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Il Fatto accosta la figura di Agnelli (Juventus) a gente della malavita. Lui pronto alla querela

Verrebbe da dire giustamente. Il Fatto quotidiano non ha mai avuto un “debole” per la Juventus e appena ha potuto ha sempre spinto sull’acceleratore puntando a parlare (male) della Vecchia Signora.

Da due giorni la testata diretta da Marco Travaglio accosta l’immagine di Andrea Agnelli (presidente della Juve) a gente della malavita che avrebbe incontrato in diverse occasioni. Il Fatto parla di “esclusiva” su una doppia inchiesta, che sarebbe incardinata presso la procura federale della FIGC e la procura di Torino. Si parla appunto di rapporti con gruppi ultras, con l’intermediazione di personaggi della malavita organizzata, e di biglietti concessi agli stessi, finiti poi nel circuito del “bagarinaggio”.

Pensare ad Agnelli che possa sedere placidamente con dei malavitosi è come il presunto bacio di Totò Riina (capo della Mafia in Sicilia, oggi all’ergastolo) a Giulio Andreotti. Uno schizzo di fango che colpì, anni fa, il politico più rappresentativo della Democrazia Cristiana. Oggi leggiamo un’altra sciocchezza, che non ha alcun senso di esistere. Chi conosce il giovane Agnelli sa perfettamente che si tratta di una persona assolutamente difficile da avvicinare, quindi vederlo abbinato a dei presunti soggetti accusati di associazione mafiosa ha del grottesco.

Che le curve italiane oggi non siano frequentate solo da baroni e marchesi siamo d’accordo, ma che questo porti inevitabilmente a trame e inciuci, con Agnelli raffigurato come “capo bastone” del club bianconero è ancora più assurdo. Questa doppia inchiesta finirà come è iniziata: in una bolla di sapone. Ma non è normale che, in questo Paese, ogni occasione sia buona per dare addosso ai campioni d’Italia. C’è ormai una endemica volontà nell’attaccare la società di corso Galileo Ferraris, a torto o a ragione. Il problema è che si percepisce un cinico e continuativo desiderio nel perseguire questo obiettivo.

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Marcel Vulpis

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