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Agimeg: molte compagnie online di gioco lavorano oscurate in Curacao

Malta ha intensificato da un paio di anni la collaborazione e lo scambio di informazioni con l’ADM, complicando la vita a quelle compagnie nate per operare “sul filo del rasoio”. Il risultato è che questi operatori si stanno trasferendo in altre giurisdizioni, Curacao in primis, o almeno stanno aprendo delle “succursali” nell’isola caraibica, spostando qui la parte del business più opaca.

Una immagine di cURACAO AI caraibi

Una immagine di Curacao ai Caraibi

Smascherarli non è impossibile, anzi gli strumenti ci sono, ma i controlli non partono. E’ il quadro che dipinge l’avvocato Fabio Maggesi, esperto in diritto del web e diritto internazionale, in un’intervista esclusiva ad Agimeg (ripresa dalla nostra agenzia).

Partiamo dalla coordinate legali. Curacao è un territorio d’oltremare dei Paesi Bassi. Le compagnie con sede in questa giurisdizione sono riconosciute in Europa in riferimento al betting? Per loro vale il principio della libera prestazione dei servizi?

Non potrebbero operare in Europa e sicuramente non potrebbero operare in Italia. Ma è talmente semplice ottenere la licenza! Il vero problema è che l’Adm dispone di pochi strumenti per contrastare questo fenomeno. Se oscura un sito, il giorno dopo quello stesso sito riaprirà inserendo un numero progressivo nel dominio o modificando addirittura l’interno URL. Non sarebbe più facile a questo punto colpire i soggetti che controllano questi siti?!

Ma è possibile risalire ai vertici di una compagnia che opera da un paradiso fiscale?

Nella maggior parte dei casi non serve effettuare indagini sofisticate e dal 2014 paesi come Belize, Ghana, Malta, Paesi Bassi, Bonaire, Saba, Aruba e Curacao stesso hanno aderito alla convenzione OCSE. Convenzione che serve a creare quella cooperazione internazionale tra le autorità fiscali per migliorare e facilitare la lotta all’elusione fiscale nel rispetto dei diritti fondamentali dei contribuenti. Insomma, per quel che mi riguarda, basterebbe maggiore “cooperazione internazionale”.

Chi sta mettendo in atto questo escamotage? Si tratta di grandi operatori o di piccole compagnie?

In realtà ci sono situazioni diverse.In alcuni casi si tratterebbe – ma bisogna usare il condizionale perché non posso sostituirmi alla magistratura – di soggetti collegati a grandi gruppi non necessariamente maltesi, ma anche italiani;altri sono soggetti già noti alla magistratura e che continuano ad operare utilizzando siti locati su Server oltreoceano ( o comunque esterovestiti ) e con aziende parimenti “schermate” che aprono e chiudono rapidamente. Molti siti ( in realtà quasi tutti quelli che operano in maniera “illecita” in Italia) non sono neanche in HTTPS, ma in normale HTTP, e quindi non sono criptate dallo scambio dei Certificati.

Non si tratta quindi degli operatori che in genere allestiscono reti di Ctd, giusto? Cosa utilizzano, dei Totem?

A volte sono siti che vengono offerti sottobanco nelle agenzie regolari, e questo come si può facilmente immaginare nuoce fortemente al mercato legale. In altri casi si fa cassa con una licenza maltese o italiana e poi quando si devono pagare grosse somme si usano le licenze di oltre oceano. Ma alla fine sono gli stessi soggetti che hanno licenza maltese o Italiana.

Che intende per grosse somme, le vincite?

Sì. Se l’operatore si trova a dover pagare 30, 40 o 50mila euro, può farla passare come una vincita centrata presso un operatore di un altro Stato, con un’altra licenza. E questo per evitare che venga tracciata e che venga sottoposta a tassazione Europea. Ho un’ampia documentazione che lo prova, e ritengo che diversi operatori di grandi dimensioni hanno adottato questo escamotage già dal 2014-2015. I piccoli invece lo fanno da sempre.

Le vincite, trattandosi di somme ingenti, come vengono pagate?

Ognuno sa come muoversi e sa com’è strutturata la propria azienda. A volte, i soldi vengono accreditati da società fiduciarie italiane o maltesi, ma l’Italia o Malta non conoscono il soggetto estero da cui partono i soldi, al massimo il problema potrebbe essere per il Paese d’origine che in ogni caso non ha “volontà” ad indagare perché tali operazioni risultano di estremo interesse per l’economia del paese stesso. In altri casi può essere anche l’agenzia che paga a trance le grosse vincite, o addirittura la compagnia madre estera che accredita al giocatore la vincita, spalmandola in una serie di pagamenti mensili di importo contenuto così da non insospettire la Banca presso cui ha il conto il giocatore.

Lei ha fatto riferimento anche a dei concessionari italiani che hanno adottato lo stesso stratagemma. Quali sono i vantaggi?

Nonostante l’accordo FACTA e la Convenzione OCSE, ci sono ancora una serie di giurisdizioni che garantiscono la riservatezza, per preservare una fetta consistente del proprio Pil. E questo nel caso del gioco è un’ulteriore garanzia. Basti pensare a quello che è successo con l’operazione Gambling, in cui una serie di compagnie maltesi – a detta loro totalmente estranee alla vicenda – hanno ricevuto avvisi di garanzia perché avevano avuto contatti con la BetUniq o le altre società del gruppo. Questo non sarebbe possibile con un’azienda oltre Oceano o meglio… sarebbe possibile ma con maggiori difficoltà.

A quel punto operano sottobanco in Italia. Nelle loro stesse agenzie?

Anche in quelle dei competitors. È un fenomeno che si nota sopratutto nelle agenzie del Sud Italia.

E che rischi corrono?

C’è la clausola della concessione che prevede la decadenza della concessione medesima per chi utilizza dei canali di raccolta non autorizzati… serve un lavoro paziente per ricostruire i rapporti tra le società italiane e quelle estere. Non è un lavoro lungo e nemmeno complesso – io stesso ho portato un fascicolo di oltre 500 pagine all’ADM in cui ho ricostruito alcuni di questi legami, ma temo che sia stato ignorato – in ogni caso è un lavoro che non viene effettuato come dovrebbe.

Quali altri strumenti servirebbero?

Il vero problema è che non esiste un organo competente – dovrebbe essere l’ADM – che crei una rete di cooperazione internazionale, una possibile attività di contrasto per questo fenomeno. Parimenti, sarebbe opportuno e necessario che la stessa ADM collaborasse con tutti quegli operatori nazionali con expertise internazionale che hanno maturato esperienza di contrasto per simili fenomeni. Questo sarebbe già un primo importante passo: ADM si ritroverebbe con un bagaglio importantissimo. Mi auguro, quindi, che con il prossimo Bando si dia maggiore interesse al problema. Gli operatori legali, con enormi sforzi, continuano a doversi “difendere” da soli perché sono poco “tutelati” o “coadiuvati” da chi dovrebbe fare i loro interessi.

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Redazione

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