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Caso Foggia: intervenga il ministro Salvini. E’ tempo di arresti e punizioni esemplari. Fuori i criminali presenti nelle curve

(di Marcel Vulpis) Il calcio è lo “specchio” della società italiana nel suo complesso (nel bene così come nel male). Ciò che è successo nelle ultime ore a Foggia, con una bomba carta lanciata all’interno del pastificio Tamma (sponsor di maglia-proprietario dei rossoneri), oltre ad una serie di altre violenze, è l’ennesimo segnale (inequivocabile) della presenza della criminalità in decine di curve di calcio della Penisola. E’ successo nel capoluogo di provincia pugliese, ma poteva accadere in qualsiasi altra città. Basti ricordare cosa è successo tempo fa alla proprietà del Pescara (con l’auto del presidente incendiata sotto casa), o ancora il morto, prima della partita di campionato (giocata in notturna) Inter-Napoli, appena poche settimane fa. C’è una vera e propria escalation violenta nel mondo del calcio e non è un problema di orari di svolgimento delle gare, ma di forte radicamento della malvivenza locale nella stragrande maggioranza delle “curve” del calcio tricolore. Chiamare questi delinquenti con il nome di “tifosi” è un’offesa nei confronti della parte sana della tifoseria del Foggia (così come di qualsiasi altro club). 

Se però non comprendiamo il “salto di qualità” che criminalità organizzata sta facendo da diverso tempo, negli anni a venire diventerà sempre più difficile contrastarla.  Ripeto e sottolineo non è un problema della serie B, della “A” o della “C”. E’ un problema generale diffuso sull’intero territorio nazionale. Sarebbe sufficiente raccogliere o esaminare i dossier delle questure (collegate alle diverse piazze calcistiche), per capire immediatamente che ci troviamo di fronte ad un fenomeno in costante crescita, con un forte radicamento in alcuni territori del Paese. 

E anche l’aspetto geografico non deve trarre in inganno: troviamo fenomeni similari di frange ultras, infiltrate da delinquenti abituali, al Nord, come al Centro, così come al Sud Italia. Gli attentati delle ultime ore a Foggia (con la squadra “rea” di rischiare la retrocessione post derby perso con il Lecce), correttamente stigmatizzati dal n.1 della Lega B (l’avvocato Mauro Balata), devono finire sotto la lente di ingrandimento di livelli superiori delle istituzioni, per non lasciare soli dirigenti del calcio italiano, come Balata, che ci mettono la faccia con coraggio, senza se e senza ma, come ha sottolineato nella nota di ieri.

Adesso tocca al ministro dell’Interno, Matteo Salvini, in modo congiunto con il MinGiustizia (Alfonso Bonafede) e Palazzo Chigi (dove è molto attivo il sottosegretario di Stato, Giancarlo Giorgetti), porre in atto le misure più incisive per contrastare questo fenomeno dilagante. E ci rivolgiamo anche al sottosegretario Simone Valente (Rapporti con il Parlamento), che segue, per il M5S, il mondo dello Sport. 

Non è più tempo di take di agenzia rilasciati sull’onda emotiva del momento o di riunioni al Ministero con la parte “sana” delle tifoserie organizzate. E’ chiaro che non sono questi i tifosi di cui temere, né certamente un delinquente si presenterebbe a Palazzo Chigi per trattare con lo Stato. Il delinquente-tipo, travestito da tifoso, opera nell’ombra, compie i suoi attentati nell’oscurità e poi si dilegua, seminando terrore e violenza sui territori dove vive e si muove.   

Il ministro Salvini intervenga in modo deciso e severo, predisponendo le opportune misure di controllo/vigilanza, ma soprattutto di intervento. I delinquenti che hanno operato a Foggia, seminando violenza e terrore, devono essere assicurati alla giustizia e, dopo regolare processo, restare in galera per un lungo periodo. Non è più tempo di “buffetti”, di firme in Questura prima della partita o di DASPO ampiamente aggirabili. E’ tempo, piuttosto, di arresti e di “normalizzazione” delle curve (ricordando che la stragrande maggioranza di questi settori è assolutamente pulita), dove frange di malavitosi ben organizzati stanno ottenendo consenso, oltre a perseguire  risultati criminali ben mirati.

 Crediamo sia giunto il tempo di punizioni esemplari, non crede signor Ministro? 

Il calcio non può più essere un “porto franco” per criminali e esponenti delle mafie. Lo Stato faccia lo Stato anche nel calcio, perché questi episodi, oltre ad essere molto gravi, si stanno trasformando in un evidente segnale di assoluto “non controllo” del territorio. 

E soprattutto si torni a parlare di “Mafie”, perché anche il silenzio sul tema in oggetto è un corroborante per la criminalità presente sui territori. Devono, invece, sentire il fiato sul collo non solo delle forze dell’ordine, ma anche della classe politica nella sua totalità (senza distinzione di governo e/o opposizione). Se non ci fossero organizzazioni come “Libera” (fondata nel 1995 da don Luigi Ciotti) a ricordare periodicamente i rischi delle Mafie nel nostro Paese, talvolta potremmo anche pensare che siano sparite nel nulla. E invece non è così. Anzi è l’esatto contrario. Ne abbiamo ben quattro e tra poco si radicherà anche quella “nigeriana”, soprattutto al Sud. 

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Marcel Vulpis

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