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In attesa del nuovo Pontefice…con Pizzaballa che ci riporta anche ai tempi della Panini.

(di Carmelo Pennisi)* – Potrebbero risuonare come un monito lugubre, sui Cardinali, che, dal 7 maggio prossimo, saranno rinchiusi in Conclave per eleggere il 267esimo Pontefice della Chiesa Cattolica, le parole scritte da Fedor Dostoevskij ne “I Fratelli Karamazov”: “il socialismo non è solo questione operaia, o il cosiddetto quarto Stato, ma è principalmente la questione della Torre di Babele costruita senza Dio, non già per raggiungere dalla terra, ma per portare sulla terra il cielo”. Ah, gli scrittori russi, sempre ossessionati dalla questione del potere e dall’immaginarsi il demonio saltellare attorno alla loro immaginazione fino a trasformarsi per un attimo da topos letterario a realtà fattuale. Il demonio appare e cosparge male irrefrenabile, reso tutto più complicato dalla sua apparente incomprensibilità, e da quel momento, anche inconsciamente, si comincia ad aspettare il miracolo. Anche i più scettici lo aspettano.

Ma la rivoluzione bolscevica del 1917 ha reso tutto ancora più complicato, realizzando in modo audace le sue più rosee previsioni, cominciando a portare il mondo fuori dalla traiettoria di Dio. Lenin, il padre padrone della Rivoluzione, chiarisce subito che non ci sarà pietà per il sacro, e fa massacrare in una delle tante giornate anonime di Ekaterinburg l’intera famiglia Romanov, annientando un passato nel timore che un giorno potesse ridiventare una ipotesi di futuro. Il resto lo avrebbe poi fatto, nel corso del 900, il trionfo acritico della tecnica tanto temuto da Martin Heidegger. L’equivoco contenuto nel Pontificato appena concluso forse risiede proprio nell’aver dato a tratti l’idea di aver smarrito la reale posta in gioco situata da sempre tra cielo e terra, e non sulla terra dei poveri e degli emarginati.

La sedia del Papa in Vaticano (sala Nervi) – foto agenzia Sporteconomy.it (tutti i diritti riservati)

L’equivoco è dilagato tra i fedeli e tra chi fedele non era, contribuendo a smarrire il senso completo della missione dell’uomo destinato a vestirsi di bianco. I Cardinali elettori, come in ogni Conclave, sono chiamati, nella scelta del successore di Pietro, soprattutto a correggere i fraintendimenti, non dimenticando come il “Verbo” debba necessariamente andare ad incarnarsi nella storia. Si viene da tre pontificati importanti, soprattutto perché svoltisi sotto la lente dei media che hanno abbandonato la loro funzione di intermediazione per divenire semplicemente il braccio armato dell’occhio indiscreto dell’opinione pubblica e per aver portato la figura del Successore di Pietro in giro per il mondo.

Il rappresentante del sacro non è più un punto lontano abbracciato dal “Colonnato del Bernini”, ma ora scende dalle scalette di un aereo e va incontro alle emozioni e alle speranze di chi vede nel Cristo una risposta a tutti i punti oscuri del mondo. Il problema non è se le cose degli uomini valgono poco o valgono tanto, il vero problema risiede nel terrore che le cose degli uomini prima o poi finiscono, e non c’è consolazione ideologica che possa riempire l’improvviso vuoto a presenziare tale stato d’animo. Il potere ti avvinghia, ti inebria, e poi un giorno ti lascia, o dentro l’indifferenza di una bara, o nel furore di una rivoluzione contro il tuo potere, oppure nella tristezza di una sconfitta elettorale. Si cerca l’eternità terrena, quando l’unica cosa certa da quando si mettono i piedi per terra e si comincia a camminare è la transitorietà. I potenti della terra sono convenuti ai funerali di Papa Francesco per mostrarsi e per capire, chissà quale delle due cose avrà avuto il sopravvento. Intanto in queste ore i Cardinali si interrogano, perché i problemi che stanno attanagliando il mondo attuale sono vari e pericolosi come non mai, e il Pontefice giusto dovrebbe essere uno specchio dove questi possano riflettersi al meglio nella speranza possano trovare una via della soluzione. I nomi dei “papabili” ballano come nel “teatro dei pupi” siciliani, e sono affrancati con il bollino di “progressisti”, “conservatori”, “moderati”. Dopo i “papabili” ci sono gli “alieni”, quelli che non si conoscono, nominati Cardinali dalla periferia del mondo dal Pontefice più periferico mai esistito.

Sarà la continuità con Francesco di Pietro Parolin o Matteo Zuppi a prevalere, oppure si andrà verso l’Asia di Luis Antonio Gokim Tale? L’Asia vuol dire la sfida del futuro, con Cina e India in fermento verso il potere, con la questione Taiwan aperta sul tavolo di un risiko che va dalla guerra di posizione a fusione fredda all’implosione atomica di una guerra nucleare. Questo perché gli Stati Uniti da tempo stanno gonfiando i muscoli per mostrarli con decisione in quell’area. Ma questo c’entra con il “Verbo” incarnato nella storia e con la salvezza dell’anima?

Difficile dirlo, perché se poi si guarda all’occidente temo i problemi per la salvezza dell’anima, che dovrebbe essere il “core business” di un Pontefice, siano di una urgenza oltremodo superiore a quella di una testata atomica, agitata da decenni più in ragione di deterrenza che come arma di distruzione apocalittica. Lo sguardo “sociale” assunto da Papa Francesco, ogni volta che si affacciava sull’Occidente, a valutarlo bene potrebbe essere solo l’inizio di una azione salvifica del ministero petrino, una sorta di strumento sociale scientifico per avvertire quanto la misura sia colma per le classi disagiate dalle nostre parti. Dopo aver usato il cacciavite, ora si tratterebbe di continuare usando della malta spirituale per ricostruire ciò che è andato distrutto dalla furia nichilista, figlia di un positivismo mal interpretato, che ha preteso il funerale di Dio, senza portare prove convincenti sulla necessità della sua morte. In reazione a ciò, il Conclave potrebbe ritornare su una persona incline alla tradizione, e in questo caso i nomi più gettonati sarebbero quelli di Robert Sarah o di Peter Erdo.

Nel caso di una loro elezione, non è difficile prevedere una “guerra” senza quartiere, come fu all’inizio con Giovanni Paolo II, portata avanti da tutta la stampa mainstream progressista. Qualcuno, a partire dalla seconda metà del 900, aveva pregustato, per il Vaticano, la stessa protervia dei rivoluzionari bolscevichi, quando in una notte dell’ottobre del 1917 “avevano compiuto il rito pubblico della presa del potere”(come racconta nel suo ultimo libro, “La Mummia di Lenin”, di Ezio Mauro), occupando con protervia inusuale le sale dello “Smolnyj” di San Pietroburgo, il celebre istituto per l’educazione delle fanciulle della nobiltà, e istituendovi, per diversi mesi, il privo governo nazionale della rivoluzione.

Cercare lo scontro con chi desiderava ridurre la Santa Sede ad un museo a cielo aperto della nostalgia potrebbe non essere una buona idea, quindi la scelta dei Cardinali di un conciliatore abile e preparato nelle materie extra teologiche, alla fine sarebbe comprensibile. Ecco quindi farsi largo l’idea del giovane lombardo Pierbattista Pizzaballa, dal 2004 in missione per conto di Dio (mi si perdoni la citazione filmica) in “Terra Santa”, nella costante quotidiana di provare ad essere mediatore tra israeliani e palestinesi. Con Pizzaballa i toni pontifici diventerebbero manzoniani e della cultura italiana del buon senso, e il fatto di essere  cugino di un mitico portiere del Milan (di cui la figurina “Panini” era introvabile), riporterebbe tutto a quel profumo spirituale tipico di Papa Roncalli e di Papa Luciani. Aspettando il giorno di maggio in cui i nodi saranno sciolti, di una cosa si può stare certi: dimenticate la ricostruzione del film “Il Conclave” tratto dal romanzo di Robert Harris. C’è davvero una enorme differenza tra il vero e il verosimile, sarà bene tenerlo sempre presente.

  • scrittore, giornalista sportivo e sceneggiatore
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