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Divieto pubblicità ai giochi, Tar Lazio annulla multa da 750mila euro di Agcom a Meta (Facebook)

La società non è responsabile delle inserzioni pubblicate sulla piattaforma

Facebook non è direttamente responsabile delle inserzioni pubblicitarie pubblicate dagli utenti sulla propria piattaforma. Come riporta agipronews a ribadirlo è il Tar del Lazio, che ha accolto il ricorso di Meta (proprietaria del social network) contro una multa da 750mila euro di Agcom. L’Autorità per la garanzia nelle comunicazioni aveva sanzionato l’azienda per la violazione del divieto di pubblicità al gioco, previsto dal Decreto Dignità. Come ricorda Agipronews era stata infatti rilevata la presenza di “contenuti ‘sponsorizzati a pagamento’ sulla piattaforma Facebook idonei a promuovere e pubblicizzare attività di gioco e scommesse on line con vincite in denaro”.

Determinante per la decisione del tribunale è stata la definizione di Meta come “hosting provider passivo”, il quale, a differenza di un “hosting provider attivo”, “pone in essere un’attività di prestazione di servizi di ordine meramente tecnico e automatico, con la conseguenza che detti prestatori non conoscono né controllano le informazioni trasmesse o memorizzate dalle persone alle quali forniscono i loro servizi”.

Il nuovo regolamento sui servizi digitali, inoltre, estende l’esenzione di responsabilità “all’ipotesi in cui i providers svolgano di propria iniziativa – come nel caso di Meta Platforms Ireland – attività volte a individuare e a rimuovere contenuti illegali memorizzati dagli utenti”. La sentenza del tribunale prosegue spiegando che, in conseguenza di tale norma “l’adozione di tali sistemi di controllo non è sufficiente di per sé a rendere il provider un ‘hosting attivo’ (responsabile per i contenuti stessi)”. In particolare prosegue Agipro, nel caso di Meta, il sistema di controllo “ha carattere principalmente automatizzato”, mentre la verifica manuale “interviene in ipotesi residuali e per un numero molto limitato di casi”.

Il Tar ha quindi sottolineato che “quando l’attività del gestore del servizio abbia natura automatizzata, non comportando la manipolazione dei messaggi, viene a mancare il ‘ruolo attivo’ sul quale si fonda la responsabilità del gestore medesimo”. I giudici hanno poi fatto presente che Agcom non ha “dimostrato che il gestore della piattaforma fosse a conoscenza del comportamento illecito dell’utente del servizio”. Per questo il Tar ritiene che “il meccanismo di controllo automatizzato sopra descritto non sia sufficiente per qualificare la ricorrente come hosting provider attivo”. Il ricorso di Meta è quindi stato accolto e la delibera che prevede la multa è stata annullata.

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Redazione

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