Olimpiadi

Olimpiadi – Sponsor cinesi in attesa del salto di qualità

Pubblichiamo un interessante intervento di Federico Rampini, titolare di un blog su Repubblica.it ("Estremo Occidente") sugli sponsor cinesi delle Olimpiadi di Pechino 2008.

Omega e Coca Cola, MacDonald e Visa, Adidas e Kodak. Molti occidentali considerano questi sponsor come i veri padroni dei Giochi, le multinazionali dai “logo” globali che governano il grande evento sportivo nelle sue ricadute per il business. Ma l’esperienza passata insegna che le Olimpiadi spesso riservano sorprese. Più volte è accaduto: la gerarchia del capitalismo ha registrato dei nuovi ingressi anche grazie ai Giochi. Le rivelazioni, gli outsider che emergono, non ci sono solo negli stadi e sulle piste di gara. Nei due precedenti asiatici, alcune grandi imprese si sono affermate dopo l’effetto di trascinamento dei Giochi svolti a casa loro. Sony e Panasonic cominciarono la loro ascesa verso la leadership mondiale nell’elettronica dopo le Olimpiadi di Tokyo 1964. Samsung ebbe lo stesso balzo di notorietà e di successo dopo Seul 1988. Occhio dunque agli sponsor cinesi di Pechino 2008: sono nomi che con ogni probabilità il consumatore italiano incontrerà sempre più spesso, protagonisti dell’economia globale. Per molte di queste imprese i Giochi sono l’occasione di un salto di qualità “definitivo”. Devono scrollarsi di dosso l’immagine di un made in China ancora troppo spesso associato ai bassi costi. Voltare pagina, liberarsi dalla zavorra del passato, questo è l’obiettivo. Vogliono operare una riconversione nella reputazione aziendale che ripeta il miracolo giapponese degli anni Settanta e Ottanta: quando il made in Japan si costruì un patrimonio di credibilità. E’ questa la strategia di Lenovo, uno dei Worldwide Partners di questi Giochi. Quarto produttore mondiale di personal computer, con un fatturato di 13 miliardi di dollari e l’8% di quota del mercato globale, Lenovo ha ancora una visibilità ridotta in Occidente. Non molti consumatori italiani sanno che i personal computer dell’Ibm sono passati già dal 2005 sotto il controllo del gruppo cinese. Ai vertici della Lenovo la rivoluzione strategica s’identifica con un nome e un volto: Yang Yuanqing, 43 anni, membro del partito comunista, manager brillante, all’interno dell’azienda viene definito “una rock star” per il suo talento di comunicatore. Gran venditore del suo marchio aziendale, grazie ai Giochi Yang vuole affermare la notorietà del marchio Lenovo fra i telespettatori dei quattro continenti. E’ deciso a scrollarsi di dosso per sempre l’idea che il prodotto cinese si vende solo perché costa meno. “Tecnologia, innovazione, qualità del servizio” sono i tre slogan che ripete Alice Li, responsabile del marketing olimpico del colosso informatico. La qualità del servizio è la sfida che deve vincere Air China, vettore ufficiale delle Olimpiadi. Ha vestito 300 hostess della business class con una divisa nuova fiammante, una versione del tradizionale qipao di seta aderente. Per la prima volta nella sua storia questo è il segnale che Air China non punta più soltanto sulle tariffe basse, ma insegue i modelli leader del suo settore che sono Singapore Airlines, Cathay Pacific, Thai. Deve approfittare di una congiuntura eccezionale: le compagnie aeree americane sono in grave crisi per la recessione e i rincari energetici, anche in Europa poche si salvano; solo l’Asia continua a godere di forti incrementi del traffico aereo. E’ qui che si gioca la sfida del futuro. Air China vuole combatterla ad armi pari con compagnie dall’immagine ben più raffinata. Un altro nome del made in China che ha deciso di usare la sponsorizzazione olimpica è Haier, colosso mondiale degli elettrodomestici. Un’azienda in piena mutazione genetica. Partita alla conquista dei mercati esteri sfruttando soprattutto il basso costo della manodopera cinese, la Haier ha già cominciato a spostarsi su fasce di mercato sempre più alte. In America i suoi condizionatori d’aria hanno ricevuto un riconoscimento quando la Environmental Protection Agency li ha promossi per la tecnologia che non danneggia la fascia di ozono. Degli sponsor locali fa parte Bank of China, seconda azienda di credito della Repubblica Popolare. A Wall Street e nella City londinese non ha bisogno di presentazioni, perché nel Gotha della finanza internazionale è già stata chiamata come “cavaliere bianco” in soccorso delle banche occidentali in difficoltà per la crisi dei mutui. Ma alla Bank of China non basta sedere nei consigli d’amministrazione che contano. Deve operare un cambiamento di cultura aziendale, conquistare un know how di servizio che la prepari a reggere la concorrenza delle banche straniere nella caccia ai risparmiatori cinesi. La birra Tsingtao parte dalla posizione leader nel mercato più grande del mondo: con 40 miliardi di litri consumati all’anno, i cinesi sono di gran lunga i più importanti consumatori di birra. Tutto grazie all’espansionismo imperiale tedesco, che portò alla fondazione nel 1903 di una birreria nella città di Qingdao dove la Germania aveva una concessione.

fonte: Repubblica.it

 

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Marcel Vulpis

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