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Sport&Politica – Come la politica italiana sta trattando il tema della montagna (2)

Da ultimo l’emendamento che prevede l’istituzione dell’Ente italiano montagna un nuovo Ente di settore previsto nel comma 1279 della legge di Bilancio. La legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», infatti, istituisce, sotto la vigilanza della presidenza del Consiglio dei ministri, l’Ente italiano montagna (EIM), ente di ricerca a carattere non strumentale con sede a Roma, finalizzato al supporto delle politiche ed allo sviluppo socio-economico e culturale dei territori montani. Sostituisce e rilancia l’Istituto nazionale per la montagna (IMONT) [2] -a sua volta conseguente trasformazione dell’Istituto Nazionale per la ricerca scientifica e tecnologica sulla montagna (INRM) istituito con legge 7 agosto 1997, n. 266 art. 5, comma 4, “Interventi urgenti per l’economia” , e con decreto 17 febbraio 1999, n. 72, il ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica aveva adottato il regolamento di istituzione dell’Istituto [3], le cui attività erano state avviate con l’insediamento del consiglio di amministrazione il 21 dicembre 1999. Strutturato come ente pubblico di ricerca, si presenta come Agenzia per lo sviluppo della montagna, un organismo collettore e coordinatore dell’attuazione delle politiche per la montagna. Con DPCM del 20 Marzo 2008 sarà approvato lo statuto.
   La legge 24 dicembre 2007 (legge finanziaria 2008), all’art. 2, commi 17 – 22, fissa poi una disciplina alquanto dettagliata circa i criteri attraverso i quali le Regioni dovranno procedere, entro sei mesi, con proprie leggi, al riordino delle Comunità Montane. Una disciplina statale, questa, evidentemente giustificata dall’intento di contribuire alla riduzione della spesa pubblica, apparsa sospetta di illegittimità costituzionale in quanto contrastante con l’art. 117, comma 4, della Costituzione, essendo ora la materia delle Comunità Montane, come peraltro più volte affermato dalla Corte Costituzionale (vedi sentenze n. 244/2005, n. 456/2005 e n. 397/2006), tra quelle rientranti nella potestà legislativa residuale delle Regioni. Alcune Regioni promuovono ricorso contro le suddette norme dinanzi alla Corte Costituzionale.
In Italia ci sono 3657 comuni montani e altri 600 parzialmente montani: contribuiscono al Pil nazionale per il 16,9%. E, nonostante la ‘congiuntura economica’, negli ultimi anni il Pil delle aree montane italiane è cresciuto mediamente di più rispetto alle altre zone.
L’idea è quella di tutelare le specificità locali facendo in modo che una parte della ricchezza prodotta dalla montagna torni alla montagna.
   Il percorso tortuoso delle riforme è puntellato da una serie di ‘tavoli’ che intervengono, più o meno direttamente, anche sul tema montagna: dalla riforma del Testo Unico sulle Autonomie Locali, prevista dalla legge La Loggia di attuazione del nuovo Titolo V, al Trattato Costituzionale Europeo, ai numerosi progetti di legge sulla montagna all’attenzione di Camera e Senato, alla legge sui piccoli Comuni, dei quali fanno parte tutti i Comuni di montagna, fino ad arrivare alla (più volte ventilata) nuova legge governativa sulla montagna [4].
   Dall’innovazione istituzionale, con la riforma del Testo Unico sugli Enti locali e degli Statuti regionali, dove il tema della governance montana deve ottenere risposte puntuali e moderne, al tema delle politiche di qualità, dallo Sportello per la montagna, il progetto UNCEM realizzato in convenzione con il ministero della Funzione Pubblica, al protocollo d’intesa firmato con il ministero dell’Innovazione Tecnologica per l’e-government montano, fino ai progetti di agenda 21 per le montagne italiane, per arrivare all’Europa, punto di riferimento ineludibile per una condivisa strategia di governo delle aree montane, conferma un’attenzione all’importanza delle aree montane nel nostro Paese già riconosciuta dai padri fondatori della Repubblica: l’ultimo comma dell’art. 44 della Costituzione recita “La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane”.
   Da parte sua la FISI, che aderisce a ben 4 federazioni internazionali riconosciute dal CIO competenti su sci, bob, slittino e biathlon, amministra oggi 16 discipline, dieci delle quali olimpiche con oltre sessanta specialità complessive, ha oltre 100 mila tesserati di oltre 1524 sci club affiliati, 90 comitati provinciali e 18 regionali, è impegnata a dialogare in particolare con 15 regioni italiane e 300 stazioni della neve dove si praticano sport e turismo invernali: in Italia, ogni inverno, sono oltre 3,5 milioni i praticanti di sci, fondo e snowboard. Alla FISI fanno riferimento anche i 15.000 Maestri di sci, i 350 istruttori federali, i 2.670 allenatori federali e i 1.030 giudici e delegati tecnici. Nessun’altra Federazione riesce a coniugare sport, turismo, ambiente ed economia di un intero comparto che muove la corposa realtà economica complessiva di cui abbiamo detto.
   Tra le oltre quaranta federazioni che compongono il panorama sportivo nazionale, la FISI rappresenta la terza disciplina come numero di tesserati, e la prima assoluta in ordine alle vittorie conquistate: 93 medaglie olimpiche e tantissimi successi internazionali.
Sono circa 7.500 le competizioni, internazionali e nazionali, che vengono organizzate sotto l’egida della FISI che ne impegnano, a vari livelli la struttura centrale e periferica e i cui benefici promozionali, su un percorso ormai centenario, sono estesi all’intera area turistico- montana.

fonte: FISI

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Marcel Vulpis

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