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Il calcio inglese ai tempi della Brexit

Con il termine “Brexit” si indica l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, sancita dal risultato del referendum svoltosi, nel Regno Unito, il 23 giugno 2016. E’ l’abbreviazione del termine Britain Exit, ovvero “uscita britannica”.

L’addio del Regno Unito all’Europa, o meglio ancora all’EuroZona, confermato dal risultato del 51,9% da parte degli euroscettici (“Leave”) sugli europeisti convinti (il “Remain” si è fermato a 48,1%), ha rischiato, già negli anni successivi (dal 2016 ad oggi), di generare una serie di cambiamenti socio-economici sia sui lavoratori/imprenditori residenti in Gran Bretagna, sia sui cittadini dei Paesi dell’ area UE.

I leader dell’Unione Europea, di recente, si sono accordati su una proroga “flessibile”, che darà al Regno Unito (entro e non oltre il prossimo 31 ottobre), la possibilità di trovare un accordo sull’uscita dall’UE.

Le problematiche collegate alla Brexit esistono, soprattutto a livello politico (nei rapporti tra governo britannico e Laburisti e, più in generale, con i vertici di Bruxelles), ma è altrettanto vero che la City di Londra, proprio in questa situazione di confusione (venutasi a creare con il referendum della Brexit), ha mostrato la sua forza e compattezza in termini di “piazza” mondiale (a livello economico-finanziario). Le più importanti multinazionali del largo consumo, infatti, continuano ad essere presenti nel cuore della metropoli di Londra, vissuta come punto di riferimento globale. Lo stesso sta avvenendo nel dorato mondo del calcio.

I vertici dell’Unione Europea in una foto post Brexit

La vittoria degli euroscettici britannici non ha allontanato i “magnati” presenti nella English Premier league (EPL). Si temeva infatti che la Brexit potesse penalizzare il prodotto football del Regno Unito, rischiando di non catturare più l’interesse di nuovi imprenditori. Così, per il momento, non è avvenuto.

La massima serie britannica si è sempre caratterizzata come un “sistema aperto”, con una forte vocazione internazionale, giocando anche sulla enorme diffusione della lingua inglese in tutti i continenti. L’appello dei 20 club di Premiership, lanciato prima del referendum 2016, a favore del fronte del “Remain”, era proprio in questa direzione, ovvero tutelare i forti interessi economici di una piattaforma di intrattenimento sportivo, che finisce nelle case di 900 milioni di famiglie in tutto il mondo (212 Paesi collegati) attraverso più di 80 emittenti televisive.

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Redazione

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