitale che si sta sviluppando…
«Sì, pensate a pc, tablet e smartphone. Ci sono dei siti – penso a gazzetta.it – o portali che possono avere interesse a trasmettere gli highlights di una gara al termine della partita. Il numero dei possibili competitor è incredibilmente aumentato».
Per alcune emittenti è stata un’avventura complicata…
«Di piattaforme che hanno provato a fare il grande salto e poi sono finite male ce ne sono diverse. Il caso di Dahlia tv è emblematico in questo senso».
Ma chi ve lo fa fare di andare a toccare un tema così sensibile?
«Il fatto è che il mondo è cambiato. Quel mondo tecnologico raccontato nel decreto Melandri oggi non esiste più. Così si ingessa un meccanismo, lo si immobilizza. Che è esattamente la cosa opposta a quella che deve fare un governo che punta all’innovazione tecnologica del Paese. E questa ingessatura ha favorito le condizioni che hanno determinato le sanzioni (per «restrizione della concorrenza» ndr) per 66 milioni da parte dell’Antitrust nei confronti di Sky, Mediaset, Lega Calcio e al suo advisor Infront».
Capitolo advisor. Infront è finita al centro di polemiche…
«Io non so se Infront sia buona o cattiva, so solo che il ruolo dell’advisor deve essere definito meglio, va avvicinato il più possibile al ruolo che svolge l’advisor nel resto dei campionati in Europa. In poche parole: se svolge il ruolo dell’advisor non può farne altri, altrimenti si sconfina nel conflitto di interessi. Noi dobbiamo provare a rendere più nitidi meccanismi che al momento sono molto opachi. Ci sono paletti che erano stati un po’ dimenticati e di fatto impediscono di dare trasparenza, dinamicità e apertura al mercato. Un mercato che noi vogliamo sempre più ricco, perché oggettivamente fa bene a tutti».
Secondo alcuni commentatori i soldi dei diritti tv hanno ucciso i vivai. Che cosa ne pensa?
«Noi ci preoccupiamo anche dei vivai. Nella parte del testo che curerà il governo, e che riguarderà i criteri della ripartizione dei proventi, saranno rafforzati quei meccanismi che finanziano i vivai e i settori giovanili. Non solo: sarà ampliata la lotta contro il calcioscommesse, per l’affermazione della legalità e dell’etica. L’abolizione della fondazione va proprio in questa direzione perché migliora la tempistica e i proventi vanno direttamente dalla Lega ai destinatari e c’è un maggior controllo».
Tanti soldi nelle classe dei club italiani ma scarsi risultati sportivi. E la ferita del caso Parma è ancora aperta…
«La situazione di alcuni club italiani è determinata da una cattiva gestione. Non c’è la preparazione manageriale per amministrare con lungimiranza le società. Di soldi, grazie ai diritti tv, ne sono arrivati tanti ma non tutte le società hanno saputo gestirli bene».
La Juventus non è tra queste…
«Il marketing e il merchandising della Juventus sono di ottimo livello. È un club che ha investito nello stadio di proprietà e questa è stata una delle chiavi del successo. Anche lo stadio poi va costruito con intelligenza… Noi ci ritroviamo degli impianti enormi e scomodi che non vengono riempiti quasi mai, mentre va senz’altro preferito un modello di stadio più piccolo con lo spettatore vicino al campo e molti altri eventi con servizi disponibili anche nei giorni in cui non c’è la partita».
Lei è favorevole alla costruzione di nuovi stadi?
«Sì, senz’altro. Sono occasioni di sviluppo urbanistico. Occorre ripensare a delle strategie dello sport che siano anche strategie culturali e sociali perché andare a costruire uno stadio in una città vuol dire ancora riempire un vuoto, riqualificare una periferia urbana, realizzare dei meccanismi di traffico che fluiscano… Tutte cose di cui si deve parlare, per esempio nel caso del nuovo stadio della Roma, ma tenendo lontane le “tifoserie politiche”…»
Prima Giovanna Melandri oggi Bonaccorsi…Donne che si occupano di regolamentare il calcio, uno sport praticato e pensato di solito “maschile”…
«Giovanna Melandri era ministro dello Sport ed è stata un grande ministro. Io mi sono sempre occupata di tv e media e arrivo a rivedere il decreto per renderlo più rispondente agli sviluppi della tecnologia. Però le donne hanno, rispetto a questi argomenti, un approccio meno “ormonale”, più ampio e più libero».
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