All newsAltri eventiIstituzione e AttualitàOsservatorio PoliticoParlamento e GovernoSerie A - Serie BStadi di calcio

Stadi: la ricetta tedesca per il rilancio dell’industria calcio

(di Marcel Andrè Vulpis) – Tra i tanti problemi che dovrà affrontare il nuovo governo di centrodestra (primo fra tutti il caro energia) c’è sicuramente l’annosa questione degli stadi di calcio italiani. Con una età media oscillante tra i 56 e gli oltre 65 anni di vita (a seconda della serie) è difficile infatti fare sogni pindarici per il futuro di questo sistema. Il tema della rigenerazione delle infrastrutture (a partire dal mondo del pallone) è già sul tavolo del prossimo esecutivo.

Così non si può andare più avanti e l’arretratezza di queste strutture, di anno in anno sempre più vecchie e obsolete, non consente di puntare a una naturale crescita dei ricavi (strategici per la programmazione in ambito sportivo).

Negli ultimi 30 anni (da Italia ’90 ad oggi) il numero degli stadi di nuova concezione, o totalmente riammodernati, non ha superato le dita di una mano. Nello specifico l’Allianz stadium (Juventus), il Mapei stadium (Sassuolo calcio), la Dacia Arena (Udinese), il Benito Stirpe (Frosinone) e il Gewiss stadium (Atalanta). Altri progetti sono in cantiere (Bologna, Cagliari, Fiorentina e soprattutto Roma), ma i tempi di attuazione, imposti dalla burocrazia italiana, stanno rallentando il normale iter dei lavori.

Il caso della Roma, di proprietà della famiglia Friedkin, è emblematico. A distanza di 10 anni e di più di 80 milioni di euro investiti in progettualità (sotto la guida del finanziere ed ex presidente James Pallotta) il club giallorosso non è riuscito ancora a partire.

L’accelerazione del processo di rinnovamento dell’impiantistica è legata, a filo doppio, a un nuovo modello finanziario-economico. Bisognerebbe ad esempio seguire il modello tedesco, che, nel 2006, partendo da un perfetto mix tra investimenti pubblici e privati, ha puntato a rinnovare l’intero parco-impianti della Bundesliga (l’equivalente della Serie A italiana), oggi punto di riferimento a livello europeo.

Per arrivare a questo traguardo il calcio tedesco è partito dalla stabilità del sistema. La stragrande maggioranza dei club professionistici di prima e seconda divisione, già dalla stagione 2011/12, ha iniziato a registrare conti in attivo. Poter contare su ricavi crescenti, senza dover rincorrere alchimie contabili o modelli di finanza creativa, ha generato due effetti positivi. Da un lato il surplus economico è stato sempre reinvestito sul progetto sportivo, oltre che sulle strutture (a partire dai centri di allenamento per prima squadra e giovanili); dall’altro anche il governo nazionale ha riconosciuto al sistema calcio di essere una vera e propria industria, con fatturati costantemente in crescita e benefici economici tangibili sui rispettivi territori.

Questo combinato disposto ha portato la politica tedesca a vedere positivamente gli investimenti a supporto dei club, veri e propri attrattori economici. Ecco perché quando sono arrivati i fondi pubblici per la costruzione e il potenziamento degli stadi del Mondiale 2006 nessun partito si è opposto, anzi il sostegno, nei confronti della società proprietarie degli impianti, è stato totale.

In Italia invece l’instabilità del sistema, con indebitamento crescente e continui cambi di proprietà, non permette lo sviluppo di questa visione di scenario, lasciando di fatto da soli anche gli imprenditori che avrebbero interesse a investire in infrastrutture sportive.

Il modello tedesco parla chiaro: per gli stadi del Mondiale sono arrivati fondi per 1,4 miliardi, senza considerare i 2,5 miliardi destinati al potenziamento delle infrastrutture pubbliche.

Il nuovo governo di centrodestra dovrà prendere in mano anche questo dossier, perché tocca inevitabilmente l’evoluzione del business del calcio italiano. Solo potendo disporre di stadi moderni infatti sarà possibile raggiungere percentuali di riempimento superiori al 90%, come avviene da tempo in Inghilterra e Germania. Per farlo bisognerà mettersi alle spalle l’alibi del rischio “speculazione”. Le leggi e le modalità di controllo degli investimenti già esistono. E’ sufficiente farle applicare per evitare sprechi di denaro pubblico. Nel contempo non si può fermare lo sviluppo di una industria (il calcio), vitale per il sistema Italia, per stucchevoli paure preventive.

 

Previous post

Accordo di collaborazione Sportium e SG Plus Ghiretti & Partners

Next post

Exclusive Padel Cup Intesa Sanpaolo si riparte il 1° ottobre. Sei tappe tra Roma e Milano

Marcel Andre Vulpis

Marcel Andre Vulpis

No Comment

Leave a reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *