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Il CONI abbandona Roma. Dopo lo “sgarbo” della sindaca Raggi

(di Gianni Bondini)* – Pugno di ferro in guanto di velluto. Questo è “il giorno della chiarezza” ha detto Giovanni Malagò nel salone d’onore del Coni da posti in piedi.

Chiarezza del presidente olimpico sull’ “interruzione” (e non ritiro) della candidatura di Roma2024. Undici mesi prima dell’assegnazione di quell’Olimpiade che verrà decisa dal CIO a settembre 2017 nella sessione di Lima (Perù).

Le parole hanno peso e un senso. Malagò ha usato il termine “interruzione” e non “rinuncia” perché i 5Stelle l’hanno gettato fuori pista e non s’è ritirato dalla corsa. Sia chiaro e il sondaggio? I romani schierati contro i Giochi? Una balla, gli ultimi dati davano il 74 per cento a favore.

Dopo che la candidatura di Roma2024 aveva riscosso: “Il sì all’unanimità del Consiglio Nazionale del Coni, del governo, della Regione Lazio e del Comune di Roma (post 5Stelle)”. E quel “NO” è stato scagliato alle spalle: “Senza che la sindaca Virginia Raggi m’incontrasse per dirmi quel no”. Ha aggiunto Malagò convinto e convincente.

E di “no” alla sindaca il presidente del Coni gliene dice molti: “Olimpiade del mattone, mi dispiace, no, perché solo il 6 per cento degli impianti andava realizzato”; “Impianti faraonici, mi dispiace, no, perché avevamo preannunciato il ricorso anche a soluzioni solo per l’occasione”; “Non solo Roma, perché sarebbero state coinvolte città come Cagliari, Napoli, Firenze, Bologna, Milano, Torino, Udine e Verona…” e Malagò ha fatto il Giro d’Italia della diffusione olimpica.

E, ancora, “Roma avrebbe speso del denaro, mi dispiace, no, Roma non avrebbe speso un euro, perché i soldi sarebbero arrivati dal governo 4 miliardi e 1,7 miliardi dal Cio”. E prima che qualcuno avanzasse dubbi sul bene olimpico di Roma, il presidente del Coni ha spiegato che adesso lo sviluppo della Metropolitana e quello del campus di Tor Vergata e le altre eccellenze olimpiche Roma se le può scordare.

Il Coni non è più romanocentrico. Penserà a valorizzare i territori olimpici del Foro Italico e della Scuola dello Sport e del Centro di prerazione olimpica “Giulio Onesti” dell’Acqua Acetosa. Extraterritorialità sportiva.

E i debiti ancora da pagare delle Olimpiadi del 1960? Balla cosmica, poche migliaia di euro del contenzioso 1959/1990. E i posti di lavoro: 177 mila buttati al vento. E c’era persino tre nomi eccellenti: Nerio Alessandri (fondatore e ceo Technogym), Renzo Piano (archistar di livello internazionale) e un super-generale dei Carabinieri, pronti a gestire Roma2024. Ma per la serie cara al Grillo sparlante: c’è chi dice no, a prescindere.

  • giornalista sportivo e scrittore romano
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