Punto e a Capo

Spalmadebiti, il “vizietto” del calcio italiano

Se la Commissione Europea dovesse bocciare la norma del Governo italiano sul cosidetto spalmadebiti, o dovesse ridurre a 5 anni la svalutazione del patrimonio calciatori (anzichè in 10 come previsto inizialmente), si aprirebbe il baratro per molte società della serie A e B del campionato di calcio italiano.

Inevitabilmente verrebbero definitivamente al pettine i nodi di amministrazioni avventurose e di chi pensava di entrare nel calcio per altri scopi rispetto a quelli sportivi.

La gestione di una società di calcio non può basarsi nè sull’improvvisazione, nè sui continui versamenti di denaro fresco da parte di presidenti “innamorati” della loro squadra. Le società di calcio vanno gestite come un’azienda, che investe (giocatori e stadi) , produce e alla fine incassa (diritti tv, merchandising, biglietti, eventi). E tra l’incasso e le spese di gestione il saldo deve essere positivo o zero, altrimenti si vive al di sopra delle proprie possibilità, godendo soltanto di una  momentanea notorietà per risultati che non si possono mantenere costanti nel tempo, perchè frutto di un’avventurosa gestione che porta prima o poi allo sfascio.

Abbiamo scritto, nelle scorse settimane, che uno dei sistemi per contenere le spese, ed uscire definitivamente dalla crisi, è quello di prevedere un tetto per i salari dei giocatori, costringendo così i club ad una più attenta gestione del business; ovviamente tutto ciò ha senso soltanto se si stabilissero regole uguali per tutti in Europa.

Tornando all’Italia, non crediamo che la Commissione Europea si assumerà la responsabilità di sancire la fine del calcio italiano, perchè è certo che oltre a Milan, Juventus ed Inter, solo altre poche squadre sopravviverebbero alla decisione; senza dimenticare le difficolte che molti club di prestigiosi campionati (vedi Germania ed Inghilterra) stanno attraversando. E’ prorpio per questo che Fifa e Uefa dovrebbe farsi carico del problema, che necessita di regole a livello internazionale, evitando che per acquistare un giocatore prima e pagargli lo stipendio poi, una squadra dilapidi il suo patrimonio.

Anche perchè i campionati nazionali a due squadre (come il ribattezzato “Trofeo Berlusconi” italiano di quest’anno) rischiano di creare, alla lunga, scarso livello di interesse, cioè meno spettatori e meno sponsorizzazioni.

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Marcel Vulpis

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