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Javier Tebas (La Liga) all’attacco di Uefa e FIFA

(di Andrea Ranaldo) – Bando alla diplomazia: Javier Tebas, vulcanico presidente de LA LIGA, va all’attacco di UEFA e FIFA, accusando le principali istituzioni calcistiche mondiali di mettere a rischio il precario equilibro economico raggiunto dal campionato spagnolo grazie alle le sue riforme, su tutte quella relativa alla vendita centralizzata dei diritti TV (clicca qui per leggere l’approfondimento —> http://www.sporteconomy.it/diritti-tv-liga-obiettivo-1-mld-dai-mercati-esteri/).

LA NUOVA “SUPER” CHAMPIONS LEAGUE

Il primo affondo è per la UEFA, che con la rivisitazione della Champions League punta a un fatturato da 3,2 miliardi di euro all’anno, dei quali 2,5 da distribuire ai club partecipanti alle coppe europee.

Parola a Tebas: “Il fiume di soldi proveniente dalla nuova Champions League inficia, indirettamente, anche la LIGA e la sua competitività: noi ci siamo impegnati moltissimo per trovare il giusto equilibrio tra le grandi di Spagna e le piccole. Tale sforzo, tuttavia, si rivelerà vano se Real Madrid e Barcellona riceveranno così tanti fondi dalle coppe europee: anzi, il gap andrà ad allargarsi ulteriormente, e non permetterà mai al nostro movimento di crescere veramente”.

Effettivamente, i futuri premi della Champions League avranno una redistribuzione su cui peserà moltissimo il blasone delle squadre:

– 15% Market Pool

– 25% quota fissa di partecipazione

– 30% risultati nel torneo

– 30% risultati storici (con un’incidenza maggiore per i titoli più recenti)

Tale scelta, da parte della UEFA, è stata naturale conseguenza del “ricatto” dei top team, pronti a creare una Superlega europea indipendente che avrebbe tagliato fuori l’organo di Nyon.

Javier Tebas, dal canto suo, avrebbe pronta una soluzione: “Per dare futuro alla competitività e allo spettacolo dei campionati europei, sarebbe molto più sensato che i premi della UEFA venissero concessi non alle squadre, ma alle leghe, che poi redistribuirebbero in modo più equo l’intero patrimonio”.

Una proposta che, stando a Tebas, trova i favori di tutte le leghe professionistiche; non, ovviamente, quello dei grandi club.

TPO: PERCHÉ ABOLIRLI?

 Tebas non risparmia neanche la FIFA, e spara a zero toccando il tema dei TPO (Third-Party Ownership). Con tale acronimo si identificano fondi privati, spesso con sedi dislocate nei vari paradisi fiscali, che investono su un calciatore, acquistandone in parte o interamente il cartellino, e che successivamente lo prestano a una società calcistica, mantenendone la proprietà. Grazie a tale stratagemma, club come l’Atletico Madrid sono riusciti a imporsi nelle massime competizioni, pur senza vantare il medesimo giro d’affari dei team più blasonati.

Considerando le enormi problematiche legate ai TPO, in primis l’eventuale riciclaggio di denaro, nel 2015 la FIFA ha deciso di abolirli definitivamente, mantenendo in essere esclusivamente quelli siglati prima della messa al bando, che comunque saranno estinti alla naturale scadenza del contratto.

Una presa di posizione che, secondo Tebas, è stata più che altro politica: “Abolire i TPO è stato un grandissimo errore: permettevano anche ai piccoli club di poter annoverare tra le proprie fila talenti che, altrimenti, militerebbero in altre squadre o, peggio ancora, in altri campionati. Senza l’aiuto dei fondi privai, nel giro di pochi anni la maggior parte delle stelle della LIGA emigrerà in Inghilterra, e la Premier League diventerà l’NBA del calcio, mentre noi saremo la CBA (campionato di pallacanestro cinese). Inoltre, il Comitato della FIFA che ha votato per l’abolizione dei TPO era formato da 22 persone: la metà di loro è in prigione, mentre i restanti sono indagati per corruzione”.

 Tebas chiude il suo intervento con un quesito: “La FIFA dovrebbe chiarirmi un dubbio: qual è la differenza tra i TPO e una banca che concede un prestito con interessi a una squadra?

Una domanda retorica su cui è opportuno fare, quantomeno, dei ragionamenti.

 

 

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