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Qatar2022: cresce il numero degli incidenti mortali nei cantieri

Un rapporto di Amnesty International denuncia la condizione di migliaia di lavoratori in condizioni di schiavitù in Qatar.  Lavorano, si legge, per cinque euro al giorno, senza assicurazione e viene tolto loro anche il passaporto. Singolare che il presidente della Fifa Blatter in una recente visita si sia dichiarato soddisfatto delle assicurazioni fornitegli dalle autorità qatariote.
Nel 2022 siamo certi che il Qatar si presenterà sulla vetrina mondiale (attraverso il trampolino mediatico del calcio) come uno degli stati più ricchi, più interessanti e attrattivi sotto il profilo tecnologico e a livello architettonico, ma la domanda è un’altra: perchè per raggiungere questi risultati dovranno morire, come stimano gli addetti ai lavori, non meno di 4 mila operai?
Chi è stato in questi mesi in Qatar parla di una enorme nuvola di polvere che circonda i cantieri dedicati all’impiantistica sportiva e alla realizzazione delle infrastrutture. Le condizioni di lavoro sono pessime. Secondo alcuni media è la rivisitazione del periodo della costruzione delle piramidi egizie. Tanto splendore, tanto lusso, ma anche tanta miseria e morte. Su questo progetto mondiale ci sarà la firma, spesso con sudore e sangue, di lavoratori (sempre che si possano ritenere tali) indiani, cingalesi, filippini, iraniani, nepalesi, egiziani, pakistani. La maggior parte sottopagata e costretta a vivere in condizioni che un europeo non accetterebbe mai. «In condizioni di schiavitù», denuncia un recente rapporto di Amnesty International.
Un migliaio di loro è morto in cantiere dal 2010, data in cui la Fifa ha assegnato la World Cup di calcio. Incidenti, fatica, attacchi di cuore. Ma prima del calcio d’inizio del torneo mondiale il bilancio salirà a 4.000 vittime. 
Nel suo rapporto, Amnesty International denuncia che il 90% dei lavoratori immigrati è privato del passaporto, che il 20% riceve un salario diverso da quello promesso quando aveva lasciato il paese di origine, che il 21% riceve il salario «ogni tanto, raramente o mai», che il 7% non ha un giorno di riposo settimanale.
Schiavi. L’ambasciata nepalese ha denunciato la morte di 197 connazionali nel 2012, 185 nel 2013. Quella indiana parla di una media di 240 vittime ogni 12 mesi dal 2011. Le due etnìe insieme non arrivano al 40% dei lavoratori dell’edilizia (su un totale di circa 750.000, e le donne non arrivano a 7.000).
Alla fine di Qatar2022 ci sarà da chiedersi: ne è valsa la pena? Noi non crediamo. Non c’è evento di rilevanza mondiale che meriti anche solo una morte. Ma è bene ricordare che sull’altare della magnificenza spesso sono state sacrificate migliaia di persone/esseri umani. Un dato per tutti: per costruire il canale di Panama furono sacrificate 42 mila vite umane (molti di loro morirono per gli scoppi delle cariche di tritolo che portavano sulla schiena arrampicandosi su scale di dubbia fortuna a centinaia di metri dal suolo). Oggi nessuno se ne ricorda, perchè sono passati molti anni e anche perchè all’epoca non c’era Internet e un flusso di informazioni in Rete come oggi. Per fortuna, direi!
Non ci siamo proprio. Il numero degli operai morti fino ad oggi per costruire gli stadi del mondiale di calcio Qatar2022 hanno superato il tetto delle mille unità. Troppi anche per il più grande evento sportivo del pianeta. Anzi per dirla tutta, nemmeno ne avremmo voluto vedere poche decine. Non ne vale la pena e non c’è magnificenza di evento che possa giustificare questa “strage bianca” sul lavoro.  
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Marcel Vulpis

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