Scommesse e kickboxing: in Europa è boom di sponsor del betting.
(di Valerio Vulpis) – La kickboxing europea attira sempre più attenzione non solo da parte degli appassionati, ma anche dal mondo delle scommesse. In un panorama sportivo in continua evoluzione, i grandi operatori del betting (già presenti da tempo in altri sport come ad esempio il mondo del calcio) stanno investendo con decisione in eventi e federazioni, aprendo scenari nuovi sia a livello economico che regolamentare.
È il caso di Glory Kickboxing, una delle organizzazioni più importanti al mondo, che ha stretto una partnership esclusiva con Unibet nei Paesi Bassi. Il marchio di scommesse, parte del gruppo Kindred, è diventato sponsor ufficiale a partire dall’evento Collision 5, con una presenza visibile durante i match e un impegno anche sul piano sociale, grazie a progetti rivolti ai giovani e alla promozione dello sport. La prossima presenza è attesa per #Glory100 che si svolgerà nell’arco di due giornate (13 e 14 giugno 2025) alla Rotterdam Avoy Arena (un impianto polifunzionale dove sono stati organizzati anche importanti tornei di tennis ATP).

Unibet non si ferma ai confini olandesi. Nel 2024 ha annunciato un’altra collaborazione, questa volta con la Professional Fighters League Europe, attiva in Regno Unito e Francia. L’accordo è stato lanciato a marzo con un grande evento all’Accor Arena di Parigi e punta a rafforzare il legame tra eventi sportivi e pubblico, anche attraverso una piattaforma di gioco dedicata.
Nel Regno Unito, un altro protagonista del settore, Betfred, è diventato sponsor ufficiale della promotion BOXXER, attiva tra boxe e arti marziali miste. Il logo compare sul ring, sulle corde e persino negli angoli, in tutti gli eventi trasmessi su Sky Sports.
In Italia, la situazione è diversa. La Federkombat, che riunisce tutte le discipline da combattimento riconosciute, segue le direttive della federazione mondiale WAKO, che limita la presenza di sponsor ai marchi tecnici ufficialmente approvati. Tra questi, Adidas, RDX, Top Ten e altri brand specializzati, ma nessun operatore di scommesse. Una scelta che punta a preservare l’etica sportiva, soprattutto in ambito dilettantistico e giovanile anche se sotto il profilo legale tutto nasce dal “Decreto Dignità“, che ha vietato a partire dall’autunno 2019, l’apposizione di marchi in tv o durante eventi sportivi. Un’iniziativa politica nata su spinta dei 5S, all’interno del governo gialloverde dell’epoca, per contrastare il fenomeno della ludopatia (o gioco d’azzardo patologico). A distanza di quasi sei anni però i risultati ottenuti sono stati molto insoddisfacenti.
La tendenza, però, è chiara: gli sponsor del betting stanno diventando sempre più centrali nel mondo degli sport da combattimento. Una trasformazione che porta nuove risorse, ma impone anche nuove responsabilità. E mentre alcuni Paesi aprono la porta a queste collaborazioni, altri restano cauti, cercando un equilibrio tra spettacolo, business e integrità. A livello italiano il senatore di Fratelli d’Italia, Paolo Marcheschi, è in prima linea per eliminare questo divieto contenuto nel Decreto Dignità, che, ad oggi, ha fatto perdere diversi milioni di euro al mondo dello sport professionistico.
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