R360: la “Rebel League” che vuole rivoluzionare il rugby mondiale.
(di Alfredo Mastropasqua) – Il rugby globale è sul punto di vivere un terremoto senza precedenti. Il progetto R360, noto anche come Rebel League, propone un modello completamente nuovo: un campionato internazionale di franchigie itineranti, indipendente dalle federazioni nazionali e dal calendario tradizionale. Un’idea che promette stipendi da superstar, partite spettacolari in tutto il mondo e un cambio di paradigma rispetto al sistema attuale.
Chi c’è dietro R360
L’iniziativa è guidata da Mike Tindall, campione del mondo nel 2003 con l’Inghilterra e oggi figura influente del rugby mediatico britannico, e dall’agente sportivo internazionale Mike Spoors. I due sono i volti pubblici di un progetto che, secondo indiscrezioni, ha già attratto attenzioni e capitali da alcune delle più grandi realtà dell’intrattenimento sportivo globale.
Secondo quanto riportato di recente dalla stampa inglese (BBC, The Guardian) e americana (ESPN), Fenway Sports Group (proprietaria del Liverpool FC), la famiglia Glazer (Manchester United e Tampa Bay Buccaneers), oltre al colosso degli energy drink Red Bull, avrebbero manifestato un forte interesse, offrendo fino a 15 milioni di sterline ciascuno per l’acquisto di una franchigia. A questi si aggiungono fondi di private equity specializzati nello sport, con capitali provenienti da Arabia Saudita, Stati Uniti e Regno Unito.
Cosa prevede il progetto
Formula a 12 squadre: 8 franchigie maschili e 4 femminili, selezionate tra i migliori atleti al mondo, per un totale di circa 300 giocatori e giocatrici.
Calendario internazionale e itinerante: le squadre si muoverebbero tra grandi città globali, tra cui Londra, Tokyo, Miami, Dubai, Boston e Città del Capo, giocando in location diverse per ogni tappa, in stile Grand Prix.
Due finestre stagionali: una tra aprile e giugno, l’altra tra agosto e settembre, con circa 16 partite per ogni squadra. Il format mira a ridurre il sovraccarico di gare e migliorare il benessere degli atleti.
Salari da élite sportiva: ogni atleta potrebbe percepire oltre 1 milione di dollari l’anno, un ingaggio superiore a quello offerto in molti campionati nazionali, con accordi condizionali già firmati da alcuni top player.
Lancio previsto: settembre 2026, a ridosso dell’anno post-Mondiale, per intercettare il rinnovato interesse globale verso il rugby.
Un rugby da esportazione, ma senza le nazionali
La visione di R360 è chiara: attrarre capitali, spettatori e sponsor globali puntando su un rugby spettacolare, moderno e televisivamente attraente. Ma il progetto ha già attirato forti opposizioni da parte delle principali federazioni, preoccupate dalla minaccia a calendari nazionali e internazionali.
Una coalizione di otto federazioni di vertice – tra cui Inghilterra, Francia, Nuova Zelanda, Australia, Sudafrica e la stessa Italia – ha dichiarato che i giocatori che parteciperanno a R360 saranno ineleggibili per le loro squadre nazionali. Un messaggio forte e chiaro che apre a un potenziale scontro istituzionale simile a quello visto nel calcio con la Superlega.
Anche World Rugby, l’organo di governo mondiale della palla ovale, non si è ancora espresso ufficialmente sul tema, ma ha ricevuto un dossier dettagliato di oltre 100 pagine con la richiesta di approvazione formale. I promotori cercano una convivenza con il sistema attuale, ma senza il via libera delle federazioni e dei broadcaster principali, il progetto rischia di nascere “clandestino”.
I finanziatori di R360
Il cuore del progetto è chiaramente economico. Per sostenere una struttura simile, servono investimenti ingenti, sia per i salari che per la logistica. Oltre al gruppo americano Fenway, a Glazer e al partner-sponsor Red Bull, si parla dell’interesse di fondi di investimento sportivi anglo-americani e capitali del Golfo. L’obiettivo è creare un sistema simile a NFL o Formula Uno (sul modello applicato in questi ultimi anni dai proprietari americani Liberty Media), dove ogni franchigia diventa un asset economico scalabile, con ritorni da media, sponsorship, biglietti ed eventi.
Si parla di un capitale iniziale stimato intorno ai 180-200 milioni di sterline per avviare le 12 franchigie già nei primi due anni. Gli investitori sarebbero interessati a quote proprietarie, ma anche a entrare nei diritti di trasmissione, merchandising e produzione di contenuti esclusivi.

