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Marketing e comunicazione nel futuro dell’US Acli e degli sport di base

Marketing e comunicazione applicati allo sport di base, si può. Anzi, si deve. L’imperativo nasce dalle nuove esigenze del mercato, laddove il mercato nell’ambito dello sport dilettantistico non può non confrontarsi con il tema del sociale del marketing etico. Sono stati i temi al centro del dibattito organizzato on line dall’US Acli, Ente di promozione riconosciuto dal Coni nell’ambito di ‘Fare Rete’, un percorso di confronti e condivisione di idee che porterà l’associazione al Congresso elettivo che si svolgerà dal 12 al 14 marzo 2021 in vista del prossimo quadriennio olimpico.
A partecipare all’incontro, moderato dal Capo Redattore ANSA Sport Piercarlo Presutti e al quale hanno assistito anche gli studenti iscritti all’Università degli Studi di Messina, sono stati Carlo Giannetto (docente di marketing dell’Università degli Studi di Messina), Damiano Lembo (Presidente dell’US Acli), Giovanni Valentini (Direttore Commerciale della Figc), ed Enrico Varriale (Vice direttore Rai Sport con delega al calcio). Solo nella diretta di oggi, la pagina facebook di US Acli Italia ha registrato quasi mille contatti.
Dopo i saluti istituzionali di Lembo, ad aggredire subito l’argomento è stato il responsabile commerciale della Federcalcio, forte di una Nazionale tornate finalmente tra le prime dieci nel ranking Fifa: “La nostra è una delle belle storie da raccontare – ha spiegato Giovanni Valentini – in un momento così triste per la pandemia. Siamo partiti da inizio novembre 2017, quando dall’eliminazione dell’Italia al Mondiale di Russia siamo riusciti a trasformarlo in un momento positivo. Dopo tanti anni siamo tornati tra le prime dieci nazionali nel ranking Fifa, questo grazie alla scelta e al gioco di ct Mancini, che è la punta dell’iceberg della locomotiva delle nazionali, compresa la femminile che sta facendo ottimi risultati. In pochi hanno ricordato in questi mesi le difficoltà di una Under 21 decimata: siamo riusciti a giocare un’ottima partita con l’Irlanda e vincere. Gravina dice che abbiamo ormai raggiunto un bacino di giocatori interscambiabili tra giovanili e maggiore, merito degli investimenti che la Federazione ha fatto negli ultimi anni. Con la nazionale maggiore abbiamo fatto bottino pieno e zero Covid, rispettando tutti i protocolli Uefa, siamo andati in Bosnia, tra i Paesi più colpiti, e siamo tornati tutti sani. Dal punto di vista dell’immagine la scommessa di Gravina di internizzare tutta l’area commerciale e ricavi è stata una scommessa vinta sul campo. Prima la Figc si affidava a un advisor esterno, da Pubblitalia, a Rcs e poi Infront, che garantivano ricavi certi senza rischi. Gravina e il dg Brunelli hanno voluto fare questa scommessa, i dati di questo anno e mezzo di attività dimostrano un incoming maggiore del 50% rispetto al quadriennio precedente con 20 aziende nuove, un percorso molto attrattivo per le aziende che hanno scommesso sulla nazionale. Complici i risultati sul campo ma anche le iniziative, anche sul sociale, che la Figc ha deciso di investire. Siamo partiti da questa storia nel nostro palazzo, abbiamo brandizzato sui due lati del palazzo di via Allegri cercando di comunicare le nostre emozioni direttamente da lì”.
“Cosa farei da direttore commerciale degli Enti di promozione? Quel che mi colpisce dello sport di base, è la passione – sentenzia ancora Valentini – Io partirei proprio dalla passione. Le aziende investono i propri soldi in progetti di comunicazione. Andrei a proporre alle aziende indirizzando i progetti sull’educazione e la diffusione dello sport partendo dalle scuole fino a coltivare il sogno dell’agonismo. Lo sport di base ha numeri importantissimi, che sono il suo cuore pulsante. Solo uno su diecimila arriva a fare lo sportivo professionista. Si deve partire dalle scuole, dalle elementari. Dal punto di vista europeo siamo indietro. Bisogna tornare a temi come obesità, alimentazione, temi che affliggono i giovani italiani”.
Tra i connubi più riusciti della rinascita delle nazionali azzurre c’è quello che lega la Figc alla Rai: “Ho assunto questo incarico pochi mesi dopo la disastrosa sconfitta con la Svezia che ci ha tenuti fuori dal mondiale di Russia – ha spiegato Varriale, Vice Direttore di Rai Sport con delega al calcio – La prima cosa che ho cercato di migliorare è stato il rapporto con la Figc. Noi facciamo giornalismo e comunicazione, essendo noi il partner principale della Federcalcio, se vince la nazionale vince la Rai e se vince la Rai vince la Nazionale. Ho trovato una grandissima disponibilità da parte di Gravina e il suo staff. Si è voluto impostare un lavoro non solo sulla locomotiva della nazionale maggiore, e per questo sono particolarmente fiero della nazionale femminile. In una delle mie prime riunioni a viale Mazzini si affrontò il come avremmo aggredito il mondiale femminile 2019. La nazionale fece davvero breccia, addirittura Rai Uno chiese di trasmettere Italia-Brasile, con oltre 6 milioni di spettatori e quasi il 30% di share, roba pari al Festival di Sanremo. Dal 2019 in poi non siamo mai scesi sotto il 23% di share con la nazionale di Mancini, fino ai 6,6 milioni di spettatori con la Bosnia, che era decisiva ma non era certo Italia-Germania o Italia-Brasile. Numeri straordinari. Nella serata di Bosnia-Italia, che sul piano della comunicazione passerà alla storia in quanto è stata l’unica partita in cui nessun inviato è andato in trasferta, abbiamo fatto un ottimo lavoro che si è concluso con un’intervista in remoto a Gravina e la prima a Mancini dopo il Covid. Marketing, comunicazione e giornalismo devono andare sempre di pari passo. Vale anche per lo sport di base, e noi da anni affianchiamo l’US Acli con il Premio Bearzot”.
“Il discorso sul marketing associativo ed etico è una strada da esplorare – ha concluso Varriale – è una sfida che riguarda anche noi giornalisti. Serve fare storytelling, riuscire a raccontare belle storie. Sono quelle cose su cui noi dobbiamo essere capaci di accendere una luce. Dobbiamo avere la capacità di saperle raccontare queste storie, come facciamo noi con ‘Storicamente Dribbling’”.
I numeri dell’industria sportiva li ha ricordati il professor Giannetto: “L’ultimo report dell’Istat ha individuato in circa 20 milioni le persone in Italia che praticano sport. A livello economico, in Unione Europea rappresenta il 2% del Pil, con 7,3 milioni di addetti nel mondo dell’impresa sportiva e il 3,5% dell’occupazione nel settore del terziario relativo allo sport. In Italia nello sport lavorano circa 120 mila persone e 40 mila imprese per un fatturato di 14 miliardi di euro. Oggi il marketing applicato nello sport è sicuramente una risorsa. È una teoria applicata di recente, da un lato il sistema relazionale, dall’altro il legame con il gruppo sportivo. Come il marketing può essere un volano per le piccole associazioni? Da un lato parliamo di un marketing con lo sport, dove lo sport è uno strumento di comunicazione per le aziende dello sport. Ma possiamo parlare anche di marketing attraverso lo sport, in cui gli attori che utilizzano lo sport come moltiplicatori di sport, in grado di catalizzare con lo sport altri tipi di economie. Lo sport è diventato sicuramente uno strumento multidisciplinare, può riguardare un elevato numero di soggetti economici ma anche non economici: ci sono le sponsorizzazioni, anche attraverso partnership più moderne. C’è il marketing associativo, che permette di aiutare le realtà più piccole a promuovere le proprie attività allo scopo di aumentare le quote associative, aumentando anche il numero di corsi. Margini di crescita? Sarebbero sicuramente crescenti, si potrebbe attestare sul 15-20% ma bisogna lavorare sodo. Bisogna partire dalla base della piramide, i giovani”.
Per un’associazione come l’US Acli, inevitabile il confronto con il tema del sociale, a partire dal Premio Bearzot che ogni anno celebra il miglior allenatore del campionato di calcio: “Un bell’esempio di partnership con Figc e Rai – rileva il presidente Damiano Lembo – Un esperimento riuscito che cerchiamo di esportare in piccolo al nostro mondo locale. Nel nostro ambito parliamo di associazionismo. Scendiamo dal mondo di impresa e arriviamo al mondo dello sport a livello associazionistico. Fuori dai riflettori. Il compito è molto più arduo, abbiamo una sorta di condizione storica in cui comunicazione e marketing sono visti come appannaggio di un mondo lontano dal nostro. È difficile uscire dal concetto di mondo del Terzo Settore: comunicazione e marketing vanno valutati dal punto di vista di un prodotto che va fatto conoscere e che deve mettersi sul mercato. Benessere, salute, crescita, salute, sociale, questi sono i nostri prodotti. Serve un salto culturale che ci deve far capire che noi dobbiamo vendere un prodotto, senza una commistione tra vendita e utile. Per noi l’utile è crescita sociale e benessere”.
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