Motori

Marketing – Tempi duri per la F.1. (2)

La Formula 1 sta per adottare la più dolorosa delle diete dimagranti della sua storia. I motori standard e le gare accorciate sono appena un assaggio di quello che aspetta il Circus spensierato e opulento. Le ipotesi sono drastiche: budget ridotti a un terzo, migliaia di posti di lavoro in meno, taglio dei costi di ricerca e sviluppo. Fino a 6 mesi fa le scuderie avrebbero respinto in blocco con il gioco dei veti incrociati il pacchetto anticrisi che si sta delineando: senza unanimità, la F1 non poteva cambiare una virgola da un anno all’altro. Adesso è cambiata l’aria. L’onda lunga del disastro economico è attesa nel giro di pochi mesi, quando i consumi caleranno e alcuni sponsor dovranno rivedere gli investimenti pubblicitari.

I team hanno cominciato a mettere da parte i personalismi. E’ nata un’associazione che li rappresenta tutti (la Fota, presidente Luca Montezemolo della Ferrari) e che può decidere con una maggioranza del 70 per cento una serie di interventi per la prossima stagione.

A Shanghai, una delle capitali finanziarie scosse dal terremoto delle Borse, la F1 si è messa a fare i conti. Dopo il Gp di Cina di domenica, penultima gara Mondiale, ci sarà un incontro fra Fota e Federazione internazionale dell’automobile, che ha fatto una prima mossa proponendo di limitare d’autorità le uscite: il budget cap sarà di 150 milioni di euro nel 2009, per poi scendere a 130 nel 2010 e 110 nel 2011. Nel computo totale non rientreranno gli stipendi dei manager, gli ingaggi dei piloti e i costi legati a motori e marketing. La Williams si dice a favore: «Per noi l’alternativa è restare sempre in coda al gruppo», sostiene il patron Frank Williams. L’effetto collaterale è un crollo dell’occupazione. Le grandi squadre danno lavoro a 800-1000 persone. Alla fine di una cura del genere ci sarebbe posto per meno della metà, mentre gli altri dipendenti sarebbero riassorbiti dalle case automobilistiche.

L’idea di limitare i costi per regolamento era stata avanzata dal presidente della Fia, Mosley, nel gennaio scorso in una lettera inviata a tutte le squadre. Snobbata in un primo momento, l’ipotesi è tornata di moda. Ma è difficile che passi in questi termini, perché costringerebbe i top team a rivoluzionare la propria organizzazione. Secondo la rivista specializzata Formula Money, la sola Toyota spende 320 milioni di euro l’anno, mentre il totale delle 10 squadre sborsa ogni anno un capitale che supera i 2 miliardi. Alle spalle del colosso giapponese (che produce le proprie monoposto in Germania, negli stabilimenti di Colonia) si classifica la McLaren-Mercedes (320), davanti a Ferrari (307), Honda (295), Renault (291) e Bmw (271). Le squadre che non hanno alle proprie spalle un costruttore di auto investono dai 90 milioni della Force India ai 121 della Red Bull. Per loro una limitazione del budget significa soltanto recuperare competitività.

La Toro Rosso è prima nella classifica dei virtuosi (una vittoria a fronte di un budget minimo, 95 milioni appena), mentre la Honda è in testa in quella di chi ha poche idee e neppure troppo chiare (soltanto la cenerentola Force India ha fatto peggio). McLaren-Mercedes e Ferrari giustificano il proprio sforzo economico con i risultati, la Toyota no: zero vittorie in sette anni di Formula 1.

Restano aperte altre due questioni: i risparmi e la spartizione delle entrate. Gare più brevi, motori che durano più a lungo, parti meccaniche standard uguali per tutti, abolizione dei rifornimenti, gare più brevi, riduzione del personale inviato ai Gp, meno test sono alcune delle proposte in discussione. Ma alla fine le squadre chiederanno anche di avere una fetta più grande di diritti televisivi, pubblicità e incassi dei Gran premi, perché la cura dimagrante non li porti all’anoressia.

fonte: La Stampa

Riportiamo e pubblichiamo un interessante articolo uscito nei giorni scorsi su La Stampa sul tema delle implicazioni che la "recessione" potrà avere sul mercato della Formula Uno, lo spettacolo sportivo più ricco al mondo.

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Marcel Vulpis

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